Il giudice libera l’omicida “Sono per l’eutanasia”

Marco Neirotti

Non va in carcere l’anziano che ha ucciso la moglie malata Il gip: “Ognuno ha diritto a disporre della sua esistenza”
Ha ucciso la moglie malata con un colpo di pistola alla nuca, domenica pomeriggio. Ha provato ad ammazzarsi e non ci è riuscito. Piantonato in ospedale, ieri è stato «rimesso in libertà» dal giudice per le indagini preliminari,

 Fiorenza Giorgi, che non ha esitato a raccontarci quello di Vittorio Beltrami, 60 anni, commerciante, colto, innamorato della consorte, come «il caso più triste che mi è capitato in 28 anni di magistratura». Eutanasia? Suicidio allargato e fallito? Di certo un delitto con l’aggravante della premeditazione e del vincolo di parentela. Ergastolo. Il processo non arriverà mai, perché Vittorio, terminale di tumore epatico, confermano i medici, andrà a raggiungere la sua Elena Ornella, uccisa con amore a 69 anni, prima che tutte le carte della legge siano scritte e firmate. Con convinzione, il gip ha ritenuto di non infierire – senza arrivare al carcere – neppure con un piantonamento inutile a un uomo che non può fuggire dalla sua convinzione, dal suo gesto, dal suo male. «Sono convinta del diritto di scegliere per la propria esistenza e in questa situazione c’erano anche abbastanza elementi per ritenere esistente un accordo fra i coniugi». La storia di Beltrami e della moglie è quella di un matrimonio in convinta simbiosi, felice, fatto di lavoro in negozio e tempo libero imprescindibile dalla presenza dell’altro. Finché per lei comincia una discesa tra problemi cardiaci, tremori, difficoltà della memoria. La veglia lui, ma gli fa lo sgambetto il fegato. Incomincia una trafila di ricoveri, fino alla diagnosi senza uscite di sicurezza. Vede il futuro di lei, ne tocca la solitudine solitudine, la vita indifesa e smarrita, nonostante parenti affezionati. Domenica le spara alla nuca e tenta di ricaricare per seguirla. Non riesce. Confessa subito. Agli arresti all’ospedale San Paolo. Il medico legale conferma: «Uccisa nel sonno, senza dolore». Nella stanzetta del reparto ieri lo interrogano, nei limite del possibile, il pubblico ministero Giovanni Battista Ferro e il gipreliminari Fiorenza Giorgi, che deve eventualmente convalidare una richiesta di arresto. Lo ascoltano, nemmeno devono incalzarlo, è una stentata, affaticata confessione.

Si sono parlati con lo sguardo, i due magistrati. Il giovane pm non ha avanzato richieste di arresto, il gip dalla lunga carriera ha ordinato la scarcerazione. Non in cella, ma con ogni probabilità nemmeno a casa. Resterà tra queste lenzuola e, da qui, vicino alla moglie, come già voleva fare con la rivoltella. Con delicatezza Fiorenza Giorgi parla del caso senza contrapporre una storia umana ai gangli dei codici: non c’è rischio di ripetere il reato, di inquinare le prove e – cinico ma concreto – di fuggire. Beltrami chiuderà nel torpore della malattia e dei farmaci il cerchio della sua vita con Elena. Tecnicamente ineccepibile. Ma quanto conta il pensiero del magistrato di fronte a un reato da ergastolo? La signora sorride: «Confermo che sono a favore della dolce morte: ho dato disposizioni per me, anche per essere portata, in caso di situazione insostenibile, in una clinica svizzera. Ma comunque si agisce secondo le leggi». Si possono interpretare: «Sì, ma rispettandole. Sono un recinto e ci si muove al suo interno». Sono fredde, che spazio lasciano alla pietas? «Molto. Se ci si muove sapendo interpretare con correttezza ma anche in modo ampio, allora codici e pietas hanno molto spazio per incontrarsi ». Senza che l’una forzi o pieghi gli altri? «Non ce n’è bisogno». Ma anche se c’era un accordo fra loro, è omicidio. «Abbiamo valutato la custodia cautelare, non la responsabilità e chi può vedere un carcere per quest’uomo? La legge consente di non mandarcelo per le ultime ore, anzi…». E aggiunge: Mio marito, morto un anno fa, mi chiese di lasciargli la possibilità di arrivare alla pistola. Non ho avuto il coraggio di lasciarlo fare».