Ancora un rinvio. Sul biotestamento la politica sembra volersi arrendere, DJ Fabo no

foto di dj fabo

Il Parlamento continua ad ignorare gli appelli del  Dj cieco e tetraplegico divenuto simbolo di una battaglia coraggiosa e per la libertà di tutti: “Schiavi di uno Stato che ci costringe ad andare all’estero per liberarci da una tortura insopportabile e infinita”

E sono tre: terzo rinvio per l’entrata in aula della legge sul Biotestamento, il cui inizio dei lavori alla Camera era atteso prima a fine gennaio, poi il 20 febbraio, poi il 27, e ora è stato spostato ulteriormente ai primi di marzo.

Un tema finalmente divenuto d’attualità quello della legge sul fine vita, il cui DDL è pronto per essere discusso in Parlamento dopo dieci anni di battaglie condotte in prima fila dall’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, che 3 anni fa ha depositato la proposta di legge di iniziativa popolare Eutanasia Legale. Secondo una recente indagine condotta dall’Associazione insieme a SWG, la legge è attesa dal 77% degli italiani, ma è attualmente finita in un limbo interminabile e oggetto di un continuo procrastinare da parte del Parlamento, senza oggettivi e reali motivi.

Il simbolo della battaglia per la legge sul fine vita è Dj Fabo, che si è rivolto ad Associazione Luca Coscioni per arrivare al cuore della politica tramite un appello al Presidente Mattarella perché intervenga sbloccando lo stato di impasse voluto dai parlamentari. Ma finora è stato ignorato.

Il terzo appello di Dj Fabo (il videomessaggio è stato pubblicato sulla pagina www.facebook.com/eutanasialegale) che vorrebbe morire senza dover subire anche l’umiliazione di un difficile trasporto in un altro Paese, è un giudizio molto severo sulla politica italiana: “È veramente una vergogna che nessuno dei parlamentari abbia il coraggio di mettere la faccia per una legge che è dedicata alle persone che soffrono, e non possono morire a casa propria, e che devono andare negli altri Paesi per godere di una legge che potrebbe esserci anche in Italia”.

Gli fa eco Marco Cappato, Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica e promotore della campagna Eutanasia: “Con questo terzo rinvio diventa evidente l’assenza di una volontà politica per approvare la legge. Di fronte a una richiesta sociale sempre più pressante di regole che consentano a tutti di morire senza soffrire, il comportamento irresponsabile del Parlamento contribuisce a togliere credibilità alle istituzioni. C’è da augurarsi che i Parlamentari (di maggioranza e di opposizione) che hanno lavorato seriamente sul testo di legge -a partire dalla relatrice Donata Lenzi- riescano a imporre alla conferenza dei capigruppo di mercoledì 1 marzo una decisione di contingentamento dei tempi per salvare la possibilità di una legge prima delle fine della legislatura”.

IL DDL SUL TESTAMENTO BIOLOGICO SECONDO L’ASSOCIAZIONE LUCA COSCIONI PER LA LIBERTA’ DI RICERCA SCIENTIFICA: “UNA BUONA BASE MA…”

Secondo l’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica il disegno di legge sul testamento biologico (“consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento“) rappresenta una buona base di partenza sulla strada di una maggiore libertà nelle scelte di fine vita, ma c’è il rischio concreto che anche questa occasione vada perduta.

La prima versione presentata dalla relatrice (Donata Lenzi, Pd) è stata da subito positiva nel riconoscere il carattere vincolante delle disposizioni e nel non escludere nutrizione e idratazione artificiale dalle terapie che possono essere oggetto di disposizione anticipata. È però purtroppo accaduto che laCommissione Affari Sociali, anche per liberarsi di un ostruzionismo paralizzante dei soliti clericali, abbia aggiunto alcuni passaggi ambigui, che rischiano di svuotare di fatto il carattere vincolante delle disposizioni.

Nella legge è stato infatti introdotto il principio della “tutela della vita“, espressione apparentemente innocua e consensuale dietro la quale si cela in realtà la pretesa di imporre una vita che, per il malato, è divenuta una tortura. Si parla anche di “cure condivise” tra medico e paziente e di ricorso a un giudice per dirimere controversie tra medico e fiduciario, contraddicendo così il principio in base al quale la decisione finale spetta al malato.

Emblematico è infine il riferimento alla “deontologia professionale“, innalzata a fonte del diritto per determinare a quali cure il malato non può accedere. Posto che, ovviamente, la professionalità di ciascun medico consiste nel proporre cure appropriate, prevedere che sia l’Ordine dei medici, attraverso il proprio codice di deontologia, a stabilire cosa è ammissibile e cosa no, rappresenta un elemento pericoloso anche in termini di gerarchia delle fonti del diritto. Il Parlamento ha infatti il dovere di far prevalere le decisioni prese nell’interesse generale sui legittimi interessi di categoria, come riconoscono i tanti medici che hanno sottoscritto l’appello lanciato da Riccio, Defanti, Gallucci e Starace.

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Le numerose ambiguità del testo rischiano di contravvenire al principio costituzionale dell’autodeterminazione individuale e del diritto a non essere sottoposti a trattamenti sanitari contro la propria volontà.  Se infatti è vero che tali diritti non incontrano più dubbio alcuno nella giurisprudenza – visti i precedenti dei casi Welby, Nuvoli, Englaro, Piludu – è anche vero che l’utilità di una legge consiste proprio nell’indicare modalità pratiche per affermare tali diritti senza attivare lunghi e costosi iter giudiziari. È dunque necessario che la vincolatività delle disposizioni anticipate di trattamento non solo sia stabilita senza ambiguità, ma che sia stabilito in capo al Servizio Sanitario Nazionale il dovere di attenersi a tali disposizioni.

È infine importante che la libertà di scelta del malato si estenda alla cosiddetta “sedazione continua profonda“, cioè quella tipologia di cura palliativa che accompagna il paziente fino alla morte senza soffrire. Tutti a parole la riconoscono come un atto doveroso quando i medici accettano di praticarla su richiesta del paziente, ma è tempo che divenga un diritto esplicitamente previsto, al quale corrisponda un dovere che non lasci spazio a soprusi.

Ci auguriamo che i Parlamentari che sono a favore della libertà di scelta attraverso il testamento biologico, e che sono ampiamente maggioritari, decidano sulla base del merito delle questioni, senza far prevalere le divisioni politicistiche e partitiche delle divisioni tra Governo e opposizioni – dichiarano Marco Cappato e Filomena Gallo, a nome dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica – Il rischio più grave, infatti, è che la nei partiti si ceda alla tentazione del non-fare, rinviando continuamente fino alla fine della legislatura. Di tutti i comportamenti sarebbe il più irresponsabile ed irrispettoso nei confronti di tutti quei malati che non riescono a far sentire direttamente la propria voce.