Il Processo Trentini riprende a Genova il 28 aprile davanti ai Giudici di secondo grado

foto con Trentini Cappato Welby

Caso Trentini, fissato l’inizio del processo di secondo grado

Marco Cappato e Mina Welby erano stati assolti in primo grado dalla Corte d’Assise di Massa

Il Pubblico ministero, che ne aveva chiesto la condanna, ha fatto ricorso contro l’assoluzione

Si terrà il 28 aprile alle ore 9.30 presso la Corte d’Assise d’Appello di Genova la prima udienza del cosiddetto Processo Trentini davanti ai giudici di secondo grado, chiamati a giudicare a seguito dell’impugnazione della sentenza di assoluzione degli imputati Marco Cappato e Mina Welby pronunciata dai Giudici della Corte di Assise di Massa.

Il reato contestato a Welby e Cappato – rispettivamente co-Presidente e Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni – era l’aiuto al suicidio offertoDavide Trentini, il 53 enne, da 30 malato di sclerosi multipla, che nell’aprile del 2017 decise di metter fine alle insopportabili sofferenze in Svizzera.

Il 27 luglio 2020, infatti, Marco Cappato e Mina Welby furono assolti dalla Corte di Assise di Massa “dal reato a loro ascritto (istigazione e aiuto al suicidio di Davide Trentini , ndr) perché il fatto non sussiste quanto alla condotta di rafforzamento del proposito di suicidio e perché il fatto non costituisce reato quanto alla condotta di agevolazione dell’esecuzione del suicidio”.

La Corte evidenziò che il requisito dei “trattamenti di sostegno vitale”, indicato dai Giudici della Corte Costituzionale con la sentenza 242/19, non significa necessariamente ed esclusivamente dipendenza da una macchina“, ma si riferisce a qualsiasi tipo di trattamento sanitario, sia esso realizzato con terapie farmaceutiche o con l’assistenza di personale medico o paramedico o con l’ausilio di macchinari medici, compresi anche la nutrizione e idratazione artificiali.

La Corte ha chiarito nella sentenza che il trattamento di sostegno vitale è e ‘deve intendersi qualsiasi trattamento sanitario interrompendo il quale si verificherebbe la morte del malato anche in maniera non rapida (Cf pag. 31 sentenza)”. Ad ottobre 2020, poi, il Pubblico ministero di Massa aveva deciso di ricorrere in Appello contro l’assoluzione.

“Ribadiamo ancora una volta che la grave responsabilità è tutta del Parlamento italiano che non ha ancora dato riscontro ai due richiami della Corte Costituzionale. Da parte nostra, rifaremmo quanto abbiamo fatto per aiutare Davide, e siamo pronti a rifarlo con altri malati nelle stesse condizioni quando sarà necessario, anche se il prezzo da pagare dovesse un giorno essere quello di finire in carcere.” così Marco Cappato e Mina Welby.

Intanto nel corso del Consiglio Generale dell’Associazione Luca Coscioni, in programma domani sabato 20 febbraio dalle ore 10 (in diretta sulle pagine Facebook e YouTube ufficialiverranno resi noti i dettagli della storia e dell’assistenza legale che l’associazione sta offrendo a Mario (nome di fantasia) di 42 anni.

Da dieci è costretto a letto, tetraplegico, in condizioni irreversibili, a causa di un grave incidente stradale che ne ha provocato la frattura della colonna vertebrale con la conseguente lesione del midollo spinale e altre gravi patologie. Mario ha provato tutto il possibile per recuperare parte della sua salute, ma nulla è servito e ora dipende totalmente dall’assistenza, costretto a vivere una vita che non ritiene più dignitosa. Alla sua richiesta all’azienda locale del Servizio Sanitario Nazionale della sua regione, di poter porre fine alle proprie sofferenze, ha ricevuto, dopo oltre un mese, un diniego senza che  neppure fossero state effettuate le verifiche sulle sue condizioni come previsto dalla Corte Costituzionale.

Quella ricevuta da parte della Asl è una risposta in netto contrasto con quanto stabilito dalla sentenza numero 242\2019 della Corte Costituzionale (cosiddetto “Caso Cappato”), che, con valore di legge, stabilisce dei passaggi specifici per tutti quei pazienti affetti da patologie irreversibili che in determinate condizioni, possono far richiesta di porre fine alle proprie sofferenze, attraverso un iter tramite SSN.

Mario – assistito dai legali dell’Associazione Luca Coscioni – ha presentato ricorso contro il diniego ricevuto dall’azienda sanitaria locale, con l’obiettivo di vedere riconosciuto il diritto ad ottenere aiuto al suicidio senza che lo stesso costituisca reato ai sensi dell’art. 580 del Codice penale.