L’animalismo blocca la ricerca

Il Sole 24 Ore Domenica
Gilberto Corbellini, Elisabetta Dejana

E’ inutile che il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio vadano in giro per il mondo o parlino con le élite politiche ed economiche internazionali per rassicurare sull’affidabilità del sistema dell’Italia. Perché all’estero si legge e ci si documenta più che in Italia, e si sa che i parlamentari italiani hanno votato una legge sulla sperimentazione animale che taglia fuori la nostra ricerca biomedica dalla competizione internazionale. Ergo, chi ascolta i nostri rappresentanti e governanti non li può prendere più sul serio. E fa due più due: con la nuova legge sulla sperimentazione animale si è fatto un favore ai gruppi di ricerca e alle imprese straniere, penalizzando e quindi tradendo gli interessi del Paese. Perché gli scienziati italiani sono temibili competitori, dato che nonostante le penalizzazioni finanziarie e legislative piazzano regolarmente lavori, basati sulla sperimentazione animale, su «Nature», «Science», «Celi» eccetera.

E, comunque, non è vero che siamo un Paese affidabile. Perché invece di recepire la direttiva europea sulla sperimentazione animale così come era stata approvata per tutelare sia il benessere animale sia la competitività internazionale dei nostri laboratori, oggi abbiamo una legge che impedisce di fare ricerche indispensabili per contribuire alla crescita delle conoscenze scientifiche e trovare nuove cure e prevenzioni di gravi malattie. È tragico e incomprensibile che il mondo politico abbia creduto alle menzogne che poche persone esaltate, e in alcuni casi violente, hanno sistematicamente divulgato con l’aiuto dei mezzi di informazione. Vediamone qualcuna. Si è fatto credere che l’uso degli animali sia inutile perché le informazioni raccolte sull’animale non sarebbero valide per l’uomo, oppure perché esisterebbero procedure alternative.

Falso. Praticamente tutti i trattamenti in grado di curare o di lenire le principali malattie dell’uomo come i tumori, le malattie cardiovascolari, infettive o genetiche derivano dalla ricerca sugli animali. E nessuno di noi, inclusi gli animalisti che usano vere medicine, somministrerebbe al proprio figlio o a se stesso farmaci o trattamenti la cui efficacia non sia stata prima provata sugli animali. Quando in passato non è stato fatto, sono accadute tragedie come le migliaia di casi di bambini focomelici per gli effetti della talidomide. Per inciso, gli stessi animali che sono curati dai veterinari godono di trattamenti efficaci in quanto sono stati messi a punto sperimentalmente. E le tecniche alternative? Si usano già estesamente. Per esempio, la ricerca in oncologia si serve di lieviti, cellule in cultura, strumenti biochimici e bioinformatici.

Basta documentarsi per capire come sia nell’interesse di tutti, quando possibile, usare mezzi alternativi. Anche solo per i costi. Ma è non meno elementare il concetto che non si può riprodurre artificialmente, in vitro o in silico e allo scopo di controllare le variabili implicate, il processo complesso della proliferazione tumorale o delle metastasi. Come non si potrebbe riprodurre in una coltura cellulare un infarto del miocardio. O un diabete, un Parkinson eccetera. Sono malattie d’organo a cui concorrono diverse cellule e processi biochimici che si possono studiare solo in un animale. Vogliono gli animalisti studiarle nell’uomo? Lo dicano. Se ne può anche discutere. O, piuttosto, non gli importa niente dei malati e delle sofferenze umane? Anche alcuni medici e scienziati si sono espressi contro la sperimentazione animale e si ostinano, come chi è contro la scienza generale, a usare la parola “vivisezione”.

Gli scienziati non fanno vivisezione. La vivisezione si praticava fino a circa mezzo secolo fa. Oggi non esiste più. Meglio, esiste solo nei Paesi incivili e dove la ricerca non è libera. Sono stati inglesi e statunitensi, che peraltro fanno la miglior ricerca biomedica, a istruire una regolamentazione severa a tutela degli animali, che è stata infine adottata anche a livello europeo, e che prevede per esempio che negli interventi che richiedono chirurgia, gli animali vengano trattati sempre e solo sotto anestesia. Ed è una bugia sostenere che si usano normalmente cani, gatti o primati. Il 98% degli animali usati nella ricerca sono roditori, insetti, pesci e rane. L’uso dei primati è molto ridotto, limitato ai casi come la ricerca sull’Aids, in cui il virus infetta solo l’uomo e le scimmie. È disonesta e terroristica propaganda mostrare a scopi pubblicitari foto di cani o gatti o scimmie sotto chirurgia che magari risalgono ai primi del novecento solo per muovere a compassione. Gli emendamenti alla direttiva europea, votati a maggioranza dai parlamentari italiani, sono insensati.

Per esempio si vietano «gli esperimenti e le procedure che non prevedono anestesia o analgesia, qualora esse comportino dolore all’animale, a eccezione dei casi di sperimentazione di anestetici o di analgesici». Si tratta di una modifica ambigua e contraddittoria, che avrà come conseguenza di dover anestetizzare l’animale per un prelievo di sangue: procedura che non prevediamo per noi stessi, inclusi i bambini. Poi si «vieta l’utilizzo di animali per gli xenotrapianti e per le ricerche su sostanze d’abuso, negli ambiti sperimentali e di esercitazioni didattiche a eccezione della formazione universitaria in medicina veterinaria e dell’alta formazione dei medici e dei veterinari».

A parte l’assurdità di consentire l’uso didattico degli animali per curare gli stessi animali ma non l’uomo, vietare gli xenotrapianti (ossia il trapianto di organi o cellule da una specie all’altra) è grave e avrà conseguenze tragiche perla ricerca e per la possibilità di migliorare molte patologie umane. Infatti, sarà impossibile sviluppare in Italia i trattamenti antitumorali personalizzati – cioè la medicina del futuro – o animali transgenici per disporre di più sicure valvole cardiache e cellule per la produzione di insulina che si possono ottenere da maiali e bovini. Nessuno dei parlamentari ha pensato che avrebbe potuto trovarsi tra i 700mila pazienti che vivono con valvole cardiache di origine suina (300mila) o bovina (400mila).

Inoltre sarà cancellata la ricerca con cellule staminali che sulla base di prove visibili, verificabili e riproducibili – invece che di movimenti di piazza e inganni come nel caso Stamina – ha già curato le lesioni alla cornea e alcune malattie della pelle e, speriamo, un domani possa aiutare a recuperare il tessuto cardiaco dopo infarto o le malattie nervose degenerative come il Parkinson o muscolari come la distrofia di Duchenne. Alla luce di questi emendamenti numerosi gruppi di ricerca che godono di finanziamenti europei sulla base di una ferrea competizione per le idee e le progettualità migliori dovranno probabilmente restituire i soldi perché non potranno fare gli esperimenti previsti nel progetto che è stato finanziato.

Quanti altri giovani lasceranno l’Italia e quanti non torneranno? E tra le conseguenze degli emendamenti ci saranno anche le sanzioni da parte dell’Unione europea, che esplicitamente vieta di adottare norme più restrittive dopo il 9 novembre 2010. Ma la legge che in Italia snatura la direttiva europea sulla sperimentazione animale va comunque prima di tutto a danneggiare milioni di malati esistenti e futuri. Mentre non stupisce che fanatici animalisti siano contro la sperimentazione animale, lascia esterrefatti che il mondo politico si assuma la gravissima responsabilità di minare la qualità della vita futura per chi sfortunatamente dovrà continuare a vivere in questo Paese.