Quella pillola non va giù

Rossella Anitori

NorlevoLa contraccezione del giorno dopo negata a Roma. Le ragazze dell’Onda individuano gli obiettori. Il farmaco distribuito senza ricetta un po’ ovunque, dal Cile all’Albania.

Giulia, Lara e Francesca, a Roma: è successo a tutte. Un incidente di percorso, il rischio di incorrere in una gravidanza e la necessità di dover prendere la "pillola del giorno dopo". In tutti e tre i casi c’è anche un altro elemento che ricorre: l’estrema difficoltà nel reperire il farmaco. La pillola in questione non è un rimedio abortivo ma un contraccettivo d’emergenza, eppure queste ragazze hanno vagato da un ospedale all’altro, passando per la guardia medica e qualche sventurato consultorio, per sentirsi ripetere le stesse parole: «Sono obiettore e non prescrivo questo tipo di farmaco». In Italia, la legge che regolamenta la materia non prevede però la facoltà di avvalersi in questi termini dell’obiezione di coscienza. «La 194 non riguarda i contraccettivi. Non ci si può rifiutare di prescrivere un anticoncezionale, non c’è motivazione cattolica che tenga- spiega Elisabetta Canitano, medico e presidente dell’associazione Vita di donna -.

Il servizio pubblico deve garantire i diritti degli utenti. Un medico non può rifiutarsi per principio di prescrivere un medicinale. L’ospedale deve farsi carico dei bisogni del paziente, se ciò non avviene la struttura è passibile di denuncia, per omissione di soccorso e interruzione di pubblico servizio». I più grandi ospedali pubblici della Capitale sono stati oggetto, la scorsa settimana, di un’inchiesta da parte delle studentesse e delle precarie dell’Onda, con l’obiettivo di disegnare una mappa dei luoghi in cui si esercita illegittimamente l’obiezione di coscienza. Questo evento ha inaugurato una campagna più ampia che forse verrà estesa a tutta l’Italia, un Paese in cui le donne affrontano ogni giorno il trauma di un servizio pubblico negato. Tanto più grave dal momento che riguarda un farmaco la cui efficacia dipende dalla tempestività con cui viene assunto. Il principio attivo della "pillola del giorno dopo", il levonorgestrel, diminuisce infatti le probabilità di rimanere incinta del 95 per cento se preso entro le prime 24 ore dopo il rapporto a rischio, ma il suo effetto cala sino ad annullarsi passati i tre giorni. Si capisce quindi come negare il farmaco e ostacolarne l’assunzione sia pericoloso.

Non in tutti i Paesi però si gioca col fuoco: negli Stati Uniti la pillola contraccettiva è venduta liberamente tra i medicinali da banco, si trova in farmacia e nei supermercati ed è possibile acquistarla senza prescrizione medica; in Francia viene distribuita gratuitamente nelle scuole senza l’obbligo di dichiarare la propria identità; nel Regno Unito e in Svizzera non c’è imperativo della ricetta e in Spagna dipende dalla regione. La pillola del giorno dopo è disponibile senza prescrizione medica anche in Sudafrica, Albania, Cile, Messico, Grecia, Svezia, Norvegia e ancora altri. Il Parlamento europeo ha raccomandato a tutti gli Stati membri di agevolare l’accesso alla contraccezione di emergenza e «se l’Italia fa ancora i capricci sostiene Elisabetta Canitano – è per via della resistenza intestina della Chiesa cattolica, che ha mosso non poche obiezioni all’utilizzo di questo farmaco». Se però la legislazione in materia è chiara e l’Organizzazione mondiale della sanità ha ribadito che non si tratta di un farmaco abortivo, come proteggere le giovani dagli illeciti nei consultori?

L’Associazione Luca Coscioni in collaborazione con l’organizzazione Vita di donna hanno dato vita dal giugno scorso a un’iniziativa di soccorso civile nei principali centri urbani, fornendo assistenza immediata a tutte quelle donne a cui è stata negata la prescrizione della pillola del giorno dopo. Ma non solo, l’associazione aiuta anche infatti a procedere legalmente nei confronti dei medici, delle strutture pubbliche e dei farmacisti che si rifiutano di dare il farmaco. Giulia, Lara e Valentina lo hanno fatto.