Al seminario di Frascati, organizzato dai gruppi parlamentari dell’Ulivo, Ds e Margherita riescono ad avere un relatore unico su riforme, politica estera e Finanziaria. Ma quando si arriva al rapporto cattolici laici, la parola tocca ai professori e le relazioni diventano due. Cioè, confronto aperto. Da una parte il cattolico Leopoldo Ella, dall’altra il laico Stefano Rodotà. Quando intervengono loro si svuota il cortile dove ministri, sottosegretari e parlamentari chiacchierano e l’attenzione si concentra su un tema cruciale per i destini ancora in certi del partito democratico. I capigruppo Anna Finocchiaro e Dario Franceschini hanno blindato gli ulivisti per due giorni a Villa Tuscolana, a Frascati, per tenere in moto la macchina del nuovo soggetto.
Autotassazione sul modello di workshop illustri, 150 euro a testa per partecipare. Oggi parla anche Romano Prodi, arriverà Piero Fassino mentre Tommaso Padoa Schioppa rimanda l’appuntamento a un’assemblea di deputati e senatori il 20. Auto blu parcheggiate in doppia fila, una sfilata di uomini e donne di governo, con il vice premier Francesco Rutelli, Fioroni, Lanzillotta, Gentiloni, Melandri, Damiamo, Pollastrini, Visco. Per alcuni è solo un salto fuori porta, altri si fermano più a lungo. Dalla villa cinquecentesca, passata di mano tra vari cardinali nel corso dei secoli, si dominano i Castelli. Sale affrescate, buffet e coffee break, come a Cernobbio. Molti volti abbronzati, nostalgia delle vacanze. Qualche irriducibile non ha ancora riposto la polo nel cassetto. Prove tecniche del nuovo partito. La Finocchiaro e il vicepresidente dei senatori Luigi Zanda (Dl) sono convinti che il Pd «esiste già nei gruppi unici». Peppino Caldarola consiglia prudenza perchè «i tempi non saranno brevi».
Il diellino Ermete Realacci gioca di sponda con la Quercia avvertendo la Margherita: «Non possiamo fare i primi della classe, facendo credere che i Ds frenano e noi corriamo. Altrimenti salta tutto». Fabio Mussi, dal Gran Sasso, mette le mani avanti: “Non vedo un futuro per l’unificazione di Ds e Margherita». Una carta dei valori viene rimandata al seminario di Orvieto, all’inizio di ottobre. Questa è una fase di studio. Che accende l’attenzione di tutti quando Elia e Rodotà s’incrociano sui temi etici, dopo le scorie del referendum sulla legge 40, lo strappo di Mussi in Europa e il compromesso della mozione comune sulla bioetica costato alla cattolica Paola Ometti i fischi di Comunione e Liberazione. Nella sala al piano terra s’incrociano le culture e le storie diverse del futuribile soggetto. Elia dichiara chiusa l’epoca della libertà di coscienza. «Non possiamo accantonare questi temi, dobbiamo affrontarli. Anche per evitare un pericolo che è dietro l’angolo spiega – . Il trasversalismo cattolico che ovviamente aiuterebbe il centrodestra».
Quindi, Elia predica il dialogo, prende a modello il ruolo svolto da Dossetti nella Costituente, ricorda che anche sulla bioetica i principi supremi sono scritti nella carta costituzionale. Rodotà condivide, ma si mette alla guida della riscossa laica. «Il relativismo imputato ai laici e una stupidaggine. La verità è che il laicismo è nato su valori fortissimi, basta prendere la carta dei diritti fondamentali della Ue», dice. Ecco, per trovare un’intesa bisogna chiarire che «non è la Chiesa ad avere il monopolio dei valori». E quando si arriverà al punto, i Pacs, va ricordato che il Parlamento ha già approvato convenzioni internazionali in cui queste materie sono regolate, anche per persone dello stesso sesso. «Dobbiamo essere coerenti», è il richiamo di Rodotà. Più facile raggiungere l’equilibrio sulle riforme e sul conflitto d’interessi, per il quale Luciano Violante segnala la «fragilità» della legge Frattini, più lineare il percorso della politica estera ulivista delineata da Lamberto Dini. Ed Enrico Morando strappa applausi quando osserva che sul «taglio» di 5 miliardi alla Finanziaria sarebbe stato meglio discutere.