Filomena Gallo: “Legge 194 sotto attacco”

Per Filomena Gallo, Segretario dell’Associazione Luca Coscioni, la relazione annuale sull’applicazione della Legge 194 del Ministero della Sanità evidenzia peculiarità tutte italiane:

“Tra obiezione di coscienza e chiusura dei consultori, le donne hanno paura di recarsi in struttura per l’interruzione di gravidanza”.

Dalla mancata legge sull’eutanasia al ruolo del Papa, dall’Ivg alle parole del ministro Fontana, una conversazione a tutto tondo: “Questo governo non si occupa in alcun modo dei temi riguardanti le libertà civili e i diritti dei cittadini”.

Tra obiezione di coscienza e chiusura dei consultori le donne hanno paura di recarsi in struttura per l’interruzione di gravidanza e ricorrono così, tra mille pericoli, all’aborto clandestino”. È la denuncia di Filomena Gallo, avvocato e segretario dell’Associazione Luca Coscioni, a proposito della relazione annuale del ministero della Sanità sulla 194 da cui si evince una diminuizione delle interruzioni di gravidanza.

Quel che la ministra Grillo ha dato come buona notizia, rischia di essere altro: “Per gli addetti ai lavori deve suonare come un campanello di allarme”, aggiunge Gallo.

Con 11 mesi di ritardo – come denunciato anche dall’Associazione Luca Coscioni – è uscito finalmente il report sull’applicazione della legge 194. Dà una lettura divergente rispetto a quella del ministero? 

La relazione evidenzia la peculiarità tutta italiana dell’andamento dei tassi di abortività: quasi ovunque dopo la legalizzazione si ha una diminuzione progressiva, seguita da una stabilizzazione che si mantiene negli anni; in Italia, al contrario, dal 2005, i tassi di abortività sono diminuiti significativamente di anno in anno.

Le dottoresse Mirella Parachini e Anna Pompili su Quotidiano Sanità commentano questi dati sostenendo che, mentre nella relazione si attribuisce tale riduzione ad una serie di fattori – tra cui l’eliminazione dell’obbligo di prescrizione medica dei contraccettivi di emergenza per le maggiorenni e l’aumento dell’uso di contraccettivi – questa lettura fatica ad essere convincente: come si spiega infatti la più netta riduzione dei tassi di abortività tra le minorenni, per le quali persiste l’obbligo di prescrizione medica dei contraccettivi di emergenza? La verità è che stanno aumentando le donne che, tristemente, ricorrono all’aborto clandestino.

Le statistiche ci dicono che il 68 per cento dei ginecologi sposa l’obiezione di coscienza. Ciò sta portando in alcune regioni (come il Molise) all’impossibilità per la donna di abortire. In questo momento la 194 è sotto attacco? 

Dire che è “sotto attacco” non è certo un’esagerazione: viene da pensare che lo sia da sempre. È la legge la cui applicazione viene maggiormente monitorata, ma su cui ogni anno ci ritroviamo a fare le stesse riflessioni, ovvero quanto sia difficile per una donna esercitare la sua libertà di scelta in materia di interruzione di gravidanza. Chissà perché si fa un gran parlare del corpo delle donne, dell’importanza delle pari opportunità delle donne nella società, eppure le battaglie che non ci è ancora stato permesso di vincere sono proprio quelle sul diritto delle donne a compiere le loro libere scelte riproduttive.

In Lombardia, altra regione “sofferente” per il numero di obiezioni, dove le donne faticano a vedere riconosciuto il proprio diritto ad un aborto sicuro, a ricevere informazioni sulla sua prevenzione e ad accedere alla contraccezione, d’emergenza e non, si registrano sempre più frequenti notizie relative all’aumento numerico degli aborti clandestini, con tutti i rischi che ne conseguono per la salute delle donne, in particolare quelle in posizione di maggiore fragilità.

Per questo avete da poco lanciato insieme ad altre associazioni la campagna “Aborto al Sicuro”? 

Speriamo di poter replicare anche in altre regioni una proposta di legge che mira a introdurre a livello regionale una serie di soluzioni che possano facilitare l’applicazione della legge 194/78, come ad esempio: la costituzione di un centro di informazione e coordinamento, prevedendo il monitoraggio dell’obiezione di coscienza; la conferma dell’attribuzione ai consultori familiari di una funzione centrale e informazione e accesso gratuito alla contraccezione in fase post-abortiva.

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