FARINA COSCIONI: IL GOVERNO CONFONDE IL PROBLEMA DI MILIONI DI MALATI E LORO FAMIGLIE COME QUISQUIGLIA TECNICA MA E’ PROBLEMA SOCIALE

Maria Antonietta Farina CoscioniMaria Antonietta Farina Coscioni

Dichiarazione di Maria Antonietta Farina Coscioni:

“Dopo diciotto giorni si è conclusa la seconda fase del digiuno di dialogo con il Ministro Tremonti. Non solo il Ministro è sordo al dialogo sul problema sociale di milioni di malati e loro famiglie, ma alla Camera fa “rispondere” ad una interpellanza urgente la sottosegretaria di fresca nomina Sonia Viale

Il Ministro non ha nulla da dire né da far dire.

Noi continuiamo la nostra lotta con e per i malati, cioè di un milione di persone affidati alle possibilità delle proprie famiglie
(coinvolgendo almeno due milioni di persone) e di altri quattro milioni di malati che sebbene siano parzialmente autosufficienti sono abbandonati a se stessi.

Questo è un problema sociale che il Governo consapevolmente e caparbiamente ha deciso di ignorare.

Per parte nostra continueremo e troveremo nuove forme per esprimere questa lotta, con queste persone, per il rispetto dei loro diritti previsti dalla Costituzione e dalle leggi ad oggi patentemente ignorati e violati.”

Di seguito la risposta della sottosegretaria…
e in calce mio intervento e mia interpellanza e replica della Lenzi

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 10,25).

(Espressione del concerto da parte del Ministro dell’economia e delle finanze in relazione al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, recante i nuovi livelli essenziali di assistenza – n. 2-00777)

PRESIDENTE. L’onorevole Farina Coscioni ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00777, concernente espressione del concerto da parte del Ministro dell’economia e delle finanze in relazione al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, recante i nuovi livelli essenziali di assistenza (vedi l’allegato A – Interpellanze urgenti).

