Emigrare per procreare. E’ una scelta che ogni anno fanno sempre più italiani. Partono per ovviare i limiti imposti dalla legge e per risparmiare tempo e denaro, anche se alla fine non sempre è così. Paolo e Lara (nomi di fantasia), marito e moglie romagnoli, sono una delle oltre 10 mila coppie che vanno all’estero con la speranza di portare un bambino in grembo al ritorno. «Laura ha scoperto di avere un problema all’apparato riproduttivo – racconta Paolo quando aveva 35 anni. Nel 2001 ci siamo affidati a un ospedale pubblico ma purtroppo senza successo».
Nel frattempo gli anni sono passati e la legge italiana sulla fecondazione assistita era diventata troppo stretta perla loro situazione: da un lato l’impianto forzato di tutti gli embrioni (nel 2009 la Corte Costituzionale ha eliminato questo obbligo), e il rischio di una gravidanza multipla pericolosa per Laura, dall’altro l’impossibilità di effettuare diagnosi pre-impianto per essere certi che l’embrione fosse sano. «Così abbiamo deciso di andare in Austria – racconta Paolo ~ dove abbiamo incontrato per la maggior parte coppie italiane. Purtroppo i trattamenti non hanno funzionato». Dall’Austria allora sono emigrati in Spagna, in una clinica a Barcellona. «Mia moglie aveva superato i 40 anni -dice Paolo – e i medici ci hanno consigliato di usare gli ovuli di una donatrice sana ».
Quattro tentativi, 3.500 curo per ognuno, e ancora nessuna gravidanza. «Visto che abbiamo ancora due embrioni congelati a nostra disposizione, l’ultimo tentativo lo faremo a settembre», dice Paolo. Questa storia può sembrare assurda, eppure non è così diversa da quella di altre migliaia di coppie in tutta Italia. Dai dati ufficiali – presentati al 26esimo meeting annuale della Società europea di riproduzione umana e di embriologia (Eshre) in corso a Roma – i nostri connazionali sono i primi al mondo per ‘ turismo procreativo. E’ infatti italiana una coppia su 3 che va fuori dai confini per usufruire delle tecniche di procreazione medicalmente assistita. Una percentuale record: 31,8%. Le mete privilegiate dai nostri connazionali sono la Svizzera, la Spagna e il Belgio. La notoria permissività della Svizzera in materia, nonché la vicinanza e l’ottima reputazione di cui gode sul web, l’ha resa La Mecca delle coppie che non possono avere i figli. «Tre sono i motivi che spingono le coppie italiane ad andare all’estero», dice Luca Gianaroli, presidente. «Il primo è quello di aggirare la legge italiana che vieta alcune tecniche», dice Gianaroli. Riguarda il 70,6% delle coppie che migrano.
In paesi come la Svizzera ci sono strutture che praticano l’inseminazione e la fecondazione eterologa, vietate in Italia. Inoltre, è possibile fare ricorso a tecniche eticamente ambigue, come la diagnosi pre-impianto e la crioconservazione degli embrioni avanzati da ogni ciclo. «Il secondo motivo – spiega Gíanaroli – è per ovviare alle liste d’attesa. Nelle strutture pubbliche italian e prima di iniziare il ciclo di trattamenti si rischia di aspettare all’incirca 2 anni». Il fattore tempo poi è strettamente collegato all’aspetto economico, cioè il terzo motivo per cui gli italiani sono ì principali «esiliati in provetta». «Le coppie che si vogliono affidare alle strutture private – dice Gianaroli – possono spendere , fino a 4.500 euro». Cifre consistenti soprattutto se si considera che nel 70 per cento dei casi i trattamenti non hanno successo e si deve ricominciare da capo.
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