Speranze di vita vegetativa e di relazione

L’altro ieri una mia amica mi raccontava: mia suocera ha 80 anni, è giovanissima (!) ma non ci sta più con la testa…. È un dato epidemiologico ed una esperienza di molti che il nostro corpo vive sempre di più e la nostra mente non proporzionalmente. 

Anche in questi tempi di pandemia, noi italiani possiamo sperare di campare più di 82 anni ma dai dati del progetto IPREA (Italian PRoject on the Epidemiology of Alzheimer’s Disease) risulta che “la prevalenza del deterioramento cognitivo in assenza di demenza oscilla tra il 28,0% e il 45,0% della popolazione di età compresa tra i 65 e gli 84 anni, ossia dai 2,5 ai 4 milioni di anziani italiani non dementi sarebbero affetti da deficit cognitivo di diverso grado. Sebbene la progressione a demenza nei soggetti con deficit cognitivo avvenga solo in alcuni casi, il tasso di progressione a demenza conclamata osservata nell’arco dei 3 anni successivi alla diagnosi varia dal 29% al 47%.

Di conseguenza si può stimare che una quota compresa tra un terzo e circa la metà dei soggetti con deterioramento cognitivo sarebbe a rischio di sviluppare una forma di demenza, tra cui l’Alzheimer, nei 3 anni successivi” Lo stato di salute mentale degli anziani in un mondo che invecchia dell’Istituto Superiore di Sanità. L’ultimo quarto della nostra vita quindi, deve fare i conti con questa sempre peggiore qualità di vita per la quale l’avanzamento terapeutico è stato minore rispetto alla malattie cardiovascolari ed oncologiche. In parte perché il cervello umano è il sistema più complesso che conosciamo e quindi più difficile da trattare: non è un caso che perfino i tumori del cervello siano meno trattabili di quelli di quasi tutti gli altri organi. Ed in parte perché per molto tempo la ricerca scientifica si è molto concentrata sulla salute del corpo mentre le malattie psichiatriche sono rimaste sotto il tappeto di un imbarazzato stigma sociale: ancora oggi se chiedete al vostro medico un certificato per il datore di lavoro che referti una malattia psichiatrica, vi verrà spesso proposto di scriverci un’altra diagnosi.

Purtroppo, le sofferenze psichiatriche che predispongono al declino cognitivo sono state aggravate dalla pandemia in molti ambienti di lavoro, incluso il mio d41586-021-00663-2.pdf (nature.com) (ringrazio l’amico G.A. Tozzi per l’articolo). È giunto il momento a mio avviso di uscire dall’imbarazzo e dare maggiori risorse e attenzione alla Ricerca e Assistenza in Psichiatria : per una volta la pubblicità non è ingannevole quando invita a dare “vita agli anni più che anni alla vita”.