Vorrei fare testamento biologico. Ma quale ancora non so. Perché dopo aver letto il testo fac-simile diffuso per informare i cittadini sulle "dichiarazioni anticipate di trattamento", sono nati molti dubbi. Forse perché le domande sono troppo nette: "voglio" "non voglio", "autorizzo" "non autorizzo". "desidero" "non desidero". Però sono certo di un fatto, a prescindere da quel che è – e sarà – scritto sulla carta: non vorrei che il mio corpo – in caso di malattia senza alcuna speranza – diventasse una gruviera, un pallone gonfiato, un sacco vuoto, un mucchietto di ossa, un terminale di tubicini, un imbuto da riempire di farmaci, il prolungamento di una macchina.
In breve: non vorrei che la medicina si accanisse contro e su di me. Vorrei fare testamento biologico, perché qui e ora sono in condizioni psichiche che mi permettono di decidere se e in che modo desidero essere trattato dai medici, nel caso in cui fossi in condizioni di non poter esprimere le mie volontà. Perché qui e ora sono una libera, in grado di dire quel che penso e di poter disporre di me stesso. Perché se oggi vado in un ospedale posso non sottoscrivere il consenso informato se c’è qualcosa che non mi convince. Perché penso che sia un mio diritto (senza virgolette, come ha scritto un commentatore "liberale"). poter firmare anzitempo un atto che sancisca il rifiuto di essere curato in caso di coma vegetativo permanente, di lesione cerebrale invalidante e irreversibile. Non è un giacobino chi vuole difendere il principio della autodeterminazione: non esiste, in casi come questo. la libertà provvisoria. Qualcuno dice anche che sulla vita e sulla morte lo Stato non deve intervenire con una legge. Ma è proprio questo che si vuole evitare con il biotestamento. Le regole che il Parlamento voterà, rappresentano una chance data al cittadino per evitare che lo Stato (vestito da camice bianco) entri nella stanza ospedaliera imponendo comunque un trattamento sanitario, quando sia già stato rifiutato dal paziente. Il quale paziente non vuole imporre ad altri la sua scelta.
Sembra banale doverlo ricordare. ma il biotestamento non lede i diritti altrui: garantisce soltanto i miei. Sul ruolo dello Stato rispetto alla vita e alla morte ci sono poi altri esempi. Come la legge 194 sull’aborto, che dà la possibilità alle donne, entro certi limiti, di interrompere una gravidanza. Se con l’aborto si dà alle donne la facoltà di decidere sull’esistenza, per quale motivo lo Stato non dovrebbe dare a tutti la chance di accettare o meno alcune terapie? E ammettiamo pure che nutrizione e idratazione artificiali (uno dei temi di scontro tra Pd e Pdl) siano "sostegni vitali" e non terapie (come invece sostengono quasi tutte le associazioni mediche): potrò rifiutarle o accettarle? Se si nega questo principio, qualcuno dovrà idratare e alimentare a forza Marco Pannella se farà un nuovo sciopero della fame e della sete. E come la mettiamo con i Testimoni di Geova che si "astengono" dal sangue perché credono di ubbidire ad un comando di Dio? Non pochi di loro sono morti dopo aver rinunciato a trasfusioni che avrebbero sicuramente salvato la vita. In molti casi di cronaca si è visto che i medici, così come i magistrati chiamati in causa, non hanno potuto fare altro se non rispettare la volontà dei Testimoni dei Geova e dei familiari. Ecco quel che penso del testamento biologico. Ma voi lettori che opinione avete?
Se volete esprimerla, scrivete a "Salute". g. pepe @ repubblica.it