Una malattia dalle cause ancora sconosciute, per la quale non esiste ad oggi una terapia efficace, ma che ogni anno colpisce un numero non indifferente di soggetti. La SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica) nota oggi anche come “morbo di Lou Gherig” dal nome del famoso giocatore di baseball americano morto a soli 38 anni nel lontano 1941 è una malattia progressiva, che attacca le cellule nervose chiamate motoneuroni, cellule specializzate che controllano i movimenti dei muscoli volontari i cui effetti sono spesso devastanti. Il primo sintomo della SLA è la comparsa di una progressiva atrofia muscolare e una perdita di forza che può riguardare tutti i movimenti volontari. Nella maggior parte dei casi l’indebolimento colpisce prima i muscoli delle mani o dei piedi e poi si estende agli altri muscoli del corpo fino ad una paralisi totale e poi alla morte. Oggi si calcola che in Italia ci siano circa 6000 malati di SLA con un incremento annuale di 1500 ed un’incidenza particolare sui calciatori. Dalle recenti indagini epidemiologiche, all’interno dell’inchiesta aperta dal giudice della Procura di Torino Raffaele Guariniello, dimostra infatti una incidenza di 150 malati su una popolazione di 100.000 calciatori. Dati alla mano sembrerebbe quindi inequivocabile uno stretto collegamento tra il mondo del calcio, con le sue pratiche fisiche e soprattutto farmacologiche, e l’insorgere della malattia. Statisticamente, non è quindi erroneo parlare di “malattia professionale” le cui cause andrebbero ricercate in particolar modo negli usi e negli abusi di farmaci e di sostanze dopanti. Conferme autorevoli arrivano dallo stesso Guariniello che ha recentemente affermato: “Nel mondo del pallone si muore di Sla in misura molto maggiore rispetto alla popolazione generale. Su un campione di 20.000 calciatori non ci si aspettava più di un caso, invece ne abbiamo trovati molti di più.”.La lista (solo parziale) di calciatori colpiti da questa patologia è molto lunga: Piergiorgio Corno, Maurizio Vasino, Luca Pulino, Lauro Minghelli, Adriano Lombardi, Giuliano Taccola, Mauro Bicicli, Guido Vincenzi, Ernst Ocwirk, Gianluca Signorini, Fabrizio Gorin, Franco Tafuni, Jeff Astle, calciatore del West Bromwich. Albino, Adriano Longoni, Rino Gritti. Al triste elenco si possono aggiungere anche altri nomi, ufficialmente deceduti per cause “altre” come Renato Curi stroncato da un infarto e Andrea Fortunato, calciatore della Juventus colpito da leucemia così come Bruno Betarice e Nello Saltutti. Dagli anni Sessanta ad oggi, quelli sopraccitati sono solo i nomi più noti di un elenco certamente molto più ampio che non tiene conto dei calciatori che tuttora stanno combattendo con la malattia.
Abbiamo chiesto il parere di Carlo Petrini, ex giocatore di Milan, Roma e Torino e autore di libri come ” Pallonari” e ” Nel fango del Dio pallone”, in cui vengono denunciate le pratiche dopanti in uso nel calcio di allora: “C’è una statistica che dice che ci sono 54 giocatori di cui 38 sono già morti e 16 ancora viventi affetti da questa SLA- dice Carlo Petrini – Se fosse vero quello che hanno raccontato fino ad ora, e cioè l’esistenza di una relazione tra la malattia e il gioco in termini di stress, pratica sportiva, lasciando da parte le sostanze dopanti, tutto ciò che è accaduto in Italia sarebbe dovuto succedere anche in altre parti del mondo. Se queste cose sono successe solo da noi vuol dire che c’è stato qualcosa che va al di là della semplice attività fisica. Si è parlato anche di infiltrazioni, le quali però sono in uso anche in altri campionati e non capisco quindi come solo in Italia ci sia stata una carneficina di questa portata. Secondo quelli che contano questi argomenti fanno male al mondo del calcio e quindi è molto meglio non parlarne. Nei miei libri parlo spesso del fatto che nel 2001 sono stati trovati 13 giocatori positivi al doping così come negli anni successivi, eppure si continua a negare l’effettiva esistenza di questo fenomeno. Il processo di Torino dovrebbe aprire un po’ gli occhi, anche perché le motivazioni per le quali il dottor Agricola è stato condannato sono molto pesanti. Della mia generazione sono morte più di 400 persone a causa di leucemie e tumori vari. Mi sembra logico pensare che se io fossi oggi un giocatore di quella Juventus sarei molto preoccupato per la mia situazione. La moglie del giocatore della Fiorentina Beatrice è convita che suo marito sia stato ucciso dal calcio. Incontrai anche Saltutti poco prima che morisse, lui era convinto che il primo infarto gli fosse arrivato proprio a causa delle cose che aveva assunto”.
