Sanità e secessione: il binomio del caso Italia

Apparentemente il binomio è azzardato. Eppure le parole “sanità” e “secessione” sono accostate nel quadro delineato nel suo intervento congressuale da Marcello Crivellini, professore di Bioingegneria della Riabilitazione e membro della direzione dell’Associazione Luca Coscioni.
“Più salute, meno sanità” è il motto di Crivellini. Attorno alla sanità ruotano soldi e potere. Seconda soltanto alla spesa pensionistica, la voce sanità pesa per oltre il 9% del PIL; un agglomerato di aziende e di appalti gestiti dalle Regioni. Ecco, allora, che sotto le lenti dell’organizzazione e della qualità del sistema sanitario si delineano due Paesi diversi; da qui un’”emigrazione extrasanitaria” crescente dal Sud al Nord Italia.
Il colore politico delle giunte regionali non fa differenza. Il problema secondo Crivellini non riguarda l’entità della spesa pubblica, ma il modo in cui i soldi vengono impiegati. La sanità è affetta dagli stessi mali del sistema di pubblico impiego (iperprotezione corporativistica, indifferenza verso i diritti degli utenti, invasività dei partiti). E’ necessaria una rivoluzione copernicana che riporti al centro del sistema sanitario la figura del cittadino-utente. La proposta è la riforma del sistema basata sul trinomio Valutazione, Informazione e Scelta. Un sistema di valutazione dei servizi sanitari a tutti i livelli, che metta a disposizione dei cittadini le informazioni sui risultati finali. Il cittadino ritornerebbe ad essere soggetto attivo, sanzionatore di successi e di fallimenti, in un sistema che guardi alla salute come a un fine, e non a un mezzo di erogazione di risorse pubbliche. In breve, una democrazia della salute al posto dell’(attuale) partitocrazia della sanità.