«Le polemiche non ci riguardano»
Alla Exelgyn, l’azienda francese che produce la pillola, attendono il verdetto di Roma senza apparente trepidazione. «La nostra rappresentante in Italia ci ha informati della riunione dell’Agenzia del farmaco e confidiamo nel sì decisivo. Dovrebbe essere un periodo favorevole per l’autorizzazione. Molte persone sono in vacanza, c’è meno pressione negativa.
Noi abbiamo dato tutte le risposte che ci sono state richieste, siamo a posto. Abbiamo accettato senza problemi il prezzo proposto, 14,28 euro, il più basso d’Europa. Sono state consegnate le controdeduzioni sulla questione di quelle 29 morti raccolte in un dossier, che si aggiungono alle 16 di cui già si aveva notizia. Si tratta di casi in cui il nostro mifepristone (l’ormone della RU 486) è stato preso fuori delle indicazioni. Un’accusa ridicola. Quelle donne non sono morte per aborto», dicono da Parigi. Oggi dovrebbe essere l’ultimo passaggio per la commercializzazione. Tutte le previsioni sono per un’approvazione dell’Aifa, salvo colpi di scena clamorosi. Così la pillola più chiacchierata del momento potrebbe essere a disposizione dei servizi pubblici già dal prossimo autunno, alternativa farmacologica all’intervento chirurgico. Ci sono voluti due anni per arrivare al traguardo. Più volte il farmaco è stato fermato. Ma sperimentazioni (superflue visto che il prodotto è vecchio e ben conosciuto) inchieste ministeriali e giudiziarie, rinvii, ne hanno solo rallentato la marcia. Se anche oggi si dovesse decidere un ulteriore aggiornamento — ipotesi che appare altamente improbabile — a dopo le vacanze, il sì definitivo alla RU 486 arriverebbe comunque, fanno capire all’Aifa, alla prima riunione autunnale.
Non c’è nessun motivo tecnico-scientifico, viene sottolineato, perché un prodotto provato da milioni di donne nel mondo, utilizzato in quasi tutti i Paesi europei, con il benestare dell’agenzia comunitaria Emea, debba restare fuori dal prontuario terapeutico italiano. Ormai è solo una questione politica. L’ostilità del Vaticano e dei cattolici è sempre stata inflessibile. Basta leggere la dichiarazione più recente. Novella Luciani, delegata del sindaco di Roma Gianni Alemanno alla politica di promozione e tutela della vita, prefigura scenari tragici: «Sarebbe la sconfitta della cultura della vita e della dignità della donna che si ritroverebbe più sola di fronte al proprio dramma, con danni psicologici che si possono immaginare » . Convinta avversaria il sottosegretario Eugenia Roccella, che paventa seri pericoli legati agli effetti della pillola e all’incertezza dei protocolli. Teme che venga impiegata senza garanzie di sicurezza visto che, malgrado l’obbligo di somministrarla in ospedale, in regime di ricovero in day hospital, la vera e propria espulsione del feto avverrebbe tra le mura domestiche. «Non è uno scherzo, non è un gioco. L’Aifa ha il dovere sul piano regolatorio di portare avanti la procedura. Ma ho valutato attraverso il dialogo con gli esperti che questo medicinale se da una parte evita il ricorso alla chirurgia dall’altra non risparmia il dolore legato alle contrazioni dell’utero e a un’espulsione parziale», mette in guardia il sottosegretario Francesca Martini. Il Cda dell’Aifa, da poco rinnovato, presidente il ginecologo Sergio Pecorelli, non sembra impressionato dalle polemiche proprio perché dovrà limitarsi ad un atto tecnico. Da questo punto di vista non ci sono «ombre». E il sì appare certo.