Un brindisi per le coppie gay il Nyt celebra 7 anni di “outing”

Flaminia Festuccia

New york timesMa oggi la Corte Suprema ha confermato la politica del Pentagono: i militari non possono dichiarare i propri orientamenti
Abbiamo imparato a conoscerlo con Sex and the City, quando le protagoniste durante il brunch domenicale sfogliavano avidamente le pagine del New York Times per arrivare lì: alla sezione “annunci matrimoniali”, per spettegolare leggendo i racconti delle nozze altrui. Ma l’inserto sui matrimoni della Grande Mela non è solo cronaca mondana. Il New York Times si è reso anche protagonista di una vera rivoluzione di costume, da quando, nel 2002, ha deciso di pubblicare il racconto degli amori, sfociati in matrimoni, delle coppie omosessuali.

Con tanto di foto e video. Trecento coppie che ora il giornale ha deciso di festeggiare con un cocktail party che ha coinciso con il quarantesimo anniversario dei moti dello Stonewall Inn. Nel 1969 il locale del Greenwich Village fu teatro di una serie di scontri tra polizia e omosessuali, e viene considerato simbolicamente il punto di partenza del movimento per i diritti dei gay. Non è stato facile rintracciare tutte le trecento coppie. Per motivi di privacy, infatti, i dati personali vengono cancellati dagli archivi del giornale dopo tre mesi dalla pubblicazione. Ma Google e Facebook si sono rivelati strumenti potenti quanto indispensabili. Tom Kulaga, direttore creativo del marketing del Nyt ha raccontato: “Oltre ai social network, abbiamo sguinzagliato un team di dodici volontari, tra i nostri impiegati che frequentano la scena gay, per contattare le coppie, anche di persona. E siamo molto contenti del fatto che 75 di loro abbiano accettato l’invito”. Tra queste Steven Goldstein e Daniel Gross, i primi a pubblicare il proprio annuncio matrimoniale sul New York Times.

Dopo aver celebrato il loro amore con un’unione civile in Vermont, erano volati a Montreal, Canada, per pronunciare i voti davanti al rabbino David Steinberg. La prima coppia tutta al femminile è venuta poco tempo dopo: Leslie Miller e Alicia Salzer, 38 e 36 anni, grazie all’annuncio erano riuscite anche a trovare un padre per concepire il loro primo figlio. Hanno aderito con entusiasmo all’iniziativa del New York Times anche Andrew Lippa e David Bloch, sposati in California durante quei pochi mesi in cui le unioni omosessuali sono state legali nello stato del sud. “Pubblicare l’annuncio è stato davvero importante per noi” raccontano “abbiamo avuto la possibilità di fare una cosa che per gli eterosessuali è così semplice e usuale, mentre a noi non era permesso”. “Spero che i nostri figli e i nostri nipoti possano vivere in un mondo in cui il diritto ai matrimoni fra persone dello stesso sesso sia considerato naturale come l’aria che respiriamo”: Così ha brindato con le coppie riunite la settimana scorsa al quartier generale del giornale, a Manhattan, l’editore Arthur Sulzberger Jr. Il Nyt sembra destinato a fare da apripista. Altri 504 giornali in tutti gli Usa, tra cui sei nel profondo sud del Alabama e 31 nell’ipertradizionalista Texas, hanno seguito l’esempio del quotidiano di New York.

La sentenza della Corte suprema
Le istituzioni sembrano però fare ancora resistenza alle istanze che provengono da ampi settori della società Usa in favore della libera scelta sessuale. Nell’esercito Usa gli omosessuali sono ancora discriminati, e oggi una sentenza della Corte Suprema lo ha ribadito, respingendo il ricorso contro la disciplina del “don’t ask, don’t tell” (non chiedere, non dire): il divieto assoluto di manifestare le proprie tendenze sessuali, pena l’allontanamento dall’esercito. La Corte si è espressa nel caso sollevato dall’ex capitano dell’esercito, James Pietrangelo II, allontanato dal servizio perché omosessuale. Già il tribunale di appello di Boston aveva respinto la querela presentata da Pietrangelo e da altri undici ex militari. La Corte ha stabilito che la politica del “don’t ask, don’t tell” è “legata in modo razionale all’interesse legittimo del governo nella disciplina e nella coesione”. La sua abolizione rientrava tra le promesse di Obama, che però ha fatto marcia indietro, annunciando che prima sarà necessario un confronto con i vertici militari del Pentagono.