«Spero non ci sia un veto su di me solo perché mi chiamo Coscioni»

di Luca Telese

La trovi al telefonino solo un attimo prima che inizi l’ultima riunione dei radicali a via di Torre Argentina, dopo un pomeriggio di polemiche roventi e ultimatum incrociati. Nella incredibile storia dei nove radicali candidati in Parlamento nel Pd, il nome di Maria Antonietta Coscioni è non solo uno dei tre nomi a rischio, ma anche e soprattutto un nome-simbolo. Perché già alla amministrative, sul nome di suo marito, Luca Coscioni, si abbatterono i veti del centrosinistra. Così, alla vigilia dell’ultima notte di thrilling una delle candidate più importanti (e forse scomode) proposte da Marco Pannella ed Emma Bonino spiega così il suo disagio.

Pannella ha detto, alla sua maniera: «Vogliono la cotenna della Coscioni».
«Voleva denunciare un metodo sbagliato».

Nessuno crede che Bettini voglia il suo scalpo fisicamente. Ma che il suo seggio sia a rischio è un fatto.
«Mi crede? Io in queste ore sono preoccupata per il nostro partito e le nostre battaglie, non certo per il mio destino personale».

Però molti militanti radicali sono preoccupati del, fatto che il suo nome, con quello che rappresenta, possa essere escluso dal Parlamento.
«Questo è un peso che avverto. Lo vivo con una dose di responsabilità ulteriore, ma non chiedo trattamenti di favore. Pensiamo collettivamente, a tutti gli altri compagni».

Le chiedo esplicitamente: crede che il Pd consideri il suo cognome «troppo pesante»?
«Non lo so, e veramente incredibile. Non voglio crederlo».

Anche alle ultime regionali ci fu un veto a che il nome «Coscioni» fosse inserito nel simbolo delle vostre liste.
«Sì, purtroppo allora la richiesta del centrosinistra fu chiarissima. Si disse: "E un nome che divide, è troppo legato al voto referendario"».

Anche questa volta è così?
«Vorrei non pensarlo».

Ha mai incontrato Veltroni?
«No, mai. A trattare è stata una delegazione di cui io non facevo parte».

Ha qualcosa da dirgli?
«La stessa cosa che vorrei ripetere a tutti i dirigenti e ai militanti del Pd. Noi radicali non abbiamo due facce».

In che senso?
«Per noi non ci sono accordi segreti, trattative politicistiche. Abbiamo fatto tutto alla luce del sole, persino rivelato quale parte di contributo elettorale abbiamo ottenuto dal Pd».

Cosa vorrebbe da Veltroni?
«Quello che vogliamo da tutti gli altri nostri interlocutori politici: trasparenza. Lealtà. Verità».

Stanotte ci saranno sorprese?
«Sto entrando in una riunione, non so quando ne uscirò».

State per strappare l’accordo?
«Al contrario. Abbiamo già firmato tutti i moduli di accettazione delle candidature».

Che vuole dire?
«Che noi non abbiamo intenzione di rompere. Noi chiediamo il rispetto di un patto».

Allora sono loro che vogliono rompere e cercano un pretesto?
«A questa domanda non rispondo».

E consapevole del fatto che al Pd dicono: i radicali ci attaccano, e poi vogliono i posti…
«Non è una battaglia contro di loro, ma per noi».

Bettini, il plenipotenziario di Veltroni vi ha dato un ultimatum.
«Non capiscono che questo per noi non è un mercato, con Marco che fa lo sciopero della sete? Noi non chiediamo nulla di più di quello che era stato deciso insieme».

L’hanno piazzata quinta in Friuli, molto lontana dalla fascia di sicurezza.
«Siamo stati quasi tutti collocati fuori dai nostri luoghi di appartenenza. Hanno deciso loro il luogo, il numero, le posizioni. E poi cercano di farci passare per quelli che danno fastidio?».

Protestate così duramente, che qualcuno ipotizza che lo strappo non vi dispiacerebbe.
«Al contrario. Teniamo duro, malgrado le umiliazioni, perché vorremmo che il Partito democratico fosse veramente democratico».