MARIA ANTONIETTA FARINA COSCIONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei innanzitutto far presente che mi sarei augurata che non fosse necessaria oggi, 8 luglio 2010, l’iniziativa di un’interpellanza urgente; che non fosse neppure necessaria l’iniziativa di dialogo e non violenta del mio digiuno, che – lo ricordo affinché resti agli atti – è cominciato il 20 giugno scorso. Uno sciopero della fame di dialogo con il Ministro Tremonti, perché è importante che sulla vicenda per la quale stiamo lottando il Ministro dica una parola definitiva: di mezze verità, per non dire di vere e proprie bugie, ne sono state dette troppe.
Da quanto si apprende dai giornali, in questi giorni il Ministro sembra essere particolarmente impegnato e su più fronti: quello del Governo e quello della compagine di cui fa parte. Ciò nonostante, mi attendevo dunque che il Ministro dell’economia e delle finanze, onorevole Giulio Tremonti, non foss’altro per un elementare dato di cortesia, rispondesse alla lettera che gli ho inviato il 25 giugno scorso; invece, è seguito uno sconcertante silenzio.
Signor Presidente e onorevoli colleghi, vorrei fosse chiaro che in quanto dirò non vi è alcun sentimento di personale ostilità nei confronti della collega sottosegretario onorevole Sonia Viale. Tuttavia, non posso non rilevare che il signor Ministro ha ritenuto di inviare a rispondere alla mia interpellanza urgente, tra i vari sottosegretari, quella di più fresca nomina: poco più di un mese. Ne prendo atto; non credo, tuttavia, sfugga a nessuno il significato politico di questa scelta.
Non posso fare a meno di farle presente che è per senso di responsabilità che abbiamo accettato di partecipare all’illustrazione dell’interpellanza urgente in esame anche in assenza del Ministro Tremonti: senso di responsabilità non tanto nei confronti delle istituzioni, che sono su ciò assenti, ma dei malati, dei disabili, a cui tale assenza pesa tanto, troppo e da molto tempo.
Tuttavia, la questione che solleviamo non è secondaria. Il problema che noi poniamo, quello dei livelli essenziali di assistenza, e quindi del nomenclatore degli ausili e delle protesi, è un problema sociale: un problema che riguarda almeno un milione di famiglie, cioè tra i 3 e i 4 milioni di persone, ed altri 4 milioni di malati che, in un modo o nell’altro, possono almeno parzialmente arrangiarsi senza l’aiuto di terzi.
Tale problema sociale, che contraddistingue il nostro Paese, non è per la verità un problema nuovo: è piuttosto un problema vecchio, che è stato occultato da decenni; un problema a cui si è fatto fronte con interventi parziali ed inadeguati, rispetto ai quali si è sopperito con il silenzioso, ma indispensabile apporto delle famiglie.
Per decenni questa piaga si è accettata, ed oggi è una metastasi. Noi lottiamo con e per i malati e le loro famiglie, per restituire quanto è stato loro negato; e quanto è stato loro negato è un diritto fondamentale, che lo Stato deve riconoscere.
Ringrazio invece (ed è un ringraziamento non formale) il Presidente della Camera, onorevole Fini, per la sensibilità e la disponibilità che ha mostrato. Ringrazio il presidente del gruppo parlamentare del Partito Democratico Dario Franceschini, che ieri si è pubblicamente speso e pronunciato affinché il Ministro Tremonti venga a riferire; il presidente della Commissione affari sociali, onorevole Palumbo, per come si è impegnato; le colleghe ed i colleghi di maggioranza e di opposizione, che in questi giorni mi hanno espresso la loro solidarietà ed il loro appoggio.
Tengo a sottolineare che la mia è una lotta «silenziata», ma non solitaria, e che centinaia di persone in diversi momenti hanno digiunato con me: proprio perché stiamo sollevando una questione che è sociale, che sconvolge e travolge la vita di milioni di persone, e che come tale deve essere trattata.
Signor Presidente, onorevoli colleghi e sottosegretaria Viale, l’azione di digiuno e di dialogo con il Governo – che, come ripeto, è iniziata dalla mezzanotte del 20 giugno del 2010 – è in realtà il prosieguo dell’iniziativa del 7 novembre scorso, sette mesi fa dunque, quando, con alcuni malati di sclerosi laterale amiotrofica, intrapresi uno sciopero della fame per denunciare come erano costretti a vivere: una situazione al limite della disperazione, senza aiuti economici adeguati, senza assistenza di cui hanno pur diritto.
Gli obiettivi erano quelli di rendere noto l’effettivo utilizzo dei finanziamenti stanziati nel 2007-2008 per i comunicatori di nuova generazione, per fare uscire dal silenzio e dall’immobilità della malattia tantissimi malati, per rendere effettiva ed operativa l’approvazione della nuova versione dell’assistenza protesica del nuovo nomenclatore, in modo che sia garantita una fornitura adeguata ad ogni persona con disabilità e l’adozione delle linee guida, a cui le regioni si conformano nell’assicurare un’assistenza domiciliare adeguata per i soggetti malati, a partire da quelli di sclerosi laterale amiotrofica.
Signor Presidente e onorevoli colleghi, i livelli essenziali di assistenza non sono un capriccio né devono e possono essere dei privilegi per pochi. I livelli essenziali di assistenza possono essere definiti come le prestazioni che il Servizio sanitario nazionale deve garantire a tutti i cittadini su tutto il territorio italiano, gratuitamente o dietro il pagamento di ticket sanitari.
Ricordo che la loro introduzione è stata ritenuta un passo indispensabile nell’ottica dell’adozione di una nuova politica in ambito sanitario, che tenga conto delle reali esigenze dei cittadini pazienti e garantisca prestazioni quantitativamente e qualitativamente omogenee su tutto il territorio.
La loro prima definizione risale all’accordo stipulato tra il Governo e le regioni in materia sanitaria l’8 agosto 2001, occasione in cui viene peraltro sottolineata la necessità che i livelli di assistenza siano sempre misurabili. A tal fine, occorre ovviamente disporre di indicatori di misurazione efficaci, anche per poter stabilire se le prestazioni offerte siano realmente essenziali, cioè appropriate alla patologia individuata.
Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001 ha stabilito quali patologie rientrano fra i LEA, fornendo anche indicazioni circa l’organizzazione dei vari servizi sanitari regionali, i quali dovrebbero puntare alla prevenzione, più che alla cura delle patologie, in accordo con una politica di riduzione degli sprechi in ambito sanitario. La loro introduzione ha, dunque, significato per il sistema sanitario il tentativo di ridefinire in modo più preciso i diritti sanitari dei cittadini.
La definizione dei livelli è il passo più importante di un percorso, che porterà inoltre il Servizio sanitario nazionale a verificare quale sia l’effettiva erogazione delle prestazioni e i relativi costi su tutto il territorio nazionale, ma anche il rispetto del diritto fondamentale alla salute, nonché l’equità dei metodi di erogazione del servizio sanitario e l’efficienza del sistema.
