Claudio Giorlandino, ginecologo, è consigliere generale dell’Associazione Coscioni, presidente del Forum delle associazioni di genetica e riproduzione (ForAGeR) e della Soc. Italiana di Diagnosi Prenatale e Medicina Materno-Fetale (SIDIP).Autore di oltre 200 pubblicazioni di medicina materno fetale e della riproduzione, insegna presso le scuole di specializzazione in Ostetricia e Ginecologia di Ancona, Perugina, Chieti, Catania. Nel 2002 è stato nominato presidente del gruppo di studio sulla maternità presso il ministero delle pari opportunità. Il ragionamento che fa – non senza intuire quanto dirompenti possano essere le sue conclusioni – è sconcertante nella sua linearità. Prima della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita (PMA), ragiona Claudio Giorlandino, con tutti i criticatissimi limiti che impone ai medici, avevo delle percentuali di gravidanze per ogni ciclo di inseminazione in linea con il resto del mondo. Queste percentuali si sono abbassate drasticamente subito dopo l’approvazione della legge. Oggi, però, sono risalire misteriosamente e i numeri sono gli stessi del periodo antecedente la legge. E allora, o siamo di molto più bravi dei nostri colleghi stranieri, che non hanno li miti imposti da una legge, e per avere tre embrioni possono fecondare anche dodici ovociti, conservando quelli che non impiantano, oppure da noi la legge vietrasgredita. Difatti è impossibile che si riescano ad avere tre embrioni fecondando solo tre ovociti, considerato anche l’aumento che si sta registrando di gravidanze trigemine. I medici, dunque. trasgredirebbero la legge. Una sorta di “disobbedienza” non dichiarata. Questa è l’ipotesi che, numeri alla mano, sembra la più probabile. E se è difficile trovare qualcuno che lo ammetta – o lo denunci, come fa Giorlandino, che della legge chiede una modifica – ai congressi dei medici che si occupano fecondazione assistita non si parla d’altro. «Se prima della legge fertilizzavo tre ovociti, perché ne avevo solo tre di buona qualità, ipotizza Giorlandino, carta e penna alla mano, «avevo una percentuale di gravidanze del 3 e il 5 %. In linea con gli altri paesi». Come è noto, questa percentuale è legata soprattutto all’età della donna, variabile da cui dipende banche la percentuale di abotività dopo che l’embrione è stato impiantato. «Oggi però», continua il presidente del Forum delle Associazioni di genetica e Riproduzione, «ne posso fertilizzare solo tre, perché così impone la legge, e ottengo il 25 per cento di gravidanze. I dati non collimano». Ma il punto numero due porta a riflessioni ben più amare: «Se vengono fertilizzati, come io penso, più di tre ovociti», continua a ragionare Giorlandino, «e ottengo più di 3 embrioni, che fine fanno quelli che non impianto, considerato che la legge mi vieta di conservarli per cicli successivi?». Anche in questo caso ci sono due possibile risposte: o gli embrioni vengono congelati lo stesso e dunque conservati violando la legge o peggio ancora – ragiona il ginecologo – vengono buttati, nei lavandini dei laboratori, per evitare che qualcuno possa scoprirli e denunciare il medico che li ha conservati. Anche se è difficile che un carabiniere dei Nas possa scongelare – e dunque distruggere- il contenuto di intere provette per verificarne la rispondenza alla legge. Un’ipotesi, quella della distruzione degli embrioni «eticamente inaccettabile, che va ben al di là del sospetto di trasgressione della legge dell’intera categoria». Del resto, uno dei punti di polemica prima dell’approvazione della legge era proprio il problema degli embrioni congelati ”abbandonati”. Un falso problema, «poiché le donne che ricorrono alla Pma non abbandonano i loro embrioni», continua il ginecologo, «e infatti dei duecentomila embrioni congelati che alcuni ipotizzavano ci fossero, in realtà ne sono stati trovati un migliaio. Solo lo 0,2 per cento delle donne che ricorre a Fivet abbandona l’embrione, tutte le altre lo hanno richiesto per avere un secondo figlio», Ma perché bisogna congelare embrioni e non ovociti? «Perché i risultati con gli ovociti non ci sono», conclude Giorlandino, «la letteratura scientifica dice che la percentuale di gravidanze è praticamente zero: vorrei capire perché siamo gli unici al mondo a dire il contrario. Comunque, anche prima della legge molti gruppi in Italia, compreso il nostro, avevano deciso di abbandonare il congelamento degli embrioni per passare a quello dei preem-brioni, cioè di quel momento in cui c’è stata fecondazione ma i patrimoni genetici non si sono ancora fusi. Come i tedeschi, siamo convinti che quel processo dia risultati migliori. E in termini stretti, né la legge né le linee guida vietano il congelamento dei pre-embrioni. cioè di quella fase antecedente a quella che il Tar del Lazio nella pronuncia dello scorso anno definisce embrione. Nell’incertezza, pero, nessuno ritiene prudente congelarli.
Procreazione assistita, dati falsati
Salute
di Elvira Naselli