P.s. Siete donne e avete idee in proposito? Inviatele un curriculum
Cara Livia…
Certo che le faccende private andrebbero messe da parte quando si fa un’intervista. Ma mentre ripasso mentalmente la scaletta di domande per il ministro della salute Livia Turco, non posso impedirmi di pensare che devo a lei (e alla sua legge 53 del 2000, sui congedi parentali) se sono stata vicino a mio figlio quando ne ho avuto bisogno. E se la collega della stanza accanto, alla terza gravidanza (un decorso liscio da far invidia) ha potuto restare in redazione fino all¹ultimo per godersi poi tutti di fila i 5 mesi di congedo obbligatorio col suo piccolo. E ancora, se il mio amico Marco è da due mesi in “paternità”. Quindi sì, meglio che lo dichiari subito che sono ben disposta verso questa piemontesissima ministro della provincia di Cuneo, che al rigore e all’ efficienza sabauda ha saputo coniugare passione e attenzione verso le donne, dalle quali è partita la sua esperienza politica (per anni è stata responsabile delle politiche femminili del PC, e poi dei DS). Cinquantuno anni, un compagno storico al suo fianco e un figlio di 14 anni, Enrico, tra i suoi primi atti della legislatura ha firmato un disegno di legge per migliorare l’assistenza al parto (epidurale per chi la desidera). Una partenza che fa ben sperare anche tutte quelle che madri ancora non sono (e che si trovano a fare i conti con la legge sulla riproduzione assistita più restrittiva d’Europa). Di queste prime misure,
e degli altri temi caldi per la salute femminile, abbiamo voluto sapere di più. Ecco la nostra telefonata-fiume.
Parto:perchè questa priorità?
È difficile che uno si dimentichi di se stessa, anche da Minostro. E devo dire che occuparmi del parto è stato un gesto molto naturale. Ciò che mi ha colpito in questi mesi in giro per l’Italia è il numero di nascite sempre più basso, abbinato all’incredibile aumento dei cesarei (il più alto d’Europa, soprattutto nel meridione). Così ho cominciato a riflettere sulla perdita della cultura femminile (che era quella dell’ascolto del proprio corpo, del rispetto dei ritmi naturali) e sulle carenze della sanità italiana: la mancanza di corsi di preparazione al parto soprattutto nel centro-sud, l’impossibilità di richiedere ovunque l’anestesia epidurale (offerta solo in alcuni dei nostri ospedali), l’estrema facilità con cui si ricorre al bisturi, la scarsità dei servizi di tutela della donna, dell’allattamento e del bambino nei primi mesi di vita. Un gran peccato, se penso a quanto sia importante vivere bene quei momenti. Io per esempio ho un ricordo bellissimo del mio parto, che è stato naturale ma senza ricorso all’epidurale. Mi sono venute le doglie proprio mentre stavo lavorando (paradosso: organizzavo il convegno “Nascere nel 2000”), avevo la valigia già pronta e mi sono precipitata in ospedale, qui a Roma. Sento di dovere moltissimo all’ostetrica che mi ha seguito, a quegli esercizi di respirazione che ho imparato nel corso preparatorio, e che mi hanno aiutato a sopportare meglio il dolore. Insomma, volevo fare qualcosa per riconciliare le donne con il parto e con la nascita. Ed ecco il disegno di legge.
Problema cesarei, il numero più alto in Europa:possibile cominciare a ridurli?
Anche qui è una questione di alternative e opportunità. Per prima cosa le partorienti devono imparare a dire no, a non lasciarsi convincere alla via chirurgica, se non ce n’è una motivata necessità. Che cosa appartiene di più alle donne, se non il parto? E questo è un dato in mano a noi tutte. Da parte mia mi adoprerò perché le nuove disposizioni contenute nel Disegno di legge che promuove il parto fisiologico e naturale (vedi il riquadro a fianco) siano approvate al più presto. Ma deve cambiare anche la mentalità dei medici: lo so che il parto cesareo, programmabile e sicuro, è il più facile da gestire nella routine ospedaliera. Ora però si esagera: in molti centri si supera addirittura la quota del 50%, ben lontano da quel 15-16% previsto dall’Organizzazione mondiale della sanità! Davvero troppi, bisogno fare un passo indietro.
