Dal laboratorio all’uomo il passo nella ricerca scientifica è tutt’altro che scontato, ma basta esplorare il panorama italiano per trovare avanzamenti che hanno unito le due sponde. «Nelle applicazioni cliniche basate su cellule staminali adulte esistono risultati concreti. Le tecnologie ormai sono consolidate, l’uso più promettente sull’uomo è legato alle staminali adulte autologhe, ossia alle cellule dello stesso soggetto che si sottopone al trattamento. Questo è particolarmente vero per la chirurgia ricostruttiva». Nicolò Scuderi, docente di Chirurgia plastica alla Sapienza di Roma, è l’organizzatore del 3 0 congresso della Conferenza italiana per lo studio e la ricerca sulla riparazione tessutale appena concluso a Roma, un appuntamento specialistico durante il quale grande attenzione è stata dedicata all`utilizzo delle staminali multipotenti ottenute dal grasso per ricostruire la pelle sottoposta a lesioni di vario genere.
L’uso in chirurgia plastica delle cellule sviluppate in laboratorio risale a 25 anni fa – spiega Scuderi – quando sono nati i primi protocolli per ottenere tessuti epiteliali in grado di curare le grandi ustioni o le gravi malformazioni della pelle, vere e proprie terapie salvavita. Dall’epitelio si è passati alla coltivazione in vitro di cellule del tessuto cartilagineo e osseo generando nuovi ambiti applicativi. Negli ultimi tempi, le staminali multipotenti ottenute dal grasso hanno ricevuto crescente attenzione grazie ai vantaggi del loro uso. Sono facilmente reperibili dalla fonte, sono multipotenti e hanno un costo veramente ridotto. Risultano ottimali per il trattamento di ulcere, cicatrici, lesioni da radiazioni, in quanto assicurano un miglior processo di cicatrizzazione e quindi di guarigione».
Dalla metodica di base del lipofilling, per cui le cellule vengono trapiantate direttamente con il grasso, sono state messe a punto procedure per aumentare la concentrazione delle stesse nel tessuto prelevato. Questo può avvenire in sala operatoria oppure mediante espansione in laboratorio e nuovo reimpianto. Aumentando in laboratorio la quota di cellule attive, si riduce la quantità di grasso da prelevare. «Stiamo cercando di applicare le stesse strategie anche nella chirurgia estetica prosegue Scuderi – avendo notato un grande contributo delle staminali ai processi di rivitalizzazione o nei casi di ricostruzione della ghiandola mammaria». Dietro l’evoluzione delle tecniche e è la spinta di una medicina sempre più rigenerativa e sempre meno invasiva, che cerca di utilizzare al meglio le risorse naturali dell`organismo. «Questo filone di ricerca – conclude Scuderi – sarà uno dei settori maggiori di crescita e l’Italia continuerà a dare un importante contributo».
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