Caro direttore,
chi ha più di 50 anni non ha mai avuto, durante la propria giovinezza, un amico o un parente in stato vegetativo. È una condizione che fino a trent`anni fa non esisteva. Prima, infatti, si moriva e basta. Noi medici, invece, abbiamo imparato a rianimare i morti, e sempre più spesso li riportiamo in quella vita senz`anima che chiamiamo stato vegetativo. I morti non si dovrebbero rianimare. Se sono morti bisognerebbe lasciarli morire in pace. II vero accanimento terapeutico avviene lì, solo in quel momento, all`arrivo in pronto soccorso del paziente acuto, in stato d`incoscienza o di coma, dove fa di tutto per rianimarlo, senza risparmio di tecniche e di terapie, e tutto si fa in fretta, senza chiedere permessi o pareri a parenti che non ci sono quasi mai. La maggior parte delle volte infatti si tratta di incidenti stradali notturni, con traumi violenti, che spesso coinvolgono giovani estratti dalle lamiere senza documenti e genitori al seguito e gli specialisti di guardia negli ospedali eseguono egregiamente il loro lavoro, strappandoli per prima cosa alla morte imminente.
In quei momenti nessun medico al mondo sa o intuisce o capisce se può esserci uno stato vegetativo in agguato. E nessuna macchina diagnostica può stabilirlo o suggerirlo. Lo stato vegetativo è una condizione funzionale del cervello, che insorge quando l`organo è stato per troppo e lungo tempo in sofferenza, in carenza di ossigeno, a causa dell`evento traumatico che lo ha determinato, ma diventa riconoscibile solo quando si esaurisce il coma, che, sovrapponendosi, lo aveva mascherato. Su cento pazienti rianimati, uno o due non riprendono coscienza. Sono quelli già clinicamente morti o ripescati sul filo della morte e che vengono riportati in vita. Sono persone che restano vive per anni con una grave disabilità neurologica, potenzialmente reversibile, e caratterizzata dall`assenza di comportamenti associati alle attività di coscienza. Di fatto sono pazienti incoscienti, ma clinicamente vivi, esenti da altre patologie, e, se giovani, con una lunga aspettativa di vita, senz`anima certo, ma con un elettroencefalogramma che mostra sempre segni di attività elettrica. Paradossalmente lo stato vegetativo è una condizione artificiale forzata, creata da noi medici su persone rianimate, ma nel momento in cui comprendiamo che questi sfortunati sono scivolati nell`incoscienza più profonda, cosa dovremmo fare, sopprimerli? Allora sarebbe meglio non rianimarli per niente.
E l`unico modo per prevenire lo stato vegetativo persistente e per evitare qualunque forma di eutanasia mascherata. Nessun testo di legge potrà imporre al medico l`interruzione artificiale dello stato vegetativo, ridurlo a semplice esecutore della volontà del paziente e del suo legislatore contro le sue convinzioni etiche, mediche, scientifiche, deontologiche. Come nessuna legge potrà ignorare la libertà di ciascuno di noi di disporre del proprio corpo e della propria vita e violare il rispetto della persona umana. E la tutela della vita, considerata un bene indisponibile e garantita dalla nostra Costituzione, non può essere affidata interamente a forme di accanimento terapeutico e legislativo, che mai saranno in grado di decidere caso per caso e quello che è meglio per ognuno di noi in quell`ultimo momento. Forse, come ha detto più volte Umberto Veronesi, «meglio nessuna legge» piuttosto che una cattiva legge o un testo che si prepara ad accendere un clima da stadio e di regolamenti di conti, che nulla hanno a che fare con il fine vita e con la vita i tutti noi.
© 2011 Associazione Luca Coscioni. Tutti i diritti riservati