“Pillola, il no è fuorilegge”

di Falvai Amabile

Medici e farmacisti non possono essere obiettori di coscienza sulla pillola del giorno dopo. Il ministro della Salute Livia Turco preferisce non rilasciare dichiarazioni sull’odissea che le donne sono costrette a vivere per ottenere la pillola del giorno dopo durante i fine-settimana. «Non intendo commentare», spiega.

I medici, invece, i protagonisti di questa vicenda, chiariscono che al massimo esiste la «clausola di coscienza». Se dunque per avere la prescrizione della pillola durante i fine settimana la donna si reca al pronto soccorso e si trova davanti al rifiuto di chi si dichiara obiettore di coscienza ha almeno il diritto di ottenere un collega in grado di fornire nel più breve tempo possibile il farmaco. «L’obiezione – spiega il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici, Amedeo Bianco – addotta a giustificazione del rifiuto non esiste sotto il profilo giuridico in altre fattispecie all’infuori dell’aborto o di alcune tecniche di fecondazione assistita».

Che cosa può opporre il medico per spiegare il rifiuto? «Una clausola di coscienza che però non esaurisce i suoi doveri perché i medici devono garantire a tutti i cittadini un uguale accesso ai diritti. Dunque se i medici sono liberi di esprimere in autonomia e indipendenza un rifiuto a prestare una certa attività in scienza e coscienza, allo stesso tempo devono adoperarsi affinché il paziente che richiede quella prestazione possa averne la disponibilità entro i tempi appropriati».

La soluzione secondo il presidente della Fnomceo deve partire dalle direzioni sanitarie: «Dovrebbero fare in modo che certi incidenti non accadano mai, per esempio attivando una rete che garantisca durante tutte le 24 ore il servizio di medici non obiettori».

Ben diversa la posizione dei medici cattolici. Angelo Francesco Filardo, ginecologo obiettore, sottolinea quello che è scritto nella Carta degli Operatori Sanitari del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari: «È atto abortivo anche l’uso di farmaci o mezzi che impediscono l’impianto dell’embrione fecondato o che ne provocano il distacco precoce. Coopera con l’azione abortiva il medico che consapevolmente prescrive o applica tali farmaci o mezzi».

E i farmacisti? Possono rifiutarsi di vendere la pillola del giorno dopo? «Il farmacista non può essere obiettore per legge», spiega Franco Caprino, segretario nazionale di Federfarma. «Il farmacista ha l’obbligo di fornire il prodotto se c’è una ricetta». E allora può fingere di non averlo? «E’ vero che si tratta di un farmaco non molto venduto per cui può succedere che non sia in negozio in quel momento ma ci si attiva e lo si procura in poche ore». Altrimenti? «Altrimenti si può anche denunciare il farmacista», conclude Franco Caprino.

Favorevoli al ricorso alle vie legali anche i radicali. I medici obiettori «vanno denunciati alla Procura della Repubblica» sostiene Massimo Iervolino segretario dell’Associazione Radicali Roma. «L’obiezione di coscienza non è possibile: la pillola del giorno dopo non è un farmaco abortivo poiché agisce inibendo e ritardando l’ovulazione cioè prima della fecondazione».

Ma i cattolici la vedono in modo diverso. Vittorio Baldini, farmacista bolognese. «Il tempo che la carica spermatica impiega per il raggiungimento della sede di fecondazione, spinta dal movimento delle cellule ciliate e della contrazione muscolare liscia uterina generata dal coito, è di un’ora circa». E quindi quella della pillola del giorno dopo è «un’azione tutt’altro che farmaceutica: intercettare il concepito in gergo medico significa impedire il suo annidamento. Esito finale: la morte di un embrione umano in sede uterina (leggesi aborto)». O, come aggiunge Angelo Francesco Filardo: «Per un cattolico osservante l’uso della pillola del giorno dopo non è meno grave dell’aborto volontario fatto qualche settimana dopo, perché il Magistero della Chiesa insegna che "La vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura"».