Assicurare i livelli essenziali di assistenza, insomma, vuol dire prendersi cura del paziente fin oltre la sua dimissione dall’ospedale, per esempio attraverso i servizi di assistenza domiciliare integrata o all’interno delle residenze sanitarie assistite, che danno modo di gestire i soggetti che hanno necessità di degenza a lungo termine o di assistenza al proprio domicilio.
Ci sono state fornite rassicurazioni, sono state fatte promesse, ci è stato detto che il provvedimento relativo ai LEA e al nomenclatore era in dirittura di arrivo: parole, parole, parole.
In realtà, poco o nulla è accaduto fino al 23 giugno, quando si è avuta la comunicazione ufficiale dal Ministro della salute Fazio, che proprio in quest’Aula ha fatto sapere che tutti gli adempimenti di sua competenza sono stati espletati e che la cosa ora è arenata presso il Ministero dell’economia e delle finanze, dove si starebbe valutando la congruità degli stanziamenti previsti per l’attuazione dei nuovi LEA. Per questo abbiamo chiesto che il Ministro Tremonti riferisca sulla situazione.
Signor Presidente e onorevoli colleghi, il 18 gennaio 2010, rispondendo ad una mia interrogazione presentata un anno prima, il 4 febbraio 2009, il sottosegretario Francesca Martini affermava che l’effettiva realizzazione degli interventi correttivi in programma è condizionata dall’approvazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui nuovi LEA che, ormai definito e condiviso in sede tecnica, è tuttora al vaglio delle autorità di Governo centrali e regionali per gli aspetti di natura economico-finanziaria, da valutare in concomitanza con i contenuti del nuovo patto per la salute, che rappresenterà la cornice delle principali dinamiche del Servizio sanitario nazionale nei prossimi anni.
Esattamente due anni fa, il 10 luglio 2008, illustravo un’analoga interpellanza urgente concernente i nuovi livelli esistenziali di assistenza e il nuovo nomenclatore tariffario delle protesi e degli ausili, e ricordavo la battaglia intrapresa, permettetemi di ribadirlo, fin dai primi anni 2000 da Luca Coscioni, fondatore e presidente dell’associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, per ripristinare che cosa? La legalità sull’aggiornamento del nomenclatore degli ausili e delle protesi e in particolare per inserire nuovi sistemi per la comunicazione, una battaglia a sostegno del diritto costituzionale di parola e di espressione anche per i disabili gravi.
La lotta per la libertà di parola si è resa necessaria perché il decreto ministeriale n. 332 del 27 agosto 1999 inserisce nel nomenclatore relativo a questi ausili i prodotti che sono in commercio dagli anni Novanta. Esso dunque nasce già vecchio; si stabilisce inoltre in quel decreto che l’aggiornamento debba avvenire entro e non oltre il 2001. Nel frattempo il mercato ha già reso disponibili nuovi sistemi messi a punto dall’innovazione tecnologica ma questi restano sconosciuti per il sistema sanitario nazionale. Sono così assenti tutte le strumentazioni, tutte le interfacce informatiche per la comunicazione sono escluse per i soggetti affetti da gravi disabilità di origine neuromuscolare e impossibilitati a parlare.
A partire dal 2003 l’associazione Luca Coscioni registra significativi successi nei confronti di molte regioni – cito solo Lazio, Campania, Lombardia, Liguria – e, sempre nel 2007, grazie all’intervento dell’allora Ministro della salute Livia Turco, stanzia 10 milioni di euro per i nuovi comunicatori suddivisi tra le regioni. Nei primi mesi del 2008 l’associazione Luca Coscioni promuove nuove iniziative e il 23 aprile 2008 viene firmato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sul rinnovo dei livelli essenziali di assistenza, ripeto grazie al lavoro del Ministro Livia Turco, contenente il nuovo nomenclatore, perché l’articolo 17 di quel decreto contiene i nuovi sistemi di comunicazione.
Ma nel giugno scorso per voce del Ministro Sacconi, che interviene alla prima conferenza nazionale della professione medica, viene dichiarato che la Ragioneria generale dello Stato non ha «bollinato» il documento di definizione dei nuovi LEA ed è quindi possibile che la Corte dei conti ci chieda il perché di questa mancata approvazione.
Signora Presidente, onorevoli colleghi, indipendentemente dai livelli essenziali di assistenza, non è comprensibile che il nomenclatore non venga aggiornato. Tutto questo lo impone il decreto n. 332 del 1999 che è stato violato da quasi dieci anni, non aggiornando il nomenclatore, viene violata la Costituzione della Repubblica, che assicura libertà di parola e di espressione a tutti i cittadini, disabili gravi compresi, e la decenza in campo di spesa e di organizzazione sanitaria perché non si può continuare a ripianare i deficit per decine di migliaia di euro, dovuti all’incapacità gestionale, e rifiutare pochi milioni di euro, per i disabili gravi, alcuni dei quali peraltro già stanziati. Le questioni di copertura, se esistono, riguardano i livelli essenziali di assistenza ovvero l’insieme di tutte le prestazioni sanitarie, certamente non riguardano l’aggiornamento del nomenclatore e meno che meno i nuovi sistemi di comunicazione per i disabili.
Molti urlano di non staccare la spina a chi lo chiede o a chi è già clinicamente morto, mentre nei fatti si impedisce di attaccare la spina della parola e della comunicazione a chi, muto, disperatamente lo chiede. Rilevava allora, come ora che i tempi della politica non coincidono con i tempi delle istanze e della vita dei malati e dei disabili; ribadivo allora e ribadisco ora che, indipendentemente dai livelli essenziali di assistenza, non è comprensibile che il nomenclatore non venga aggiornato ed ancora meno comprensibile è che i comunicatori previsti nel nuovo nomenclatore non siano disponibili subito per i disabili che ne hanno bisogno.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARIA ANTONIETTA FARINA COSCIONI. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. È sufficiente leggere il contenuto di questa interpellanza urgente. Non credo sia necessario dilungarsi in modo particolare per illustrarla. Si sta parlando del dramma che ogni giorno – da giorni, settimane, anni – vivono centinaia di malati e le loro famiglie. Sono persone condannate ad una sofferenza che non ha giustificazione e che non è in alcun modo giustificabile.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, la domanda che pongo a voi e alla vostra coscienza di legislatori e di cittadini è la seguente: se non ora, quando, se non così, come e soprattutto perché finora non si è saputo, voluto o potuto fare nulla (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)?

