MUSCOLI DI RICAMBIO (L'Espresso)

<i>Cellule staminali. Biotecnologie. Fattori di crescita. Per curare i traumi più gravi. E tornare campioni </I>

<b>16 Febbraio 2003</b> – Muscoli tirati allo stremo. Cartilagini sottoposte a ogni genere di stress. Microtraumi e lesioni continue. Il corpo di un atleta è un sistema fisiologico spinto al massimo delle sue possibilità e martoriato da una serie infinita di stress. In sintesi: è un sistema in bilico, perennemente sull'orlo di una crisi. Che, puntualmente si ripete. E che spesso è irreparabile. I calciatori sono, in Italia, le superstar di questa ecatombe annunciata e continuata. Ma la stessa sorte la subiscono campioni di ogni specialità: sulla neve l'anno scorso è toccata a Isolde Kostner ed Elisabetta Biavaschi; da prima pagina è stato l'infortunio della tennista Martina Hingis; ed è ancora vivo il ricordo dell'incidente che ha mandato in pensione Yuri Chechi. Così, il collasso di un sistema perfetto, ma fragilissimo, quale è il corpo di un atleta, spezza sogni di gloria e business miliardari. Troppo ricchi per non stimolare la ricerca di soluzioni avanzatissime, capaci di mandare in campo, in pista, in pedana un atleta nel più breve tempo possibile.

Nei laboratori dei medici dello sport ci sono tessuti artificiali, cellule staminali e biotecnologie avanzatissime. Il futuro della ricostruzione dei legamenti, ad esempio, passa attraverso lo sviluppo di una "impalcatura" artificiale su cui in laboratorio vengono coltivate cellule della sottomucosa intestinale di maiale, un tessuto che presenta una buona quantità di collagene e non provoca reazioni di rigetto. A farne il proprio cavallo di battaglia è stata la DePuy, l'azienda produttrice di un impianto formato da dieci strati di sottomucosa e da collagene di tipo I, che vanta già 10 mila utilizzazioni. Usa questo materiale anche il Centro di ricerca muscoloscheletrico di Pittsburgh. Qui il tessuto suino è stato utilizzato per riparare la rottura del legamento collaterale mediale, uno degli infortuni più frequenti fra gli sportivi. La sperimentazione sull'uomo è appena iniziata, ma i risultati su animale hanno rivelato che già dopo 12 settimane il tessuto legamentoso è forte e di buona qualità.

Ancora in vitro è lo studio del legamento bioattivo, un tessuto sintetico a cui sono state iniettate cellule provenienti dal tessuto umano che si deve sostituire. Un gioiello di medicina ricostruttiva sportiva che porta la firma di ricercatori italiani, svedesi e francesi. Giuliano Cerulli, direttore della Clinica di ortopedia e traumatologia dell'Università di Perugia, è il partner italiano di questo progetto che promette di riparare il ginocchio dimezzando i tempi di recupero: da tre, quattro mesi a 45-60 giorni.

La ricostruzione del crociato anteriore è materia di frontiera. Greg Altman, ricercatore alla Tufts University di Dallas ed ex giocatore di football americano costretto ad abbandonare l'attività per un infortunio, è riuscito a ricostruirlo utilizzando cellule staminali prelevate dal midollo osseo. Ha brevettato poi la tecnica utilizzata e fondato un'azienda, la Tissue Regeneration Inc. Sulla scia di Altman si muovono i laboratori che lavorano alla ricostruzione della cartilagine a partire dalle cellule staminali: al Dipartimento di ingegneria biomedica della John Hopkins University, per esempio, Jennifer Elisseeff studia in vitro la crescita di cellule staminali adulte di capra, facendone una sostanza gelatinosa sensibile alla luce che, una volta iniettata nell'animale infortunato e irradiata con un laser o raggi ultravioletti, si solidificherebbe fino a formare l'impalcatura su cui poi le cellule si riprodurrebbero all'interno dell'articolazione. Per gli esperimenti in vivo, però, bisognerà aspettare l'anno prossimo.

