Forse davvero, come dice il suo omologo toscano, Roberto Cota pensa ancora di essere in campagna elettorale. O forse, più semplicemente, il neogovernatore leghista del Piemonte ha voluto subito dare un segno tangibile dell’ aria che soffia, a prescindere dai risvolti pratici che le sue affermazioni avranno: «Sulla Ru486 ho idee completamente diverse da quelle dell’ ex presidente Mercedes Bresso», ha annunciato ieri a "Mattino cinque". E poiché lui è «per la difesa della vita» farà tutto il possibile per fermare la pillola abortiva. Almeno nella sua Regione. La Bresso, infatti, aveva già provveduto a far spedire in Piemonte la Ru486 (che a partire da oggi, dopo decenni di dibattito, potrà arrivare negli ospedali), ma Cota è determinato a ogni sforzo per non fare arrivare in corsia le confezioni: «Per quanto potrò fare io, resteranno nei magazzini», assicura. Può riuscirci davvero? Mah.
Pur evidentemente eccitata dalla prospettiva, persino il sottosegretario Eugenia Roccella pare affaticarsi, nell’ arrampicata sullo specchio. RITARDARE O IMPEDIRE? In sostanza,infatti, l’ introduzione negli ospedali piemontesi della’ Ru486 potrà essere ritardata, più che impedita. «Anche se l’ Agenzia Italiana del Farmaco,l’ Aifa, ha autorizzato l’ immissione in commercio a livello nazionale della pillola, inserendola nel prontuario nazionale», spiega infatti trionfante Roccella, «tecnicamente i presidenti delle Regioni potrebbero rallentare o anche impedire che il farmaco arrivi negli ospedali non facendolo introdurre nel prontuario regionale». E con quali motivazioni? «Sulla base di considerazioni circa il prezzo e la’ rimborsabilità». Ragioni di ordine tecnico-economico. «Tuttavia, se il farmaco non finisse nei prontuari regionali», è costretta a precisare il sottosegretario, «si aprirebbe poi un problema con l’Alfa, perché il prontuario nazionale è il suo». In serata, proprio i vertici dell’ Aifa confermano la necessitata cautela di Roccella. «Nella distribuzione della pillola abortiva, come per qualsiasi farmaco, le Regioni hanno un largo margine di autonomia per stabilire tempi e modalità. Ma non c’è dubbio che se il farmaco è approvato dall’ Alfa prima o poi dovrà essere erogato», spiega il direttore generale dell’ Alfa, Guido Rasi. «Non voglio far polemiche», chiarisce, «male regioni non possono fare come vogliono: e se ritardano l’ erogazione della Ru486 dovranno renderne conto».
TRE GIORNI In realtà, spiega la senatrice radicale Donatella Poretti, più che attraverso il mancato inserimento nei prontuari, le Regioni potranno cercare di «disincentivare nei fatti» l’ utilizzo della Ru 486 «imponendo nelle linee guida il ricovero ordinario per tutta la durata dell’ interruzione di gravidanza, che di solito è di tre In modo, «sarà difficile’ trovare un ginecologo che consigli l’ aborto farmacologico, visto che la prospettiva sarebbe di occupare per tre giorni un letto», spiega Poretti. Fino ad ora, d’ altra parte, le regioni si sono regolate secondo protocolli difformi. Alcune, come Emilia Romagna e Piemonte, hanno optato per il day hospital, altre (Lombardia, Toscana, Veneto) hanno deliberato per il ricovero più lungo. Proprio per questo, annuncia ora l’ infaticabile Roccella, è in arrivo una commissione ministeriale per predisporre linee guida nazionali sulla Ru486 «proprio per arrivare ad una applicazione omogenea della 194 e delle indicazioni del Consiglio superiore della Sanità». A quest’ ultimo parere, il sottosegretario tiene particolarmente: afferma infatti che l’utilizzo della pillola abortiva avvenga in regime di ricovero «fino alla fine del trattamento». I tre giorni in ospedale di cui si diceva sopra, appunto».
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