MA È UN SUCCESSO MONDANO (La Stampa)

<b>13 Marzo 2003</b> – La rivincita della religione è più apparente che reale perché, per inseguire i bisogni del suo «popolo», che si comporta come «pubblico», ammutolisce sui grandi temi teologici – dal concetto di creazione a quello della salvezza. Si adatta a benevolo consulente di una morale per lo più privatizzata (a sua volta ridotta a quella sessuale). E, da ultimo, tramite un pacifismo fondamentalista rischia di offrire copertura alle pulsioni più contraddittorie. Il risultato è la paralisi della politica. Solo pochi cattolici, di cultura liberale, percepiscono la gravità del momento. E si guardano bene dal cantare vittoria per la lenta estinzione del pensiero laico – come ricorda Luigi La Spina. In realtà in Italia succede qualcosa di singolare perché non si può dire che si stiano smontando le istituzioni dello Stato laico come tale. Stiamo assistendo ad una paradossale tardiva versione del principio liberale classico della «libera Chiesa in libero Stato». Nel senso che la Chiesa (qui intesa come apparato istituzionale) si comporta come agenzia di rappresentanza di milioni di cittadini nel «libero mercato» delle idee e delle opinioni tramite azioni mediatiche, pressioni legislative, lobbying. E' una specie di secolarizzazione dell'istituzione religiosa. Dalla constatazione di questi fatti deve partire un soprassalto della cultura laica. Per cominciare, deve riconoscere che la «laicità della democrazia» si esprime, al di là del sistema delle garanzie istituzionali acquisite, nel vivo del processo comunicativo tra i cittadini – in tutte le sue forme. E' lo spazio pubblico dove credenti e non credenti fanno valere i loro argomenti, con tutti gli strumenti a diposizione – purché alla fine si attengano a procedure consensuali di decisione, senza imporre in modo autoritativo le proprie «verità di fede» o i propri convincimenti. Questa è laicità della politica, nel senso che i cittadini si attengono al criterio della reciproca persuasione e della leale osservanza delle procedure, senza riferimenti che trascendono il processo comunicativo in atto.

Ma questo vale, deve valere anche per i credenti. E' un punto essenziale. Vuol dire che nel dibattito pubblico contano solo le buone ragioni difendibili con argomenti razionali, «umani». Non è vero quindi che «se Dio non esiste (o non è nominato), tutto è lecito». L'etica pubblica laica è l'esatto opposto di questa affermazione che viene usata spesso in tono diffamatorio. Il punto di forza, non di debolezza del principio laico sta proprio nell'argomentare «come se Dio non ci fosse». Questo principio laico deve presiedere alla logica stessa democrazia. Detto questo, riaffermato il quadro dei principi, i laici devono lavorare più intensamente e sistematicamente su alcuni contenuti cruciali in gioco nella comunicazione democratica odierna.

Sulle problematiche che oggi sono decisive per il riaprirsi delle tensioni tra laici e cattolici. Mi riferisco ad esempio ai temi della bioetica e/o dell'etica familiare (in tutte le sue accezioni) che portano con sé gli interrogativi più sensibili per l'etica pubblica e le norme che la guidano. La riflessione sul corpo, sulla vita, sul bios. Questa sfida, intellettuale ed etica, investe anche il tema della scienza e delle tecnologie e il loro rapporto (la loro immagine) con l'opinione pubblica, con il discorso pubblico, con la democrazia. Su questa problematica della scienza la cultura laica oggi non può più vivere di rendita dei suoi maestri che reagivano ad una congiuntura culturale molto diversa. La nuova congiuntura crea, tra l'altro, quel corto-circuito tra naturismo ecologistico, liberismo sessuale e nuove religiosità che la Chiesa sta affannosamente inseguendo nel mondo giovanile. Assume talvolta posizioni teologiche che rischiano una regressione biologistica, una sorta di biologismo religioso che si nasconde dietro i discorsi sulla «sacralità della vita».

La cultura laica deve essere ferma nel denunciare queste regressioni. Per argomentare laicamente in modo convincente sulla «dignità umana» dei vari stadi del processo biologico umano occorre mettere a fuoco temi assenti nel pensiero laico tradizionale, che, dichiarandosi incompetente sulle «cose ultime», non articola in modo convincente un discorso sull´uomo, la natura, la vita e la morte. Ci sono già gruppi consistenti di studiosi che lavorano intensamente in questa direzione. Ma rimane l'interrogativo di come riportare queste riflessioni, spesso complesse, in un nuovo discorso pubblico – coraggioso e rispettoso delle differenze. Come ricostruire una «cultura» laica, tenendo conto che per definizione essa non può avere la compattezza di un apparato di certezze, da contrapporre ad altri apparati. E che occorre legiferare senza attendersi che i cittadini (credenti e non credenti) abbiano idee condivise. Riconoscendo anzi la legittimità di visioni etiche contrastanti. La politica stabilisce le regole tenendo conto dell'inconciliabiltà delle visioni di vita e dei differenti stili morali di vita. Anche questo è un punto di vista democratico squisitamente laico, che spiazza quei credenti che si ritengono politicamente menomati se e quando non riescono a imporre la loro «verità». La conclusione di queste osservazioni è semplice. Se guardiamo oltre le apparenze, al di là del successo mondano della religione-di-chiesa, il pensiero laico ha tutti gli strumenti per affrontare la nuova sfida intellettuale e politica. Se riuscirà, farà bene a tutta la democrazia, a tutti i cittadini, credenti e non credenti (o diversamenre credenti).

<i>di Gian Enrico Rusconi</i>