Il voto (284 a favore, 249 contro, 32 astenuti) ha diviso i partiti, in particolare i liberaldemocratici, il Ppe e i Verdi.
Il centrosinistra italiano ha riportato nell’Aula le spaccature già emerse qualche settimana fa, dopo che il ministro per la Ricerca scientifica Fabio Mussi aveva annunciato l’apertura alle staminali su scala europea.
Tra i nove eurodeputati della Margherita, sei hanno votato contro l’utilizzo delle «embrionali» (Alfonso Andria, Andrea Losco, Vittorio Prodi, Gianluca Susta, Patrizia Toia, Donato Veraldi), mentre tre (Luigi Cocilovo, Paolo Costa e Lapo Pistelli) si sono pronunciati a favore.
«Era l’unico modo per portare a casa comunque una soluzione di compromesso, dopo che erano stati bocciati gli altri emendamenti» spiega Pistelli. Contrario anche Gianni Rivera, deputato ulivista per ora registrato nel gruppo dei non-iscritti. Mini-spaccatura nei Verdi italiani: Monica Frassoni, co-presidente del gruppo, si è schierata per il «sì» alle staminali, mentre l’altoatesino Sepp Kusstatscher si è pronunciato per il «no».
I diessini, invece, hanno appoggiato in blocco l’apertura alle staminali (in Aula presenti 14 su 15 eurodeputati). Astenuto, infine, Carlo Fatuzzo del Partito dei pensionati (aderisce al Ppe). Sul versante opposto, il centrodestra si è schierato compatto: tutti contrari i parlamentari di Forza Italia, di An, dell’Udc, della Lega Nord.
Il capitolo sulle staminali è inserito nel «Settimo programma quadro di Ricerca scientifica» che impegna circa 50 miliardi di euro nei settori più diversi dell’innovazione: dalla nanotecnologia allo spazio. L’area della sperimentazione sulle staminali (embrionali comprese) assorbirà meno dell’1% delle risorse totali e comprende, tra l’altro, studi per la cura dei tumori, delle malattie cardiovascolari, del diabete, sviluppati soprattutto in Gran Bretagna, Spagna, Belgio e Olanda.
L’intero «pacchetto» dovrà ora passare al vaglio del Consiglio dei ministri della Ue e poi ritornare, in seconda lettura, all’Europarlamento. Ma nel confronto tra i Paesi Ue l’Italia avrà, per forza di cose, un ruolo chiave. Gli equilibri sono incerti. Germania, Austria, Polonia, Slovacchia e Malta chiedono di non dare neanche un centesimo a progetti che coinvolgono le cellule staminali. Fino a poche settimane fa, anche l’Italia faceva parte di questo schieramento. Anzi, l’apporto di Roma era necessario per costituire una «minoranza di blocco» e quindi fermare l’intero provvedimento. Poi, il 30 maggio scorso, Mussi ha annunciato che il nuovo governo si sarebbe sfilato dal «fronte del no».
Da quel momento il centrosinistra è entrato in agitazione. Ora, dopo il voto dell’Europarlamento, la maggioranza è chiamata a concordare quale linea dovrà seguire l’esecutivo a Bruxelles.
Le divisioni di ieri hanno lasciato il segno. Patrizia Toia della Margherita dice di essere «sconcertata e avvilita» ma soprattutto invita «il governo Prodi e in particolare il ministro Mussi a non dare una lettura unilaterale o in superficie di questo voto» poiché «è necessario approfondire le ragioni di diversità nelle posizioni dei parlamentari italiani».
Si fa sentire anche la voce della Chiesa.
Monsignor Elio Sgreccia, presidente della Pontificia Accademia per la vita, ritiene che l’Europarlamento abbia preso una decisione «anti-umana», che «intacca il principio di intangibilità della vita». Da registrare, infine, il giudizio controcorrente nel centrodestra di Chiara Moroni, vice presidente del gruppo di Forza Italia alla Camera: «Il segnale di Strasburgo è positivo. L’Italia non può restare fuori dalla comunità scientifica internazionale».