Disabili, tanti pregiudizi anche tra i bimbi

Elena Meli

INDAGINE INGLESE

Disabili, tanti pregiudizi anche tra i bimbi
Fallito un progetto nelle scuole: nel loro cuore sanno come stanno le cose ma si adeguano al sentire dominante

MILANO – Pensano che Stephen Hawking sia un eroe. Però poi sono convinti che un disabile non possa sposarsi o avere un lavoro. Sono ancora tanti i pregiudizi dei bimbi inglesi sulla disabilità nonostante l’avvio, tre anni fa, di un progetto di sensibilizzazione nelle scuole primarie anglosassoni, il "Disability Equality in English Primary Schools Project". Visti i risultati, i promotori ne hanno ammesso il fallimento: «Potevamo e dovevamo fare di più» dicono gli insegnanti.

PROGETTO – Coordinato da Angharad Beckett dell’Università di Leeds, è nato dopo che nel 2006 nel Regno Unito è entrato in vigore l’obbligo legale della promozione dell’equità dei diritti dei disabili nel settore della pubblica amministrazione. Dal dicembre 2007 le scuole primarie d’oltremanica avrebbero dovuto dotarsi di un "Disability Equality Scheme", ovvero di una serie di piani operativi per diffondere atteggiamenti positivi nei confronti dei disabili e favorirne l’integrazione educando i bimbi alla comprensione delle differenze. Il condizionale è d’obbligo perché in realtà, secondo lo studio condotto per valutare il successo dell’iniziativa, solo il 30 per cento delle scuole ha davvero messo in atto questo strumento; sono invece molto più diffusi programmi di insegnamento alla tolleranza delle differenze razziali, tanto per fare un esempio.

CONVINZIONI – Ma quello che più sorprende (e turba anche un po’) è l’esito del sondaggio fra i bambini per capire che cosa sia per loro la disabilità. Piccoli di sei o sette anni e bambini più grandicelli di dieci anni ammirano alcune persone famose disabili e le ritengono personaggi da prendere ad esempio, ma poi si svelano pieni di preconcetti parlando di quella che è (secondo loro) la vita quotidiana dei disabili. I bambini dicono candidamente che un disabile non può sposarsi, avere un lavoro o fare figli, perché potrebbe trasmettere le sue disabilità. «C’è anche qualcosa di positivo: i bimbi affermano che la società contribuisce a rendere "inabili" le persone disabili, di fatto escludendole in moltissime situazioni. Molti bimbi hanno uno spiccato senso di giustizia, sanno che cosa sarebbe socialmente equo e credono che il trattamento riservato ai disabili da parte della società sia "scorretto"» spiega il dottor Beckett. È come se i bimbi, crescendo, si adeguassero a ciò che la società pensa dei disabili: nel loro cuore sanno che le cose non stanno così, ma pian piano si uniformano al sentire dominante. Non a caso i ragazzini di dieci anni che manifestano pregiudizi nei confronti dei disabili sono più numerosi rispetto ai piccoli di sei. Mancanza di risorse, incertezze, scarsa preparazione, riluttanza a parlare di questi temi e paura di sottolineare troppo le differenze: sono questi i motivi che, secondo gli insegnanti, hanno portato al fallimento del progetto. «La scuola non è l’unica responsabile: anche le famiglie e i mezzi di comunicazione dovrebbero agire per promuovere una società più "abilitante" nei confronti della diversità» dice Beckett. Il progetto va avanti: adesso si sta pensando di proporre visite di rappresentanti di associazioni di disabili nelle scuole, oltre che migliorare la preparazione degli insegnanti su questi temi. Sperando che presto le cose possano cambiare davvero e crescere non significhi più dimenticare la tolleranza nei confronti del diverso.

 

 

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