Un Nobel che in Italia è vietato

di Oscar Giannino

L’attribuzione del Nobel per la medicina all’italo americano Mario Capecchi per le sue pluridecennali ricerche in materia di targeting dei geni a fini terapeutici di malattie gravissime, attraverso innesti genetici sui topi, offre sul piatto d’argento una riflessione obbligata.Molti media si diffonderanno sulla vita effettivamente romanzesca dei primi anni di Capecchi, senza genitori e in fuga dalla sinistra ombra di Dachau. Tutto vero. L’America è il grande Paese che è perché, per tantissimi giovani senza passato e futuro come Capecchi, è stata generosa dispensatrice di occasioni. Da noi non avrebbe trovato facilmente qualcosa come l’Howard Hughes Institute presso l’Università dello Utah, dove da copresidente ha condotto con successo e mezzi adeguati le sue ricerche in materia di biologia genetica, genetica umana e neuro scienze.

E’ vero, Capecchi ha lavorato sulle cellule staminali embrionali dei roditori. Ma il suo Nobel dovrebbe indurci a riflettere. Ci richiama al problema che in Italia resta gravissimo, a nostro giudizio: il veto posto dalla legge 40 sulle tecniche di fecondazione artificiale alla ricerca sugli embrioni umani soprannumerari.

Ai tempi del referendum sulla legge 40 che si concluse con la vittoria dell’astensionismo, chi qui scrive fece attivamente campagna abrogazionista. E a spingermi fu e resta – tra l’altro – la convinzione che la ricerca sulle staminali embrionali sia una strada utilissima per salvare la vita e rendere più dignitosa la sopravvivenza di migliaia e migliaia di malati di gravi patologie. Il mio dissenso fu civile e argomentato, contro la campagna "fratello embrione, sorella verità", che allora si scatenò nel Paese raffigurando i ricercatori italiani come SS in camice bianco, pronti a chissà quali innesti eugenetici alla ricerca del Golem, o quali agenti vittoriosi del nichilismo trionfante. Agostino e Tommaso non riconoscevano anima all’embrione. Non avrebbero oggi motivi di preoccupazione, da un Nobel che ci deve far riflettere sulle vie della ricerca dalle quali ci siamo autoesclusi. Lo scrivo anche oggi, col massimo rispetto sia del risultato del referendum che dei cattolici, convinti o entusiasti del suo risultato. Lo dico da credente anch’io, sia pure per effetto di una lunga crisi personale.

Com’è noto, le cellule staminali sono non ancora definite nel loro sviluppo e dotate, pertanto, della possibilità di differenziarsi in una qualsiasi delle cellule dell’individuo adulto. La ricerca sulle staminali si sta sviluppando molto rapidamente in molti Paesi, in quanto offre la possibilità sia di ottenere importanti informazioni sui meccanismi di fondamentali processi biologici, quale il differenziamento cellulare, sia di intervenire in futuro in numerose e gravi malattie degenerative oggi incurabili. Le staminali umane sono ottenibili da diverse fonti: tessuti adulti, cordoni ombelicali, tessuti fetali ed embrionali. Si definiscono sovrannumerari gli embrioni generati nel corso dei procedimenti della fecondazione assistita ma destinati ad essere eliminati in quanto non trasferiti nella donna. La legge 40 rende impossibile la ricerca su "quelle" staminali, e dispone per gli embrioni sovrannumerari una vana custodia. Nessuno di noi "informati"parlo da ammalato consapevole e da volontario nei reparti di malati terminali oncologici – ha mai sostenuto la sciocca certezza secondo la quale le staminali embrionali daranno con certezza risultati migliori, in termini di cosiddetta "totipotenza" – di quelle derivate dai tessuti adulti e dai cordoni ombelicali. Noi ci limitiamo – sulla base di ricerche in atto in moltissimi Paesi del mondo, ma da noi oggi impossibili – a sostenere che finché non vi è attestata certezza in materia, la ricerca sulle embrionali va condotta, perché da esse possono venire molte risposte che da quelle adulte magari non verranno.

Il partito del no

Curare la vita con la vita, rigenerare il corpo curandola da malattie mortali con elementi provenienti dall’organismo stesso, è qualcosa che non contraddice affatto la tutela di quei princìpi che stanno tanto a cuore al Comitato Scienza e Vita, il nucleo duro accademico-culturale che portà alla vittoria dell’astensionismo. Nessuno è ancora certo dei risultati terapeutici e perciò serve la ricerca. Pensate alla contesa spettacolare svoltati negli Stati Uniti a colpi di offerte fiscali e infrastrutturali più vantaggiose tra le diverse città americane per aggiudicarsi al sede del California Institute for Regenerative Medecine. Paragonatela alla saracinesca anatemizzante che in Italia si èvoluto opporre ad alcuni tra i più promettenti filoni dell’ingegneria tessutale. Non comprendo come il partito del no possa aver impugnato la bandiera del diritto alla vita.

So bene che la stragrande maggioranza dei cattolici ha aderito all’astensionismo e al no alla ricerca sotto lo slogan del no alla dittatura del relativismo. L’un tema caro anche a me, ma con le contraddizioni della legge 40 c’entra come Hegel rispetto alle terapie dell’Alzheimer.

Sono tra i primi a non sottovalutare la necessità di un "risveglio dei valori". Ma l’America dei valori che confermò Bush è appunto quella delle ricerche di Capecchi. Quella che due anni fa ha visto l’estensione dei criteri in base ai quali consentire l’uso di fondi federali per la ricerca sulle staminali, "anche" quelle da embrioni sovrannumerari frutto di tecniche di fecondazione assistita. Molti repubblicani hanno votato a favore, battendosi "non" per una libertà di ricerca priva di limiti, irrispettosa delle basilari garanzie a tutela della vita umana. Ma "per" accelerare i tempi della ricerca ancora necessaria per capire davvero quali staminali abbiano migliori chance di adeguata totipotenza, ciascuna per le diverse patologie oggi prive di terapia. Negli Usa non sì pensa affatto che ì fondi federali possano sostituirsi in alcun modo a quelli privati, che sono liberi di applicarsi alle staminali embrionali, ricordiamolo bene. Ma si resta fedeli all’idea che non possano essere proprio i fondi federali a negarsi a una ricerca che è rivolta esclusivamente alla vita, non al nichilismo amorale.

Il nostro tabù

Il documento sulle staminali elaborato dalla National Academy of Science degli USA prevede che quasi la metà della popolazione degli Stati Uniti potrà giovarsi dell’uso di cellule staminali nel corso di malattie degenerative: le cardiovascolari, le malattie autoimmuni, diabete, osteoporosi, tumori, morbi diAlzheimer e di Parkinson, varie forme di interruzione della trasmissione nervosa, le ustioni, i trapianti di organi e altro. Non è pensabile che su temi così importanti possa essere delegata ad altri la responsabilità della sperimentazione per sfruttare poi noi a posteriori i risultati. Da noi, non consessi misteriosofici di adoratori di Satana, ma l’Accademia Nazionale dei Lincei ha vanamente chiesto che sia evitata la perdita o l’eliminazione, invece dell’utilizzazione, degli embrioni soprannumerari congelati attualmente esistenti, e che il Parlamento approvi rapidamente leggi che consentano – in condizioni severe, controllate e protette da abusi la donazione degli embrioni soprannumerari. Per accrescere le conoscenze e, di conseguenza, alleviare sofferenze. Pensateci, oggi che leggerete del Nobel Capecchi. La sua ricerca sconfina nel tabù, da noi. Per me, è un delitto contro il genere umano.