ROMA – Cellule adulte di pelle umana "riprogrammate" inserendo nel Dna pochissimi geni che, come per incanto, tornano "bambine". Senza ricorrere alla donazione e senza distruggere embrioni. La sperimentazione è stata conclusa da due équipe di ricercatori, uno statunitense e l`altro giapponese, che hanno lavorato in modo indipendente ed impiegato tecniche diverse anche se simili. I risultati sono stati pubblicati rispettivamente sulle edizioni online di "Science" e "Cell". Per comprendere la portata dei risultati delle ricerche basta registrare la presa di posizione del presidente degli Stati Uniti: «La Casa Bianca accoglie con grande favore i risultati dello studio innovativo – ha dichiarato Dana Perino, portavoce di George W. Bush- il presidente incoraggia l`avanzamento della ricerca all`interno dell`etica quando si evitano tecniche che distruggono la vita». Gli esperimenti sono stati condotti rispettivamente da ShinyaYamanaka, dell`Università di Kyoto, e da James Thomson, dell`università del Wisconsin-Madison. Il risultato era stato in parte anticipato sabato scorso dal pioniere delle ricerche sulla donazione, Ian Wilmut, che commentando i nuovi risultati aveva dichiarato di voler abbandonare la via della donazione terapeutica. I due studi si basano su ricette simili ma non identiche.
In entrambi i casi sono partiti da cellule di pelle umana, o fibroblasti, e hanno modificato il loro patrimonio genetico introducendo nel Dna quattro geni che sono attivi esclusivamente durante lo sviluppo embrionale. Riaccendendo questi geni le cellule hanno cominciato a «dimenticare» il loro programma e a funzionare come cellule embrionali. Sono diventate cioè molto simili alle cellule staminali di un embrione, anche se non identiche, e potenzialmente pluripotenti, ossia capaci di dare origine a diversi tipi di cellule adulte. Gli stessi autori delle ricerche avvertono però che è presto per dire che non ci sarà più bisogno di studiare le cellule staminali embrionali. E`infatti necessario un continuo confronto fra queste e le staminali ottenute per riprogrammazione prima di poter stabilire che i due tipi di cellule possono essere equivalenti in un futuro uso terapeutico. «Le cellule create in laboratorio fanno esattamente ciò che le staminali embrionali sono capaci di fare», ha osservato Thomson. «Forse – ha aggiunto – sono clinicamente ancora più rilevanti di quelle embrionali, perchè non dovrebbero dare problemi di rigetto». Ottimista, Yamanaka, sul futuro della ricerca: «ora dovremmo essere capaci di generare cellule staminali umane e ottenere vari tipi di cellule, ad esempio cardiache, epatiche, neurali. Queste saranno estremamente utili per studiare le malattie, testare farmaci e, in futuro, aprire la via a terapie cellulari su misura». Il mondo scientifico italiano plaude ai risultati delle ricerche. «Sono risultati che nascono da una ricerca molto solida», commenta Elena Cattaneo, direttrice del Laboratorio cellule staminali dell`Università di Milano. «La ricerca sulle staminali embrionali resta indispensabile», afferma Giuseppe Novelli, docente di Genetica a Tor Vergata, «senza di loro non sarebbero stati raggiunti questi risultati».