Gli occhiali, il biglietto per Salerno e l’ennesimo aiuto ricevuto da uno straniero italiano. Idris, un ragazzo marocchino, incontrato per caso in stazione, che ha recuperato i miei due euro dalla biglietteria online rotta, mi fa ripensare all’allegra signora di origine orientale che mi ha indicato la strada per viale Trastevere a Roma, e alla donna elegante dall’accento romeno che mi ha aiutato a trovare il bed and breakfast.
Il viaggio dura più o meno mezz’ora. Da buona turista appena scesa dal treno, rompo le scatole al primo malcapitato. Chiedo informazioni su come raggiungere via Canali dov’è ubicato l’ostello Ave Gratia Plena. Nessuno lo conosce. Tremo. "Non è possibile che a Salerno ci siano solo salernitani", mi dico.
Comincio a cercare uno straniero disperatamente. Mi imbatto in un gruppo di poliziotti e ne approfitto. Mi consigliano una passeggiata lungo il centro storico.
Percorro il lungo mare e viottoli stretti medioevali e sudo, ma sono ebbra, non vedo l’ora di cominciare questa nuova avventura alla Scuola Estiva Luca Coscioni. Eppure mi rimbomba la voce di mia nonna in testa: "devi essere furba". Furbizia indica l’essere furbo: "espediente che rivela scaltrezza, furberia". Non mi piace questa parola, io voglio solo essere me stessa. Piuttosto mi lascio accompagnare dalle parole di Chris Mc Candless: "l’essenza dello spirito dell’uomo sta nelle nuove esperienze".
Arrivata all’ostello incontro i miei compagni. Abbiamo tutti l’aria più o meno stanca, ma sembriamo avere un’idea chiara su come sarà questa esperienza: unica. A darci il benvenuto troviamo Annalisa Chirico, coordinatrice dell’evento nonché segretaria degli Studenti Luca Coscioni, Filomena Gallo e Rocco Berardo, vicesegretaria e tesoriere dell’Associazione, che ci avvertono che il programma sarà impegnativo ma interessante.
Il racconto dell’incontro tra il tesoriere e Luca Coscioni mi colpisce profondamente. "Ci guardò con una luce negli occhi particolare, che va oltre le parole fisiche". La luce negli occhi, protagonista di questa esperienza. La luce negli occhi di Rita Bernardini, quando ha parlato della peste italiana, della partitocrazia, della distruzione dello Stato democratico ad opera dei partiti dimentichi di ogni morale.
Penso allo sguardo colpito dalla luce piena del ricordo. Penso al viso stanco ma sereno di Beppino Englaro, che il quarto giorno, il più impegnativo psicologicamente e mentalmente, ha riempito il nostro pomeriggio e illuminato le nostre anime. Lui, che con quella luce degli occhi propria degli uomini di buona volontà, ha raccontato la sua storia con un amor di precisione degno della più grande ammirazione. Il suo sguardo si è posato su di noi non per cercare approvazione, ma per farci capire che la sua battaglia è stata combattuta onestamente e che è importante combattere per le cose in cui si crede, per la gente che si ama. In direzione ostinata e contraria, senza paura.
L’indomani mattina, quando io e Serena l’abbiamo incontrato in ascensore, il suo sorriso ha sfondato il freddo ferro che ci circondava, perché è uno di quei uomini capaci di sorridere alla vita nonostante le disavventure, senza conservare rancore o rabbia. Beppino Englaro, rispettando la volontà di sua figlia Eluana, ha superato l’egoismo proprio di ogni genitore innamorato dei suoi figli, dimostrando un forte senso di libertà e autodeterminazione, oltre che un profondo senso etico. Ha dato prova di essere una bella anima, e le belle anime trionfano sempre.
Un altro incontro particolarmente significativo è quello tra Vito Mancuso, famoso teologo, e il leader storico dei radicali, Marco Pannella. Il dibattito si concentra su quale siano i veri credenti oggi. Il teologo si dimostra abbastanza aperto, allontanandosi dalle posizioni della Chiesa riguardo i temi delicati dell’aborto e della contraccezione. Il dibattito si surriscalda quando si parla di dignità del feto, del quale Pannella non è convinto, ma il tutto si spegne quando il teologo afferma che in caso di complicanze è necessario favorire la vita della madre.
Il signor Mancuso è pronto a mettersi in discussione. A dimostrazione di ciò sarebbe utile leggere Disputa su Dio e dintorni, nel quale dialoga con Corrado Augias (non credente) sul senso della vita, sull’esistenza di Dio e sull’eterna sfida tra credenti e non credenti.
La quarta giornata ha visto tra i protagonisti anche il prof. Piergiorgio Strata, co-presidente dell’Associazione, che ha tentato di individuare le cause del fallimento universitario in Italia, attraverso il confronto con altre sedi universitarie europee, giungendo ad imputare la responsabilità all’ambiente conservatore, alla quieta non movere, al sindacalismo corporativo.
Per uscire dal vicolo cieco, per il prof. Strata è necessario ridefinire la carta dei diritti del ricercatore ed eliminare i concorsi.
Ma la lezione che credo abbia lasciato tutti un po’ turbati è stata quella di Roberto Defez, ricercatore biotecnologo, che ha smascherato tutti i punti deboli del prodotto biologico, mettendolo in forte discussione, facendo inoltre apparire il prodotto geneticamente modificato come il migliore. Da alcuni articoli portati in difesa dell’ogm, abbiamo scoperto che alcune farine vietate per gli animali vengono usate come concime dell’agricoltura biologica e che molti fertilizzanti sono composti da farina di carne.
