Martini choc in Vaticano

di Sandro Magister
Le tesi del cardinale all’esame dei vertici. Per ora Ruini tace. L”Avvenire’ ignora. Ma c’è chi come monsignor Bettazzi dice: ‘Cose giuste al tempo giusto: il cambiamento verrà’

Su un Vaticano assuefatto alla nitida predicazione di Joseph Ratzinger papa, con la verità delle cose celesti e terrene ogni volta scolpita a martello, le dieci pagine di dubbi, di ipotesi, di ‘zone grigie’ del cardinale Carlo Maria Martini, nel dialogo con Ignazio Marino su ‘L’espresso’ della scorsa settimana, sono calate nel solo modo possibile: come se si trattasse del manifesto dell’antipapa. Contro il papa attuale. E anche contro il predecessore Giovanni Paolo II, che aveva incardinato il suo battagliero ‘evangelium vitae’ proprio sui temi della bioetica, del nascere e del morire, oggetto dell’intervento del cardinale Martini.

Ma c’è anche, nella gerarchia della Chiesa, chi vede in Martini il profeta. Luigi Bettazzi, uno dei pochi vescovi viventi che hanno partecipato al Concilio Vaticano II, dice: “Martini sa che è venuto il tempo giusto, per dire le cose che ha detto. Prima del Concilio era la procreazione il fine primario del matrimonio cristiano. E invece oggi la dottrina ufficiale della Chiesa mette al primo posto l’amore. Per la bioetica sarà lo stesso. Martini apre la strada e il cambiamento verrà. Il clero e il popolo cristiano sono già con lui. Sanno già coniugare la fede alla vita concreta”.

Intanto, però, regnante Benedetto XVI, è dalla sua congregazione per la dottrina della fede che discende il magistero della Chiesa mondiale. “Ècco il cavallo di Troia introdotto nella città”, dice un dirigente della congregazione, con ‘L’espresso’ squadernato sul tavolo. “Certe aperture del cardinale Martini appaiono a prima vista buone e condivisibili. Ma nascondono effetti devastanti”. La congregazione ha allo studio un documento sull’uso del preservativo. È stato Benedetto XVI in persona a volerlo in agenda, mesi fa, dopo che alcuni cardinali avevano ammesso il preservativo in un caso concreto: come protezione dal coniuge infetto da Aids. Si erano pronunciati in questo senso gli arcivescovi di Bruxelles, Godfried Danneels, e di Westminster, Cormac Muphy-O’Connor, e i cardinali di curia Javier Lozano Barragán, presidente del Pontificio consiglio per la pastorale dei malati, e Georges Cottier, teologo ufficiale della casa pontificia con Giovanni Paolo II. A questi si è ora aggiunto Martini. “Il preservativo è una falsa soluzione”, taglia corto il dirigente della congregazione per la dottrina della fede: “La comprensione, la misericordia per le situazioni concrete lasciamole al confessore e al missionario”.

Ma i passaggi del dialogo con Marino che più hanno contrariato il vertice della Chiesa sono altri. “Basta leggere il Catechismo della Chiesa Cattolica per individuare i punti fermi da cui Martini si discosta”, dice ancora il dirigente della congregazione per la dottrina della fede. Uno di questi punti fermi è il rispetto integrale di ogni vita umana “dal concepimento”, fin dai suoi primissimi istanti. Proprio a questa fase inizialissima, lo scorso febbraio, ha dedicato un congresso di studio la Pontificia Accademia per la Vita, con scienziati di tutti i continenti convenuti in Vaticano. Nel documento finale c’è scritto che “il momento che segna l’inizio dell’esistenza di un nuovo essere umano è rappresentato dalla penetrazione dello spermatozoo nell’ovocita”. Benedetto XVI si recò dai congressisti e disse loro che “l’amore di Dio non fa differenza fra il neoconcepito ancora nel grembo di sua madre, e il bambino, o il giovane, o l’uomo maturo o l’anziano. Non fa differenza perché in ognuno di essi vede l’impronta della propria immagine e somiglianza. Questo amore sconfinato e quasi incomprensibile di Dio per l’uomo rivela fino a che punto la persona umana sia degna di essere amata in se stessa, indipendentemente da qualsiasi altra considerazione: intelligenza, bellezza, salute, giovinezza, integrità”. Il fatto che il cardinale Martini, su ‘L’espresso’, abbia ignorato tutto questo, e viceversa abbia aperto il varco all’utilizzo dell’ovocita nelle prime ore dopo la fecondazione, sostenendo che lì “non appare ancora alcun segno di vita umana singolarmente definibile”, è stato visto in Vaticano come una resa a quella che Giovanni Paolo II definì ‘cultura di morte’.