Legge 40 sulla riproduzione assistita: se ne può riparlare?
Modifiche alla legge non sono previste nel programma dell’Unione. Quello che posso (e voglio) fare è un aggiornamento delle linee guida (come del resto recita l’articolo 7). In particolare stiamo valutando se le linee attuali non diano un’interpretazione troppo restrittiva della legge stessa. Per questo in autunno prenderà il via una commissione per riesaminare varie questioni: per esempio l’accesso delle coppie portatrici di malattie genetiche o infettive; la possibilità della diagnosi preimpianto; la qualità dei centri e i livelli di assistenza; l’aggiornamento delle tecniche in base all’evoluzione medico – scientifica (c’è anche la questione del numero ottimale di embrioni da impiantare). Non voglio allarmare nessuno: tutto ciò è possibile nel rispetto della legge attuale. E secondo me va proprio fatto.
Altro tema scottante, la RU 486:si potrà scegliere tra via chirurgica e farmaco?
La prima cosa da dire è che non è una medicina sperimentale: all’estero è stata ampiamente testata, ed è accertato che si tratta di una buona alternativa all’intervento chirurgico. Se da noi non è inserita nel prontuario farmaceutico nazionale è solo perché nessuna azienda ne ha fatto richiesta. Quindi se qualcuno lo farà (in nome delle norme europee sulla libera circolazione dei farmaci) come ministro non avrò alcuna ragione per oppormi alla registrazione. Ci vuole solo un clima di non ostilità, e quello mi sento di garantirlo. Ovvio, nel rispetto della legge 194, che dice che l’interruzione di gravidanza va fatta in ospedale. Ma, ci tengo a sottolinearlo, non obbliga né alla via chirurgica, né tantomeno ai tre giorni di ricovero: questo non sta scritto da nessuna parte! È il medico che, ascoltate le preferenze della donna e verificate le sue condizioni di salute, deve decidere (secondo scienza e coscienza) qual è la via migliore, se il bisturi oppure i farmaci. Chi sostiene che la pillola abortiva banalizza l’aborto non dice la verità. E poi la prevenzione va fatta prima. E altrove. Per esempio nei consultori.
A proposito di consultori familiari? Ci sono nuovi progetti?
Si, intendo rilanciarli, ci tengo moltissimo, in questi anni hanno fatto davvero un buon lavoro. Aggiornare il progetto materno – infantile, proposto a suo tempo da Rosi Bindi, significa prima di tutto potenziare i consultori, arricchirli di professionalità, fare in modo che siano sempre di più un punto di riferimento per gli adolescenti alle prime esperienze, le giovani coppie, le madri prima e dopo il parto, le donne immigrate (quelle che oggi in Italia abortiscono di più: in tutte le altre fasce di popolazione l’aborto è in calo costante). È qui che va affrontata la prevenzione dell’interruzione della gravidanza, attraverso l’educazione all’uso dei contraccettivi, a una migliore conoscenza del corpo. E poi c’è il grande tema del sostegno alla genitorialità.
Le liste d’attesa per gli esami, punto sensibile del sistema sanitario nazionale…
C’è stata una buona iniziativa del Governo precedente, con un accordo Stato-Regioni che prevede una lista di malattie importanti, stabilisce le priorità e quindi le urgenze. In base alle nuove regole, il cittadino ha diritto a rivolgersi a una struttura privata accreditata o a un rimborso per la mancata prestazione se queste urgenze non sono state rispettate. Voglio verificare che le regioni abbiano recepito tutto ciò, e far conoscere ai cittadini questi diritti con una campagna d’informazione. Ricordando però anche i loro doveri. Mi hanno spiacevolmente colpito le molte visite d’urgenza prenotate e poi disertate, così come gli esami diagnostici eseguiti e mai più ritirati. Un danno agli altri cittadini: ci vorrebbe un ticket per la negligenza!
Casa della salute: può dirci qualcosa di più?
