[inline:1] ROMA—È dedicata alle donne la prima iniziativa di Livia Turco. Rendere accessibile il parto senza dolore, con analgesia epidurale, metodica che attualmente è ristretta al 12% degli ospedali italiani e riguarda la minoranza delle nascite spontanee.
«Inseriremo questa prestazione nei Lea, i livelli essenziali di assistenza. Sono dalla parte dei cittadini che devono trovarsi al centro del sistema e so che la tecnica interessa una piccola percentuale di partorienti anche se la richiesta è molto sostenuta», ha fissato il primo obiettivo il nuovo ministro della Salute.
Occasione per l’annuncio, l’inaugurazione del reparto di puerperio del Policlinico Umberto I, 24 letti in più per il ricovero di mamme che rischiavano per mancanza di posti di restare in sala parto o in corridoio dopo aver avuto il bambino («era la Palestina», descrive la situazione ormai insostenibile il capo del dipartimento di ginecologia, Pierluigi Benedetti Panici). L’epidurale fino ad oggi non rientra nell’elenco delle prestazioni gratuite che devono essere garantite per legge in tutti i centri maternità pubblici. Ciò non toglie però che autonomamente le Regioni o le singole aziende sanitarie scelgano di rimborsarla.
MACCHIA DI LEOPARDO
— Il risultato è una profonda difformità di trattamento. Secondo Danilo Celleno, presidente del Ciao, il club italiano degli anestesisti ostetrici, solo il 25-30% delle richieste vengono soddisfatte. Il 4% nei centri pubblici, il 6% in regime di intramoenia (in ospedale ma a pagamento) e il 18% nel privato. Siamo al di sotto della soglia indicata dalla letteratura internazionale. Lontani anni luce dagli Usa dove vengono utilizzati sistemi che permettono alla paziente di dosare autonomamente l’intensità dell’anestesia. La difficoltà con cui gli ospedali rispondono alla domanda dipende dall’indisponibilità di anestesisti cosiddetti «dedicati », cioè assegnati esclusivamente a quel servizio 24 ore su 24, formati per praticare la piccola puntura sul fondo schiena e inoculare l’analgesico che annulla il dolore lasciando però intatte tutte le funzioni, compresa la motricità.
Un privilegio con un costo che non tutti i direttori generali di aziende sanitarie sono in grado, o vogliono, sostenere. La Turco viene da un’esperienza di maternità felice: «Ho partorito naturalmente, a Roma, la mia fortuna è stato un corso di ginnastica preparatoria che ha fatto di quell’evento un ricordo meraviglioso. Ritengo assurdo che al giorno d’oggi la nascita di un bambino debba essere accompagnata dal dolore».
Precisa però che non sarà un’iniziativa isolata ma inquadrata in un progetto più generale di tutela della maternità dove alla donna venga «garantito il diritto di nascite sicure, di essere avviata all’allattamento al seno e di non subire l’imposizione del taglio cesareo». L’inserimento dell’epidurale nei Lea verrà pattuito in tempi brevi con le Regioni.
REAZIONI — L’annuncio non suscita reazioni negative. Salvatore Mancuso, direttore dipartimento ginecologia del policlinico Gemelli, trova che sia una buona iniziativa: «L’epidurale funziona bene, non interferisce con la durata del travaglio, assicura esiti ottimi». Nino Di Virgilio, ex presidente dei medici cattolici, deputato di FI, non può che essere d’accordo: «È scientificamente dimostrato che è uno strumento sicuro e efficace».
Anita Regalia, responsabile della sala parto della clinica di Monza, dove l’umanizzazione delle nascite è interesse primario, accoglie con favore l’iniziativa del ministro purché «venga accompagnata da un piano di potenziamento dell’ostetricia italiana che ha uno standard inferiore a quelli europei».