Elezioni: gli esclusi dal voto

di Roberta Pizzolante e Giovanna Dall’Ongaro
Galileo intervista Piergiorgio Welby, consigliere generale dell’Associazione Luca Coscioni

Oltre al danno la beffa. In Italia chi è affetto da gravi malattie o disabilità ed è impossibilitato a muoversi non può esercitare il proprio diritto di voto.

E sarà ancora così per le prossime elezioni politiche del 9 e 10 aprile. Sebbene il decreto legge del 3 gennaio scorso del ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu abbia introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento il voto a domicilio, infatti, una gran parte dei disabili gravi ne è rimasto escluso. La denuncia arriva dai Radicali Italiani e dall’Associazione Luca Coscioni, che durante una conferenza stampa svoltasi il 29 marzo a Roma hanno chiesto per questi cittadini ambulanze a carico dei Comuni e seggi volanti.

Il dl Pisanu (“Voto domiciliare per elettori in dipendenza vitale da apparecchiature elettromedicali”) prevede la possibilità, su richiesta, di votare in casa per gli elettori affetti da gravi infermità che si trovino in condizioni di dipendenza continuativa e vitale da apparecchiature elettromedicali. Ma lascia fuori quei malati, che seppur non collegati 24 ore su 24 ad alcun macchinario, sono impossibilitati a recarsi alle urne con i mezzi normali. “Ci sono persone che a causa di patologie altamente invalidanti sono a letto, altre che sono immobilizzate ma non legate a una macchina, gli anziani infermi”, spiega Piergiorgio Welby, consigliere generale dell’Associazione Luca Coscioni, malato di distrofia muscolare progressiva e candidato de la Rosa nel Pugno. “A un signore di Biella malato di Parkinson e con problemi cardiaci, dipendente da un infusore, è stato negato il voto a domicilio perché l’apparecchio a cui era legato era dotato di batterie e quindi gli consentiva di recarsi al seggio. Senza tener conto che questa persona non riusciva a stare seduta sul letto per rischio di ipotomia”.
Ma i problemi sono anche interpretativi. Alcuni uffici elettorali danno un’interpretazione restrittiva del dl limitandone il ricorso solo ad alcuni casi di pazienti. “A una donna dipendente dall’ossigeno è stato risposto che questa legge valeva solo per i malati dipendenti da apparecchiature come il polmone d’acciaio”, continua Welby. “La cosa che più stupisce è che in tutta Europa si permette il voto per corrispondenza. In Germania esso è consentito per malattia, invalidità o anche se per quel giorno hai già prenotato una vacanza”. In attesa che l’Italia segua l’esempio di civiltà tedesco, le associazioni hanno chiesto ai Comuni ambulanze dotate di tutte le apparecchiature d’emergenza e di personale medico e paramedico idoneo. Per farne richiesta e scaricare i moduli basta andare sui siti delle associazioni. Per i malati gravi totalmente intrasportabili anche se non collegati ad alcuna apparecchiatura, invece, è stata chiesta l’istituzione di seggi volanti.
Tra gli italiani che non potranno recarsi personalmente nelle 60977 sezioni previste sul territorio nazionale e che rischiano di rimanere esclusi dal voto ci sono anche i detenuti “non ostativi”. Tutti coloro cioè che, avendo una condanna inferiore a tre anni o essendo in attesa di giudizio (circa il 40 per cento della popolazione carceraria), mantengono il diritto al voto. Visto che la procedura che consente di votare nel proprio istituto di detenzione, stabilita dagli articoli 8 e 9 della legge 23 aprile 1973, non si attiva automaticamente, ma su richiesta del diretto interessato, con una domanda controfirmata dal Direttore del carcere, al Sindaco del proprio Comune di residenza, è indispensabile che le direzioni degli Istituti facciano avere in tempo tutte le informazioni necessarie.
“Si assiste a una sorta di inversione dell’onere del diritto per cui devono essere i detenuti ad attivarsi con ‘la domandina’ per poter votare: e devono essere ancora loro a procurarsi la tessera elettorale”, dicono in un comunicato i garanti dei detenuti dei Comuni di Roma e Firenze, Luigi Manconi e Franco Corleone. “Né l’amministrazione penitenziaria, né il ministero degli interni, né quello della Giustizia, né la gran parte dei Comuni attuano politiche attive per garantire l’esercizio di questo essenziale diritto”, proseguono i due garanti. E, se la Direzione del Carcere di Bologna, fa sapere l’avvocato Desi Bruno, garante dei diritti dei detenuti del capoluogo emiliano, ha già avvisato i suoi circa duecento potenziali elettori, in molti altre carceri tutto tace. Lo denuncia l’associazione “Il detenuto ignoto”, preoccupata che i detenuti subiscano l’ennesimo caso di “cancellazione sociale”.
“Anche se la presenza del seggio volante, prevista con un orario limitato durante le due giornate elettorali, è tutto sommato garantita ovunque, il problema è che in pochi vi si recano, per le lacune informative di cui abbiamo parlato” dice Patrizio Gonnella di Associazione Antigone. Resta da chiarire poi – è Gonnella a fornire lo spunto per ripensare la questione – la legittimità di impedire l’esercizio del diritto di voto a chi ha subito una condanna penale superiore ai cinque anni. Per costoro la legge italiana prevede l’interdizione permanente, salvo riabilitazione, mentre per condanne tra i tre e i cinque anni, l’interdizione vale per il periodo della pena. “C’è già stata una sentenza della Corte Europea che riguarda l’Inghilterra iche ha stabilito il principio dell’inviolabilità dei diritti civili anche per chi subisce una condanna penale. Arriverà anche per il nostro paese il momento di riflettere e cambiare la normativa”, auspica Gonnella.