Un altro cittadino bloccato da 17 mesi nell’iter per il suicidio assistito.

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Fine vita Antonio, come Mario, vive nelle Marche e vuole accedere in Italia al suicidio assistito. Da 17 mesi la sua richiesta è bloccata, in attesa di una risposta da parte dell’Azienda Sanitaria Unica della sua regione.

Dopo due diffide ed una denuncia, oggi si è svolta la prima udienza del procedimento di urgenza in Tribunale. I difensori: “I giudici ordinino all’Azienda sanitaria unica regionale che Antonio sia in possesso delle condizioni indicate dalla Corte costituzionale”.

Ora sono due gli italiani costretti a ricorrere ai tribunali per vedere riconosciuto il diritto al suicidio assistito, legalizzato dalla Corte Costituzionale alla presenza di quattro condizioni. Dopo il caso di Mario, infatti, c’è quello di Antonio (nome di fantasia), anche lui tetraplegico da otto anni e residente nelle Marche.

Si è tenuta oggi la prima udienza del procedimento di urgenza, in cui Antonio ha chiesto ai giudici di ordinare all’Azienda Sanitaria Unica Regione Marche (e alla direttrice generale Nadia Storti), di procedere alla verifica delle condizioni richieste dalla Corte costituzionale per poter accedere al suicidio assistito in Italia. Il giudice, alla fine dell’udienza, si è riservato di decidere. Antonio e i suoi legali sono quindi ora in attesa di sentenza.

Antonio aveva inviato la richiesta all’azienda sanitaria a settembre 2020, ricevendo un diniego privo di qualsiasi motivazione legata alle sue condizioni, che non sono mai state verificate dall’Azienda Sanitaria Unica Regionale delle Marche, come poi evidenziato dallo stesso Comitato Etico regionale.

Per questo, ad aprile 2021, l’uomo 43enne aveva diffidato prima l’azienda sanitaria, chiedendo che il suo diritto sancito dalla Corte costituzionale fosse rispettato, e poi, ad ottobre 2021, il Governo affinché questo attivasse tutti i suoi poteri per dare attuazione al diritto di accedere al suicidio medicalmente assistito nella legalità. La diffida inviata al Ministero della Salute e della Giustizia e per conoscenza al Presidente del Consiglio dei Ministri, invocava infatti proprio l’articolo 120 della Costituzione, in forza del quale il Governo può ripristinare la legalità attivando i cosiddetti poteri sostitutivi.

 ➡  Fine vita Antonio, Filomena Gallo contro l’ASUR: “Inumano che i diritti fondamentali di un cittadino dipendano dall’efficienza della Pubblica amministrazione”

“È inumano che i diritti fondamentali di un cittadino, in questo caso di persone malate, dipendano dalla efficienza della pubblica amministrazione che viola palesemente la decisione della Corte Costituzionale sulla non punibilità dell’aiuto al suicidio. Dopo Mario, ora anche Antonio attende una verifica delle sue condizioni, così come previsto dalla sentenza della Corte Costituzionale sul caso “Cappato\Dj Fabo”. Questo, il commento di Filomena Gallo, segretario nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, che compone il Collegio legale insieme agli avvocati Massimo Clara, Angelo Calandrini, Francesca Re, Francesco Di Paola, Rocco BerardoCinzia Ammirati.

“La Azienda Sanitaria Unica Regione Marche si dimostra ancora una volta estremamente inadempiente e a pagarne le spese in termini di dolore continuo, ancora una volta, è una persona che vorrebbe solo decidere in piena legalità di porre fine alle proprie sofferenze.

Da 17 mesi attende una risposta e proprio durante questa attesa che, Antonio, paziente fragile, è risultato positivo al Covid. E ora, a causa di questa lunga attesa, potrebbe rischiare di andare incontro a ulteriori sofferenze sia fisiche dovute all’aggravarsi della malattia che psicologiche, causate dalla solitudine a cui il Covid costringe chi ne è affetto. Questa condizione di dolore, solitudine, era proprio quello che non avrebbe voluto Antonio, che pur avendo preso contatti con la Svizzera per accedere legalmente al suicidio assistito ha scelto di restare in Italia per avere i suoi cari vicini negli ultimi momenti”, ha poi continuato Filomena Gallo.

 ➡ Fine vita Antonio parla di sé: “Dipendere da qualcuno è ciò che mi fa più male”

Anche il diretto interessato di questo caso di fine vita Antonio ha lasciato una dichiarazione. “Non è più la mia vita, prima facevo tutto da me adesso devo chiedere qualsiasi cosa. Dipendere da qualcuno è la cosa che mi fa più male non riesco ad accettare. L’appoggio della mia famiglia è stato di grande importanza nei momenti più difficili della mia vita ed ora posso dire grazie anche a loro se ho la forza e il coraggio di affrontare questa nuova sfida che mi riporterà ad una rinascita”.

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