La rigenerazione della cartilagine ialina, quella che si danneggia in caso di traumi, è possibile grazie all'innesto di porzioni di cartilagine dello stesso infortunato prelevate da altre zone del ginocchio, o grazie ai condrociti, cellule che compongono la cartilagine. «Riusciamo così a sostituire i difetti traumatici della cartilagine, ma per la ripresa ci vogliono almeno dai sei ai dodici mesi», commenta Maurilio Marcacci, universitario convenzionato nell'attività assistenziale degli Istituti ortopedici Rizzoli, l'uomo che ha rimandato in campo Roberto Baggio dopo la rottura del legamento crociato anteriore con un trapianto messo a punto da lui e che consiste nell'utilizzo di due tendini, il gracile e il semitendinoso, che raddoppiati garantiscono una maggiore forza, sono più facili da prelevare e hanno caratteristiche biomeccaniche più simili al legamento infortunato

A investire in questo settore negli Stati Uniti è stata la Genzyme Biosurgery che ha brevettato un processo di riproduzione cellulare: per le lesioni cartilaginee superiori ai due centimetri quadri i chirurghi mandano nei laboratori dell'azienda le cellule prelevate dal paziente che, opportunamente trattate, sono poi pronte per il reimpianto. Una delle chiavi per una corretta e rapida ricrescita è il collagene prodotto naturalmente dall'organismo, in particolare i diversi tipi di questa proteina che si trova in tendini, cartilagini, pelle e ossa. Savio Woo, il direttore del Centro di ricerca muscoloscheletriche di Pittsburgh che ha scoperto il nesso fra i livelli di questa sostanza e l'elasticità dei tessuti, spiega che dopo un infortunio i livelli di collagene di tipo V rimangono elevati anche per un anno, mentre quelli di tipo III non tornano mai ai livelli pre-trauma. Proprio quest'ultima proteina è coinvolta nei processi di cicatrizzazione, mentre la prima frammenta le fibre muscolari. Con l'ingegneria genetica Woo vuole bloccare la produzione di collagene di tipo V.

Nella stessa direzione vanno anche gli sforzi di Johnny Huard dell'Università di Pittsburgh. Il suo gruppo di ricerca è riuscito a riparare un tessuto lesionato e a bloccare il fattore di crescita beta coinvolto nello sviluppo della fibrosi. Il risultato, anche se ottenuto su topo, è un gioiello di biotecnologia: i ricercatori hanno estratto delle cellule muscolari sane dagli animali, le hanno modificate geneticamente e quindi le hanno iniettate nuovamente nei tessuti.

Da tempo i fattori di crescita sono stati individuati come elementi chiave nella riparazione dei tessuti: queste piccole proteine stimolano la proliferazione cellulare, la loro migrazione e differenziazione. Se la ricerca genetica ha consegnato nelle mani degli scienziati gran parte dei geni responsabili della produzione di queste proteine, alla loro sintesi in laboratorio non corrisponde un'altrettanto semplice applicazione pratica. La vita media in vitro di queste cellule è piuttosto breve.

Cosa succede, invece, se un atleta si rompe un osso? «Si riescono ormai a sostituire grossi segmenti ossei», spiega Marcacci. Si aspirano le cellule staminali dal midollo osseo e si fanno crescere in laboratorio su supporti cilindrici di ceramica molto porosa che vengono quindi inseriti chirurgicamente. Dopo circa cinque mesi l'impianto si è consolidato, mentre con il tempo i cilindri iniziano a presentare fissurazioni e rotture, che indicano il riassorbimento della ceramica e la formazione di tessuto osseo. Infine il menisco. Quando si lesiona, gli sportivi professionisti tendono a ignorare, finché possibile, il problema: «I tempi di recupero di ricucitura della lesione sono troppo lunghi per loro, preferiscono l'asportazione anche se ciò può determinare, nel tempo, un'artrosi», afferma Roberto D'Anchise, responsabile dell'Unità di artroscopia e chirurgia del ginocchio del Galeazzi di Milano. E aggiunge che ora esistono delle tecniche di ricostruzione del menisco che utilizzano impalcature di materiale biologico che, inserite nel residuo meniscale, fanno da supporto per la ricrescita cellulare.

<i> di Letizia Gabaglio</i>