C’è chi ha già certezze incrollabili riguardo al ricovero ospedaliero, chi si appella ai tecnici per trovare una soluzione, chi attende una parola dalla politica, cioè dal nuovo consiglio regionale, e chi invitale Asl a bloccarla. Dopo aver spaccato il Parlamento prima di arrivare in Italia, ora che è disponibile la Ru486 divide le Regioni. In poche condividono la stessa posizione. E mentre i governatori sì muovono in ordine sparso, le farmacie ospedaliere iniziano ad ordinare il medicinale arrivato in Italia lunedì scorso. In certi casi le richieste arrivano un po` inaspettatamente: il distributore della pillola abortiva, la Nordic Pharma Italia, ieri pomeriggio era già stato contattato da ben cinque strutture della Lombardia, la Regione del presidente di Cl Formigoni e dell`assessore Colozzi, che come membro del cda dell`Agenzia italiana per il farmaco è stato l`unico a votare contro l`introduzione della Ru486 nel nostro paese.
Fate bene fratelli, San Carlo, Mangiagalli e Sacco di Milano, insieme all`ospedale di Varese, si sono subito fatti vivi con il distributore, qualcuno ha già chiuso l`ordine. La stessa richiesta è arrivata dal Sant`Anna di Torino, a dispetto delle affermazioni del neopresidente Cota. Il primo contratto in assoluto è stato chiuso dalle Asl della costa della Toscana, dove nel 2005 si avviò l`acquisto all`estero, caso per caso, della pillola. Richieste anche dall`Emilia e dalla Puglia. Dalle altre Regioni non si è ancora mosso nessuno. Del resto in molte amministrazioni locali non hanno pronte le linee guida sulla somministrazione. Per grandi linee, le posizioni sono tre. L`ultima in ordine di tempo è quella di chi non vuole usare il farmaco, cioè il Piemonte e il Veneto, dove i nuovi governatori leghisti hanno chiesto alle Asl dì bloccare tutto.
Si tratta di una strada impossibile da percorrere, come ha ricordato ieri, tra gli altri, il farmacologo Silvio Garattini. Un medicinale che entra nel prontuario farmaceutico equivale ad un Lea, livello essenziale di assistenza. Tutte le Regioni sono tenute ad assicurarlo ai cittadini, con le modalità che ritengono più giuste. Altrimenti violano la legge. Ieri i Radicali hanno assicurato sostegno legale perle donne a cui venisse «negata la libertà di scelta tra aborto chirurgico e farmacologico». La seconda posizione è quella di chi vuole somministrare la pillola in ricovero ordinario. Si tratta della modalità richiesta dal ministero alla Salute, che ha di recente scritto a tutte le Regioni per ricordare che è dello stesso parere il Consiglio superiore di sanità. La Lombardia percorrerà questa strada e avrebbe già previsto di aumentare i letti di ginecologia per ospitare chi prende la Ru486. Stessa scelta anche per una Regione di centrosinistra come la Toscana, per il Lazio e per la Campania.
Le ultime due però non hanno ancora fatto le linee guida per i medici. Di solito passano tre giorni dall`assunzione del farmaco e l` espulsione, provocata da un altro medicinale. In quell`intervallo di tempo la donna dovrebbe restare in corsia, sempre che non firmi per tornare a casa. Proprio la non obbligatorietà del ricovero rischia di annullare la scelta delle Regioni che lo promuovono e potrebbe spingerne qualcuna a studiare sistemi per annullare questa possibilità. Con prevedibili conseguenze giudiziarie. C`è poi chi ritiene ancora di fare il trattamento in day hospital. L`Emilia ha usato questo sistema quando comprava il farmaco all`estero. L`altro ieri c`è stata una riunione dei professionisti in Regione e si annunciano nuove linee guida ma non è detto che segnino un cambiamento di rotta. Anche la Puglia potrebbe seguire la stessa strada, come le Marche. Il presidente della Liguria Burlando non ha ancora pronte le linee guida: «Spetta ai medici decidere come utilizzare la pillola, non ad un presidente di Regione». Non tutti i suoi colleghi la pensano nello stesso modo.
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