In pubblico, i pochissimi alti dirigenti di Chiesa che hanno replicato a Martini hanno usato toni cortesi. Così ha fatto il vescovo Elio Sgreccia, presidente dell’Accademia per la Vita e numero uno dei bioeticisti vaticani. Ha riconosciuto a Martini “un afflato pastorale ed evangelico”. L’ha comunque criticato, oltre che per il via libera dato all’utilizzo dell’ovocita appena fecondato, anche per aver ammesso come lecita la fecondazione artificiale, trascurando che “il dono di sè nell’atto coniugale” è elemento essenziale dell’unione procreativa degli sposi, senza il quale essa perde la sua “pienezza antropologica”.

Sempre con garbo, Sgreccia ha inoltre ricordato al cardinale Martini che “la sua teoria” sull’ovocita fecondato “non è condivisa da molti embriologi”. E in effetti il Comitato Nazionale per la Bioetica che in Italia si occupa di queste cose, quando nel 2005 affrontò la questione, si divise in 26 contro 12. Con la maggioranza c’erano Sgreccia e altri studiosi cattolici e laici, tutti a favore dell’intangibilità dal primissimo istante dell’ovulo fecondato. Con la minoranza c’era Carlo Flamigni, che volle aggiungere al documento finale una sua nota molto polemica con la Chiesa. La posizione di questa minoranza è quella che sia il cardinale Martini sia il professor Marino hanno fatto propria nel loro dialogo.

La Conferenza episcopale italiana in cui Martini, pur da due anni assente, è il convitato di pietra in opposizione al cardinale presidente Camillo Ruini, ha optato per il silenzio. Ruini, interpellato a bruciapelo venerdì 21 aprile quando ‘L’espresso’ era da poche ore in edicola, ha bruscamente scostato il microfono. ‘Avvenire’, il quotidiano della Cei, ha confinato la notizia in un piccolo articolo interno, epurato di tutte le tesi controverse. L’unico dirigente della Cei che si sia espresso in pubblico, col medesimo stile adottato in Vaticano da Sgreccia, è stato il vescovo Dante Lafranconi (vedere il riquadro di pagina 50).

Ma in privato le gerarchie ecclesiastiche sprizzano scintille. E per rintracciare le critiche che cardinali e vescovi rivolgono al cardinale Martini ma non vogliono proferire in prima persona e a voce alta, occorre seguire percorsi un po’ tortuosi. È una editorialista di ‘Avvenire’, ad esempio, Lucetta Scaraffia, storica e femminista che da anni si occupa di bioetica: essa imputa a Martini di affrontare problemi di vita e di morte centrali nella cultura del nostro tempo “con quel modo di ragionare riduzionista e casuistico che ha rappresentato lo stereotipo negativo dei gesuiti fin dai tempi di Pascal”. Un altro editorialista di ‘Avvenire’ è Pietro De Marco, professore all’università di Firenze e alla facoltà teologica dell’Italia centrale: egli imputa al cardinale di “edulcorare la realtà” invece che sottoporla a critica, con “l’effetto di far giudicare ogni divisione sui valori infondata perchè inutile e inutile perchè infondata”. Ma né Scaraffia né De Marco scriveranno mai queste righe sul giornale della Cei. Firmeranno altrove, pur sapendo di riflettere giudizi ben presenti ai gradi alti della Chiesa.

Nel corpo della Chiesa organizzata, l’area che più s’è sentita ferita da Martini è quella del Movimento per la Vita. Brucia il fatto che il cardinale abbia passato sotto silenzio l’opera che il Movimento svolge per portare a nascere, aiutando le madri, dei bambini altrimenti destinati all’aborto, ottomila nel 2005 in Italia. Paolo Sorbi, sociologo, ex attivista del Sessantotto, ex militante del partito comunista e oggi presidente del Movimento per la Vita a Milano, l’arcidiocesi che fu di Martini, vede nel dialogo pubblicato su ‘L’espresso’ il segno di “una resa alla modernità, come se questa avesse già vinto”. E lancia questo invito al cardinale: “Venga a passare due giorni in un Centro di Aiuto alla Vita. Rimarrà strabiliato al vedere quante donne, in gran parte immigrate, ritrovano una maternità e una vita felice, sostenute dalla generosità di tanti volontari. Ma come pensa il cardinale che siano stati battuti i referendum? Con un enorme consenso popolare alla vita, costruito in vent’anni e finalmente venuto alla luce”.