Caro Piero,
te ne sei andato via troppo presto, ma non mi hai lasciato sola. Non potevi far meglio di quello che hai fatto. La Di Mu (distrofia Muscolare) ti ha indicato la strada dei diritti per arrivare al diritto di una “morte opportuna, raggiunta con coraggio, grazie allo strumento della disobbedienza civile e all’aiuto di Marco Cappato, Marco Pannella e poi Mario Riccio, cui hai chiesto di addormentarti staccando il ventilatore automatico. “Al medico non succede nulla, tranquilla, chiedo solo un diritto affermato dall’articolo 32 della Costituzione,” mi dicesti. E infatti fu prosciolto perché aveva fatto il suo dovere nei confronti del paziente.
Di quei lunghi nove anni di dolore e disagi ne sono io l’origine. Nelle ultime ore che stavamo insieme mi dicesti che eri stato felice con me. E chiedesti: e tu? E ti risposi, sì anch’io. In quel momento capii che felicità ha infiniti aspetti. Eravamo felici anche in quel momento di intimo addio che passavamo, ben sapendo che non avevamo nulla da perdonarci. E quella mia colpa di averti portato nove anni prima al pronto soccorso era diventata colpa felice per la vita che abbiamo fatto ancora insieme.
Oggi, dopo quindici anni che te ne sei andato voglio riflettere con te sul nostro stare insieme dal 1978: La tua serenità mi nascondeva l’ansia e la paura del futuro. La tua vita interiore la leggo oggi nelle tue poesie. Tu amavi la campagna, il mare, il sole e le stelle, la pioggia, la brina e il ghiaccio nelle tue battute di caccia. Tu, cacciatore diventasti pescatore. Mi hai insegnato a montare una canna da pesca senza comprarne una; guardare oltre e dentro le cose e gli avvenimenti; scrutare lo sconosciuto; mettere alla prova le mie incertezze fisiche e mentali; saper aspettare; non prendermi troppo sul serio.
Poi tutto era diventato difficile. Non riuscivi più a fare foto istantanee, come ti era sempre piaciuto. Abbiamo ripiegato sula macrofotografia. Nostri amori insetti Coccnelle, ragni, bruchi farfalle in camera oscura …ricordi?
A un certo punto ero diventata anche garzone di bottega che ti quadrettava le tele per poter dipingere ancora anche con diminuite capacità motorie.
“Dobbiamo comportarci in modo che Piergiorgio si senta meno malato di quello che realmente è”, le parole di dott. Federico Sciarra, tuo pneumologo e amico per nove anni accanto a noi.
Ricordi il primo approccio a Internet con il notebook a 1Gb? Si aprì un mondo, uno spazio immenso con nuovi e fantastici amici. Questo mondo è rimasto vivo.
Per me non sei morto, hai solo cambiato essenza.
Volevo solo ricordare alla Politica che solo grazie al coraggio tuo e di altri guerrieri che ci sono stati dopo la tua morte, insieme all’impegno di un piccola realtà come la nostra associazione Luca Coscioni persone in gravissime condizioni ora vivono il diritto e la speranza di poter essere liberi di scegliere sul proprio fine vita. Come te tutti i malati vogliono guarire non morire. Il tempo scorre e il desiderio di guarigione diventa desiderio di abbreviare un percorso di disperazione. Richiedo anch’io qui l’eutanasia, morte medicalmente assistita. La chiedo oggi qui per Mario. La chiedo per i tanti Fabiano, Davide, le tante Domenique, per non dover espatriare.
Tu spesso penavi per giovani malati gravi, condividendo il loro desiderio di poter morire. Esistono determinate situazioni dove morire diventa diritto umano, i medici, molti medici le conoscono. Tu hai amato la vita e questo amore ti ha dato la forza di chiedere aiuto per poter deporre il corpo diventato solo peso della tua Vita che ancora esiste con noi nell’Associazione Luca Coscioni.
Ciao e a presto, tua Mina
Wilhelmine Schett (chiamata Mina Welby) è nata a San Candido nel 1937. Ha insegnato per qualche anno alle scuole medie di Merano dopo la maturità classica. Iscritta a Radicali Italiani dal 2003, è co presidente dell’Associazione Luca Coscioni dal 2011. Moglie di Piergiorgio Welby, dopo la morte del marito ha proseguito il suo impegno sui temi dell’autodeterminazione e delle scelte di vita e fine vita.