Saltutti e Beatrice, due campioni della Fiorentina scudettata anni 60-70, scomparsi prematuramente come altri loro compagni (tanti i misteri sulle pratiche mediche o pseudotali nella Fiorentina di quegli anni). Si parla di anni in cui l’argomento doping era sconosciuto ai più, e tutto ciò che veniva somministrato ai calciatori era solo a conoscenza di medici e preparatori atletici. “Dal ritiro Bruno mi faceva sempre telefonate – racconta Gabriella Bernardini vedova di Bruno Beatrice – chilometriche, roba di tre quarti d’ora. Solo che mentre parlava se ne stava attaccato alle flebo. Io ero perplessa, gliene facevano in continuazione, durante la settimana, prima della partita, dopo la partita, ma lui mi diceva di stare tranquilla, che erano cose normali. Tanto normali che la domenica sera e ancora il lunedì non riusciva a dormire, nel letto era tutto un tremore, uno scatto di nervi e di muscoli che mi ricordavano gli spasmi dei polli dopo che gli hanno tirato il collo. E lui ancora a rassicurarmi, a dirmi che erano le vitamine che aveva preso e che doveva smaltire. Ma non dimenticherò mai che nell ‘incavo del braccio sinistro aveva tre buchini violacei ormai perenni. Quelle erano le ‘prove’ delle flebo che gli facevano quando giocava al calcio.”
Anche la moglie di Nello Saltutti ricorda quel periodo:” La morte di mio marito è stato un fulmine a ciel sereno, in quegli anni gli hanno dato qualcosa e non si sapeva esattamente di cosa si trattava, perché non c’era la conoscenza di adesso. Anche loro non sapevano quello che prendevano. Dopo il 98 ci siamo chiesti se quelle erano vitamine oppure no. Il lunedì andavano in infermeria e facevano delle cure ricostituenti. Cosa gli veniva somministrato lo sanno solo il massaggiatore, il dottore e l’allenatore di allora. Mio marito mi diceva che lui non aveva bisogno di fare flebo perché stava bene”.
Nonostante le recenti rivelazioni e le denunce dei familiari dei calciatori deceduti, il fenomeno doping conserva ancora oggi molti lati oscuri. Tante poi le “ombre doping” sulla Fiorentina degli anni ’70.
Il processo di Torino ha dato forse il via ad una svolta anche se la questione occupa nei media sempre una posizione piuttosto marginale. Al di là di supposizioni e della sola inchiesta di Guariniello nessuna procura, nè tantomeno organi di giustizia sportiva, hanno mai avviato una seria indagine per ricostruire le pratiche dopanti in vigore (secondo i testimoni erano di uso comune) nel calcio di venti, trenta, quaranta anni fa. La sentenza di primo grado del processo alla Juventus ha invece condannato il solo medico sociale Agricola demolendo in qualche modo il castello accusatorio della procura di Torino. Rare le trasmissioni, le inchieste, i servizi giornalistici che approfondiscano il tema, in questo paese, è una nostra impressione, meno si parla di certe cose e meglio è. Eppure certa pratica sembra continuare, variata nella “chimica (gli stimolanti non sono più usati, il doping di oggi parla coi nomi di ormoni, eritropoietina etc…), ma non nella diffusione d’uso. Quasi ogni settimana, in diversi campionati europei, qualche giocatore viene fermato per pratiche dopanti.