In Svizzera un terzo degli aborti è italiano

Dal 1999, in Svizzera, la somministrazione della pillola RU486, la “pillola abortiva” ha conosciuto un costante incremento, con un decremento, per contro, degli interventi chirurgici. Il dato interessa molto la nostra provincia e le altre zone al confine con il Ticino perché sembra che siano proprio le donne italiane ad alzare la media. Il dato è stato “fotografato” statisticamente, non si presta quindi a speculazioni, anche se va precisato che la somministrazione di questo farmaco, in Italia, è appena cominciata.

Nell’aprile 2008, proprio tale aumento esponenziale degli aborti in Ticino, ha spinto alcuni parlamentari ticinesi a chiedere spiegazioni al Governo di Bellinzona. Carlo Luigi Caimi, deputato del Partito Popolare Democratico, ha chiesto al Consiglio di Stato ticinese se “è a conoscenza del fatto che nel 2007 gli aborti legali in Ticino sono stati 613, che ben 151 (pari al 24.63% delle interruzioni volontari della gravidanza) sono stati effettuati su donne venute in Ticino solo per abortire legalmente e che il tasso di abortività delle donne straniere è circa il doppio di quelle svizzere? Cosa intende intraprendere il Consiglio di Stato contro il cosiddetto “turismo abortivo”?”. Il Consiglio di Stato rispose all’interrogazione evidenziando che “il numero totale delle interruzioni è stabile. Aumenta per contro il numero di donne straniere – essenzialmente domiciliate in Italia – che vengono nel nostro Cantone per interrompere la gravidanza. Parallelamente, in termini percentuali, si osserva un’evoluzione della ripartizione tra l’approccio chirurgico e quello farmacologico. Quest’ultimo metodo, garantendo un intervento meno traumatico per la donna, registra una crescita”.

Il Ticino interroga e si interroga, dal momento che un terzo degli aborti è arrivato dall’Italia. Diamo qualche numero: su 682 aborti totali (svizzere e di altre nazionalità) effettuati nel 2008, ben 446 hanno utilizzato il metodo farmacologico, 229 il metodo chirurgico e 7 il metodo farmacologico e chirurgico. Delle 446 donne che hanno utilizzato il metodo farmacologico, 341 lo hanno fatto solo passando dall’ambulatorio (ospedale, clinica privata o studio medico), 7 hanno affrontato il ricovero e 98 in regime di semiambulatorio. La maggioranza di queste donne ha un’età compresa tra i 25 e i 40 anni. Sviscerando ulteriormente il dato, si scopre che nel 2008, le pazienti italiane che hanno varcato il confine sono state 206. Di queste solo 25 hanno affrontato il metodo chirurgico, 180 quello farmacologico e solo una paziente ha subito entrambi i metodi di aborto. La politica ticinese, non solo il gruppo cristiano popolare democratico, ha cercato risposte al fenomeno che non si possono solo racchiudere nel divieto, fino a pochi giorni fa, di utilizzare la pillola. Il Dipartimento sanità e socialità del Ticino (DSS), per il tramite della sua direttrice, la Consigliera di Stato socialista Patrizia Pesenti, invita alla prudenza, non dipingendo la situazione come un fenomeno. Soprattutto incoraggia a guardare alle forme di prevenzione ed informazione che la Svizzera mette in atto, a partire dai centri di pianificazione familiare (CPF), strumenti importanti per accompagnare la donna ed aiutarla in un percorso di scelta personale, in un senso o nell’altro ma, inutile dirlo, con una predilezione alla “scelta della vita”.

Tale spaccato, che non vuole essere solo un freddo elenco di numeri, si porta dietro una moltitudine di storie spesso fatte di sofferenza e disperazione, di scelte che, per qualcuno, possono cambiare la vita. Un ultimo dato, unito a testimonianze dirette, ci parla della privacy, della discrezione e della qualità delle strutture che ospitano e praticano la somministrazione del Mifegyne. Senza ricovero, senza code e fogli da riempire, con la possibilità, se lo si desidera e per chi se lo sente, di trovare un posto tutto suo per riflettere. Per piangere, come raccontatoci da qualcuno, anche solo per stare soli e in silenzio. La realtà ticinese di questi anni, per ciò che riguarda “il turismo ginecologico” ha risentito molto delle norme italiane, dalla Legge 40 del 2004 sulla fecondazione fino al divieto dell’aborto farmacologico, ormai superato. I partiti in Ticino, come in Italia, hanno detto la loro. Ma nel rispetto del principio di laicità che vige in Svizzera, laicità che è in accordo con le parole introduttive della Costituzione del 1291 (“nel nome del Signore …”), con quelle della nuova Costituzione svizzera che inizia con “In nome di Dio onnipotente”, con la croce che campeggia al centro della bandiera elvetica, con l’inno nazionale svizzero con il salmo inneggiante al Dio cristiano e i denari dello stato svizzero, sul bordo della moneta da cinque franchi si può leggere “Dominus providebit”, ossia “il Signore provvederà”.

 

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