L’8 e il 9 marzo 2010 alle ore 21.00, presso l’Auditorium Parco della Musica – Sala Petrassi – sarà in scena lo spettacolo From Medea con i sovratitoli, promosso dall’Associazione Li.Fra, in collaborazione con la FIADDA (Famiglie Italiane Associate per la Difesa dei Diritti degli Audiolesi). Al termine della rappresentazione sarà attivato il servizio di stenotipia per sottotitolare in tempo reale la fase conclusiva dell’evento.
Li.Fra è un’associazione culturale fondata nel 2009 da due giovani attori: Lisa Girelli e Francesco Montingelli, che si prefigge, attraverso molteplici attività artistiche di favorire l’inclusione sociale e culturale di alcune persone, comprese quelle sorde, che vivono a causa di pregiudizi e barriere culturali, una condizione di discriminazione, disagio, a volte emarginazione.
Dall’incontro con la Fiadda e dal fortunato sodalizio che ne è scaturito, prende vita il progetto "Il Teatro oltre il silenzio". In From Medea, arte e tecnologia insieme si combinano con l’obiettivo ambizioso di rendere accessibile e fruibile il teatro alle persone sorde, e non solo; udenti e persone sorde insieme per una reale inclusione culturale e sociale.
Tecnologicamente è stato realizzato un notevole progresso grazie ad un impianto, inglobato nella stessa scenografia, che consente una lettura più comoda e meno invasiva e che si avvale di tre grandi schermi (videowall), dove scorrono i sovratitoli.
Si tratta di un dramma tutto al femminile di Grazia Verasani, interpretata da Lorenza Guerrieri, Maddalena Rizzi, Silvia Salvatori, Elisa Alessandro per la regia di Filippo d’Alessio. Il testo, che si ispira al mito della tragedia greca, racconta una storia moderna, nella quale le quattro protagoniste conducono in un carcere la loro vita. La convivenza forzata genera amicizia e confidenza reciproca: tra ricordi del passato che riaffiorano e confessioni spezzate, la storia alterna tensione e leggerezza. Quattro donne diverse tra loro, ma accomunate dalla stessa dolorosa esperienza e dall’espiazione interiore "l’unico giudice che ho è nella mia testa" di una colpa, che le induce tra emozione e razionalità a scrutare nel loro passato. Quattro vite spezzate, nelle quali tuttavia c’è ancora spazio per sogni, speranze, piccole gioie, e nel quale scoprire "quanto possa essere ostinato e resistente il cuore di una donna". Un testo sicuramente provocatorio, ma che invita a riflettere sul valore della vita, della maternità e sulla condizione delle donne. Non certo quelle i cui volti e corpi oggi vengono morbosamente ostentati nelle televisioni e dai media, ma altre donne reali, palpitanti, sofferenti, umane. Un testo che in concomitanza dell’8 marzo assume un significato e un rilievo particolari.
Sala Petrassi