Ci manca solo che tra un po` si prepari una mozione da presentare all’Onu tesa alla sostituzione del termine "sperma" con quello di "vita". E già, perché dopo i "diritti dell`embrione", lo scempio linguistico ed ideologico messo a punto durante la discussione sulla Legge 40, tutto può essere, financo la richiesta di una moratoria internazionale sullo sperma inteso come un essere umano in sé. Magari a cui garantire anche i diritti umani. In fondo non è da lì, da quel liquido, che viene la "vita", non è a partire da lì che ogni anno muoiono potenziali esseri umani ogni volta che si consuma un atto sessuale? Gli stessi onanisti potrebbero di questo passo trasformarsi in potenziali serial killer della riproduzione di sé. Non è una follia anche se trattasi di una battuta, né tanto meno di un incipit visionario, degno di un racconto di fantascienza, ma solo una tragicomica considerazione sul lessico politico e giuridico da perfetto clima di restaurazione che stiamo subendo.
Ancora una volta l’aborto diventa un "oggetto" della disputa politica. Un oggetto tra gli altri eppure non come tutti gli altri, non foss’altro perché dubitiamo fermamente che i tanti cavalieri attuali delle crociate per la vita abbiano mai fatto esperienza di ciò che dicono. Un oggetto non come gli altri perché rivendica come principio fondativo della politica l’idea di uno Stato o di ente sovranazionale di tipo "etico", in questo caso da esportare, come si fa con la democrazia, ad ogni latitudine del globo. Ma soprattutto un oggetto della disputa che inevitabilmente finisce con il de-soggettivare, de – corporeizzare il soggetto primario a cui si riferisce. Il soggetto femminile. Non potendo di fatto aprire le danze solo sulla negazione dell’aborto e sull’affermazione della vita perché, come è noto, trattasi di un diritto riconosciuto da molti Stati che fa leva sul principio della libera scelta, ovvero del principio di autodeterminazione delle donne, cosa ci si inventa? Una mozione per contrastare chi è "contro la vita", ovvero quella massa di assassine che utilizzano l’aborto come uno "strumento di controllo delle nascite". Uno strumento di controllo come possono esserlo le videocamere piazzate ad ogni angolo delle strade che filmano e multano clienti e prostitute, come gli strumenti di controllo adoperati per schedare Rom e clochard. Uno strumento di controllo teso a regolamentare le nascite. Uno tra gli altri. Peccato che questa mozione votata anche dall`ala teocon del Pd, con tutta la sua aurea transnazionale, puzza di neo-colonialismo e riduce il corpo femminile a mero "strumento" per sancire, in altri termini, quanto già affermato dal Papa in Africa sulla necessità di non usare i contraccettivi. Né contraccettivi, né aborto. E` questa la sintesi dei cattolici fondamentalisti. E il Pd? L’opposizione che non c’è si è accollata il problema presentando un’altra mozione.
Quest’ultima approva in soldoni la stessa tesi di Buttiglione, ma rivendica il principio di libera scelta delle donne e pone l`accento sulla prevenzione ovvero sulla necessità di diffondere la cultura della contraccezione. Ma come è arrivato il Pd a sostenere certe posizioni? Chi ha memoria lunga ricorderà le esternazioni di Massimo D’Alema sull’aborto regalate a Famiglia Cristiana prima e a Noi donne poi. Correva l’anno 1995 quando lo statista di ferro diceva candidamente che andava rivista la legge 194 perché "il valore della vita unisce, non divide e la sinistra fa malissimo a lasciare alla destra la difesa della vita". E poi, ma solo poi, aggiungeva che tuttavia il principio di autodeterminazione delle donne in materia non andava toccato. Né più, né meno, di quanto abbia fatto Livia Turco rispetto alla mozione di ieri. Dall’altra c’è stato Rutelli, che pur di conquistarsi i voti cattolici ha consentito la nascita della corrente Teocon e l’escalation della sua amica Binetti. In realtà, però, come tutti e tutte sappiamo, il problema risiede altrove ed e il seguente: perché dobbiamo continuare, a pensare che le donne possano essere "indotte" ad abortire sempre a causa di problematiche sociali ed economiche esterne? Ragionamento peraltro molto sciorinato anche rispetto ai tassi bassi di natalità italiani che hanno come "causa" principale il lavoro precario. Ma perché una volta tanto non si chiede una moratoria internazionale per dare un reddito minimo garantito a tutte e a tutti in maniera tale da rimuovere quelle famose cause consentendo alle donne di decidere, finalmente e autonomamente, se avere uno, due, tre, cinque figli oppure nessuno? Non è difficile. Basta solo togliersi di dosso svariati strati di ipocrisia.