La mia reazione dapprima è stata un misto di rabbia e sbigottimento, ma poi, visti i troppi documenti inconfutabili e la notizia che molti scienziati autorevoli quali Rita Levi Montalcini, il prof. Renato Dulbecco e Umberto Veronesi hanno firmato a favore dell’ogm, non ho potuto fare altro che star zitta, consapevole della mia ignoranza in materia.
Eppure volevo saltare dalla sedia, perché volevo difendere il biologico, prodotto da mio nonno, tanto tempo fa, ma il nodo alla gola me l’ha impedito. Mio nonno, splendido e instancabile contadino, che ha speso tutta la sua vita ad incoraggiare la vite, coltivare pomodori (aiutato solo dalla nonna e pochi parenti) e ad amare i campi, ha sempre rispettato l’ambiente naturale e non avrebbe mai potuto utilizzare fertilizzanti chimici. È sempre rimasto fedele ai ritmi della terra, e io avrei dovuto difendere la sua fedeltà al biologico, ma ero consapevole che il caso di mio nonno forse è un caso raro. E spero che anche il prof. Defez abbia incontrato altri casi rari.
Il prof. Aldo Loris Rossi è stato il primo a dare avvio alla sei giorni di confronto e discussione. La necessità di una nuova prospettiva euro-mediterranea è stato l’argomento trattato. La nuova prospettiva dovrebbe essere in grado di promuovere il ruolo geo-economico-politico dell’Italia come collegamento tra la megalopoli europea e quella mediterranea. Secondo il prof. Rossi, il Mezzogiorno, baricentro del mediterraneo e zona di libero scambio, ha il dovere storico di scegliere una nuova prospettiva, dialogando innanzitutto con le coste vicine, perché i problemi non si risolvono respingendo i barconi dei diseredati. Lo sfruttamento delle risorse naturali ed energetiche da parte dei grandi paesi, che hanno depauperato i paesi sottosviluppati, provocherà ingenti immigrazioni di massa.
Lo scenario è apocalittico, ma io continuavo a sorridere, perché il pro.f Rossi non si è scomposto nemmeno per un attimo: "è necessaria una tensione morale. Le nuove generazioni sono la leva che deve essere azionata attraverso la sensibilità ecologica", ha affermato con uno slancio entusiastico.
Dalla green economy ai testi consigliati (L’impronta ecologica di Mathis Wackernagel e William Rees, Il punto di svolta di Fritjof Capra) le argomentazioni a sostegno non sono mancate.
La leggerezza con la quale il prof. le ha presentate è stata sorprendente. Noi lo abbiamo ascoltato attenti, io ho annuito costantemente, alcuni hanno scosso la testa e lui ci ha guardato con fiducia. Come a dire: "yes, you can".
Su questa scia è proseguito il dibattito, del giorno dopo, tra Emma Bonino e Adriana Poli Bortone, relativo al Sud: da fanalino di coda dell’Europa a testa di ponte dell’euro-Mediterraneo. Quando ho sentito pronunciare dalla Bonino "quando andate a studiare in Francia o in Inghilterra sentitevi a casa, perché siete a casa nonostante si parli un’altra lingua", ho capito qual è lo spirito radicale: volenteroso. L’impegno di restare uniti e di andare avanti nonostante tutto.
La lezione più coinvolgente è stata quella riguardante la libera informazione in Italia e il ruolo del giornalista. Il video-giornalista Wolfgang Achtner ci ha spiegato che l’etica è il principio cardine di ogni giornalista. Il compito primario di un buon giornalista è fornire ai cittadini un’informazione onesta, esatta e obiettiva, di interesse pubblico. Solo se esiste il principio di trasparenza si può parlare di giornalismo. Edoardo Fleischner ci ha invitati a non criticare i media e di farli noi, i media. Partire dal basso per costruire una rete di informazione – come del resto ha fatto Mirko Pagliai con Die Brücke.
Luca Bonaccorsi, editore di Left e Terra, ci ha parlato del concetto di informazione glocal, cioè della volontà di informare il mondo sulla propria realtà locale attraverso internet. Il glocal è utile, perché ci invita all’ascolto di ogni campana per costruire le verità ormai latitanti.
È stata una sei giorni di confronto e conoscenza reciproca irripetibile. I laboratori pomeridiani, organizzati da Federica Colonna e Gabriele Carones, consulenti di comunicazione politica e campagne elettorali, sono stati stimolanti. Anche se all’apparenza sembravano divertenti, sono stati impegnativi e hanno incentivato la conoscenza e l’unione tra noi ragazzi.
Il primo laboratorio ci ha messo di fronte la costruzione di un’Italia attuale e di un’altra ipotetica, utopica Italia che vorremmo. Il mio gruppo ha avuto il compito di illustrare il passaggio da un’Italia stile cinepanettone a un’Italia documentaristica. L’impresa è stata ardua, ma "chi l’ha dura la vince".
È stato incredibilmente bello parlare con gente e scoprire belle anime, conoscere storie di vita diverse, ognuna originale, ed entusiasmarsi per ogni affinità comune. Ogni persona conosciuta mi ha mostrato un pezzo autentico di sé e mi ha lasciato come souvenir una sua piccola traccia, anche solo con un sorriso.
Donare un sorriso
Rende felice il cuore.
Arricchisce chi lo riceve
Senza impoverire chi lo dona.
Non dura che un istante,
Ma il suo ricordo rimane a lungo.
— John Faber