I disabili si arrabbiano e il governo ci ripensa ” Via norma invalidità”

Laura Matteucci

In piazza ci vanno lo stesso. Intanto perché non si fidano del tutto, poi perché restano molte zone d’ombra tra le norme che li riguardano. «Al massimo, festeggiamo tutti insieme la nostra vittoria», dice Mina Daita, responsabile per la Cgil delle politiche per i disabili, tra i promotori della manifestazione di questa mattina davanti a Montecitorio (con presidi in molte città), organizzata dalle associazioni di disabili per protestare contro «un attacco ai più deboli tra i deboli, un atteggiamento cinico da parte del governo». Per loro una conquista, per il governo l’ennesima retromarcia in quella tela di Penelope che è diventata la manovra finanziaria: dopo un vergognoso balletto, infatti, ieri il relatore Pdl Antonio Azzollini ha ritirato l’emendamento che alzava la soglia per gli assegni di invalidità dal 74% all’85%. Anche Fish e Fand, le federazioni delle principali associazioni di disabili, si dicono «molto soddisfatte». Tanto rumore per nulla, insomma? Non proprio. Le persone disabili almeno al 74%, e che non percepiscono un reddito superiore ai 4mila e 400 euro lordi annui, continueranno ad avere un assegno di ben 256 euro al mese. Una miseria che, nella battaglia ideologica ai «falsi invalidi», e anziché incrementare controlli ed eventuali sanzioni, Tremonti voleva addirittura ridurre. Ma, soprattutto, resta l’incognita sull’altra questione aperta, i requisiti per accedere all’indennità di accompagnamento (una media di 400 euro mensili, non legati al reddito), che secondo le nuove norme dovrebbe venire erogata esclusivamente a chi non solo è impossibilitato a muoversi, ma anche ad esplicare altre funzioni elementari, per esempio fare una telefonata. Insomma, per avere l’accompagno, secondo il governo «bisogna essere moribondi», come dice Daita. Non è finita: «I tagli a Regioni e Comuni si tradurranno nella riduzione dell’assistenza domiciliare, dei servizi di riabilitazione, dei centri sociali. Per non parlare, a scuola, del venir meno degli insegnanti di sostegno per i bambini disabili». «Noi siamo disponibili – riprende Daita – ad aprire un tavolo col governo e discutere di come razionalizza- re la situazione». Josè De Falco, dell’associazione Luca Coscioni, la pensa allo stesso modo: «Ma finora – dice – il governo si è sempre sottratto al confronto». Maria Antonietta Coscioni, peraltro, è in sciopero della fame da oltre due settimane per sollecitare Tremonti a riferire in Parlamento sui livelli essenziali di assistenza. Un punto sul quale intervenire è la totale confusione tra disabili veri e propri e anziani, invalidi per questioni anagrafiche (e in aumento esponenziale negli ultimi anni). «È chiaro che i bisogni, le richieste, le prospettive non sono le stesse», spiega Daita. Dei 2 milioni e 700mila invalidi «riconosciuti», quasi due terzi sono anziani. I titolari dell’indennità di accompagnamento ad oggi sono 1 milione e 800mila persone: fra questi, l milione e 200mila sono anziani. Per il Pd, la retromarcia del governo è «una vittoria del buon senso», dichiara Paolo Giaretta, relatore di minoranza della manovra. Resta comunque che lo Stato centrale «ha dimostrato di non saper risparmiare e scarica la propria responsabilità su Regioni, Province e Comuni. Il che vorrà dire contrarre i servizi in materia di sanità, assistenza, trasporti e servizi per la famiglia».

 

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