L’idea è quella di portare la medicina più vicina ai cittadini, ai luoghi in cui vivono. Oggi in caso di necessità il primo riferimento è l’ospedale. Ecco, vorrei che gli italiani avessero un posto a cui rivolgersi al di fuori dell’emergenza per gli interventi di prevenzione, le visite di controllo, gli esami di routine, la salute mentale. I vari pezzi della “medicina del territorio” oggi sono dispersi: guardia medica, consultori, dipartimenti di salute mentale, distretto socio-sanitario, centri pediatrici… Possibile che tutto ciò non si possa riunire in un luogo comodo e fruibile, aperto anche per 12 ore 7 giorni su 7 (sollevando così pronto-soccorso e ospedali da inutili code e richieste inappropriate)? Al termine del mio mandato vorrei essere giudicata per questa realizzazione, oltre che per il miglioramento della rete degli ospedali. Altra ambizione: valorizzare le professionalità femminili nella sanità. È incredibile quante poche donne ci siano nei ruoli chiave, nonostante la loro grande competenza e professionalità: si accettano curriculum!
Ma Lei riesce a occuparsi del suo benessere?
Beh, vivere sempre di corsa non aiuta. Ma cerco di impormi qualche piccolo atto di disciplina e di prevenzione, cose tipo gli spuntini a base di frutta e verdura (soprattutto se salto il pranzo, come oggi), molta acqua. E poi, quando posso, vengo in ufficio a piedi: anche questa mattina sono uscita alle 7.30 e ce l’ho fatta. La mia giornata comincia intorno alle 8,30 e spesso finisce oltre le 9 di sera con incontri e cene di lavoro (aiuto, anche questa sera ne ho una!). Ma ciò che conta è riuscire a ritagliarmi almeno un’oretta per stare con mio figlio Enrico: ora è “grande”, ma attraversa un’età in cui ha bisogno di sentire la mamma vicino. Per fortuna oggi ci sono anche gli sms: me li ha fatti scoprire lui, e anche nelle giornate più convulse riusciamo a stabilire un contatto. Quando ricevo un suo messaggio sono la persona più felice del mondo. Anzi, ora che abbiamo finito gli rispondo: me ne è appena arrivato uno…
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(Non) partorirai con dolore
Il nuovo disegno di legge
Premessa siamo l’ultimo Paese Europeo in fatto di nascite (circa 569 mila nel 2005, mentre nel 1960 erano circa un milione) e il primo quanto ai cesarei. Possibile migliorare la situazione, e riconciliare le italiane e maternità? E’ l’obiettivo (ambizioso) del nuovo disegno di legge sulla “Tutela dei diritti della partoriente, la promozione del parto fisiologico e la salvaguardia della salute del neonato”, approvato dal Consiglio dei Ministri del 14 luglio scorso, su proposta del Ministro della salute. Tra i punti essenziali:
• favorire il parto fisiologico
• limitare il ricorso al cesareo
• promuovere il parto senza dolore inserendo l’anestesia epidurale tra i “livelli essenziali di assistenza”
• attivare il trasporto del neonato in emergenza con il 118
• promuovere l’allattamento al seno e prevenire la depressione post- partum
• favorire l’accesso ai servizi di tutela materno infantile (anche tra le donne immigrate)
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Bimbi in provetta: ora si contano
Finalmente il registro
Quanti sono i figli della Procreazione medicalmente assistita (Pma)? Quanto sono cambiati i risultati dopo l’applicazione della legge 40, in vigore ormai da due anni? Quali differenze rispetto agli altri paesi europei? Sino a oggi non era dato sapere. Ma dal marzo 2006 presso l’Istituto Superiore di Sanità funziona il Registro italiano della Pma.
Il suo scopo: registrare i centri italiani autorizzati, raccogliere i loro risultati e i dati sulla sicurezza e l’efficacia delle varie tecniche. Un’occasione di trasparenza in più. Ma il primo rapporto, consultabile sul sito dell’Istituto superiore di Sanità (www.iss.it/site/registropma) non sarà pronto prima di due anni. Intanto, secondo una stima preliminare, nel 2004 sono nati più di 5400 bambini grazie alla provetta. «Ma molti di loro sono stati concepiti prima dell’entrata in vigore della legge», avverte l’avvocato Filomena Gallo, presidente dell’associazione Amica Cicogna. «Per avere dati più realistici (che secondo i nostri iscritti stanno peggiorando), bisognerà attendere il 2007».