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l’economia e le finanze, Sonia Viale, ha facoltà di rispondere.

SONIA VIALE. Sottosegretario di Stato per l’economia e le finanze. Signor Presidente, con l’interpellanza urgente n. 2-00777, l’onorevole Farina Coscioni ed altri chiedono se si stia valutando la congruità della spesa connessa alla revisione dei livelli essenziali di assistenza e, in particolare, cosa ostacoli l’espressione del concerto sul relativo schema di Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Al riguardo, si fa presente che il Ministero della Salute ha trasmesso lo schema completo di Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui livelli essenziali di assistenza, al fine di acquisire il preventivo assenso tecnico del Ministero dell’economia e delle finanze, a seguito della richiesta pervenutagli, con nota del 23 dicembre 2009, da parte del presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni. Pertanto, la questione risale al periodo antecedente alla predisposizione del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, concernente la manovra di finanza pubblica, che, comunque, non introduce nello specifico modifiche nel quadro finanziario di riferimento del settore sanitario.
In proposito, in via generale, l’Italia, sulla scia di altri Paesi, ha avviato un programma di analisi e valutazione della spesa. Al Ministero dell’economia e delle finanze è stato affidato, a partire dal 2007, il compito di effettuare un esame sistematico dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali, per individuare le possibili criticità, le opzioni di riallocazione delle risorse e le strategie di miglioramento dei risultati ottenibili con le risorse stanziate sul piano della qualità e dell’economicità.
Nel corso del 2009 è stato svolto un lavoro di analisi sul bilancio dello Stato e sulle procedure di spesa, che ha natura preliminare e propedeutica per una più completa attività di valutazione della spesa.
Il tema del controllo della spesa pubblica coinvolge due aspetti principali: quello della quantità e quello della qualità. Il primo dei due è in genere legato all’esigenza di predisporre le risorse necessarie per i bisogni della collettività, mantenendo l’equilibrio finanziario dei conti pubblici. Il secondo aspetto è, invece, relativo alle modalità di impiego delle risorse pubbliche, all’allocazione della spesa tra i diversi obiettivi che con l’intervento pubblico si intendono perseguire, al miglioramento del livello di efficienza con cui le risorse sono utilizzate e all’efficacia delle politiche adottate.
Per conseguire risultati concreti, il controllo della spesa deve poter intervenire sui meccanismi che la generano e fornire le informazioni necessarie a rivedere le priorità in ciascun settore e a riconsiderare l’organizzazione della produzione dei servizi. Si assicura, pertanto, che l’attività del Ministero dell’economia e delle finanze si è svolta e continuerà a svolgersi coerentemente con tali obiettivi, finalizzati alla ricerca di maggiore efficienza e razionalità.
Per quanto riguarda, in particolare, lo schema di Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui nuovi livelli essenziali di assistenza, si precisa che sotto il profilo tecnico il provvedimento richiede una verifica dei suoi contenuti con l’attuale scenario di carattere finanziario e, comunque, assicuro l’impegno, anche personale, ad ultimare quanto sopra entro breve tempo.

