Nonostante i sondaggi demoscopici, le indagini sociologiche e il senso comune rivelino come sempre più il popolo dei fedeli interpreti la propria religiosità in modo diverso, se non opposto, ai dettami delle gerarchie del Vaticano, la Rai tv si ostina a propagandare i comunicati della Cei come unica interpretazione possibile della fede. La religione di Stato esiste ancora oggi in Italia, non solo grazie ai milioni di euro devoluti alla Chiesa con l’8 per mille e le altre forme surrettizie di finanziamento, ma grazie all’appalto di intere trasmissioni televisive, degli spazi di informazione, delle rubriche religiose al Vaticano, come testimoniano i dati del monitoraggio più volte resi pubblici dai radicali (a proposito, cosa fa l’Osservatorio di Pavia su questi temi? E la Commissione di vigilanza sulla Rai?).
Ci uniamo con convinzione alla lettera inviata qualche giorno fa dal presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche Gianni Long al direttore generale della Rai Flavio Cattaneo, nella quale chiede alla Rai di “dare voce alla sensibilità propria di altre comunità di fede e delle tradizioni culturali non religiose