Il vocabolario italiano ha una parola sola, politica, che molto spesso mette in seconda linea la policy e va direttamente alla Politics, dove ‘credo’ e filosofie diversi finiscono spesso per essere un dato ‘a priori’. Valori e interessi diversi si mescolano e la razionalità è piegata all’esercizio puro e semplice di un potere spesso solo ideologico.
Difficile uscire dal conflitto se non si riesce a disarticolare ogni problema nelle tre componenti elementari: interessi individuali, interessi collettivi e valori inevitabilmente diversi nell’ambito di una stessa comunità.
Per spiegare il problema consideriamo un caso complesso e di attualità: il rapporto tra etica e scienza esploso recentemente nel settore delle biotecnologie. Non è problema nuovo, né necessariamente legato all’ambito delle scienze della vita.
Basta ricordare Oppenheimer con la sua coraggiosa opposizione all’uso militare della ricerca, le controversie sulle centrali nucleari o sugli organismi geneticamente modificati. Ma oggi nell’applicazione delle biotecnologie allo studio e alla manipolazione delle cellule umane il problema assume particolare complessità.
Sul tavolo non c’è solo la necessità di valutare l’eticità dell’utilizzo delle conoscenze acquisite, ma quella dei processi seguiti per ottenerle. Il settore di ricerca più delicato è quello delle staminali. La ricerca su quelle adulte non pone problemi etici perché non fa uso di embrioni. Ma proprio quelle embrionali secondo molti scienziati sono più promettenti, e su di esse si concentrano le risorse per la ricerca.
Qui nasce il delicato problema etico. Perché oggi disporre di staminali embrionali richiede la distruzione di embrioni. Se un embrione sia una forma di vita completa o no è un problema più di religione che di scienza. Cristiani, ebrei, mussulmani, buddisti, induisti o atei hanno posizioni diverse. Nel dubbio esiste un crescente numero di scienziati che preferisce considerarle tali e cerca modi di lavorare eticamente accettabili. Le vie possibili sono molte, e prima di rigettare ogni forma di ricerca sulle staminali embrionali occorre considerarle con attenzione. Una prima riflessione va condotta sulla differenza tra natura e stato dell’embrione.
Una volta accettata la natura di vita umana dell’embrione, la valutazione dell’eticità del suo utilizzo deve tener conto di un aspetto ulteriore, il suo stato. Occorre ragionare per analogia: un corpo umano, tenuto in vita da una macchina, può ad un certo punto, in un quadro di condizioni condivise dalla comunità medica, essere staccato dalla macchina ed anche essere oggetto di espianto di organi.
Ormai non ci sono più obiezioni serie in materia. Così potrebbe essere per un embrione conservato in frigorifero se la scienza concordasse sul fatto che dopo un certo numero di mesi o di anni non vi è più in lui la capacità di evolvere in un essere vivente. Si tratta di una decisione che spetta alla scienza come è accaduto per quella sull’espianto degli organi.
La seconda riflessione riguarda la possibilità di lavorare sull’embrione in formazione senza danneggiarlo, come si lavora su un qualunque paziente in sala chirurgica. Per questioni legate al rigetto di tessuti costruiti partendo da cellule staminali si stanno mettendo a punto tecnologie (definite politicamente corrette) che permettono di riprodurre il Dna dei pazienti senza passare attraverso la blastocisti umana, l’insieme di cellule generato dalla divisione cellulare dell’uovo fecondato, o di prelevare il campione di Dna senza interrompere il processo di crescita dell’embrione.
E’ un insieme di tecniche ancora allo studio e sulle quali non tutti concordano, ma il fatto che a porre il problema in questi termini siano anche scienziati cattolici fa pensare che alla scienza e non ad altri dovrebbe essere affidato il compito di definire una Policy che possa evolvere in Politics non di puro confronto ideologico ma di ricerca di soluzioni razionali condivise.
Alla luce di questi argomenti un ‘no’ aprioristico ad ogni forma di ricerca risulta privo di motivazione etica: si può essere totalmente credenti o totalmente atei discutendo, persuadendo e non obbligando.