PRESIDENTE. L’onorevole Lenzi, cofirmataria dell’interpellanza, ha facoltà di replicare.

DONATA LENZI. Signor Presidente, la domanda in realtà era semplice, ossia: il Ministero della salute – e lei ne ha dato conferma – ha trasmesso il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per la «bollinatura» al Ministero dell’economia e delle finanze; a noi risulta che questo sia avvenuto a febbraio; lei nella sua risposta non ci ha dato una data, ma fa riferimento alla lettera di sollecitazione della Conferenza Stato-regioni di dicembre; ebbene, da allora ad oggi, perché il Ministro dell’economia e delle finanze non ha trovato il tempo – dopo tutte le verifiche, gli studi e i controlli della spesa che lei ci ha elencato – di mettere questa firma?
Avevamo immaginato, nel tentativo di trovare una ragione istituzionale, che la manovra, con il decreto legge n. 78 del 2010 in arrivo, avesse, in qualche modo, costretto ad un riesame anche di questo punto. Ciò non ci avrebbe meravigliato considerato che tante sono state le cose, dopo solo sei mesi, oggetto di una nuova valutazione. Tuttavia, lei ci dice che il decreto legge n. 78 non ha nulla a che fare con i livelli essenziali di assistenza e possiamo stare tranquilli (e ne siamo lieti), ma, a maggior ragione, perché non firma?
Possiamo andare avanti a costruire un federalismo basato solo sui costi standard, che si preoccupa soltanto del lato della spesa e non garantisce nulla ai cittadini sul piano dei diritti? Infatti, i livelli essenziali di assistenza questo devono fare: dire cosa viene garantito di diritti nell’erogazione dei servizi sanitari, possibilmente omogeneamente su tutto il territorio nazionale.
Se si lavora solo sul piano dei costi, ci si preoccupa solo di standardizzarli e nulla si dice sul lato dell’erogazione dei servizi; la nostra preoccupazione – così ben rappresentata dalla collega Farina Coscioni, e che riguarda la vita costretta di tanti malati, di tanti disabili e di tante persone che hanno assolutamente necessità di trovare adeguate risposte, sussidi sanitari, farmaci e cure – trova un’altra volta una risposta soltanto negativa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).