Il destino del disegno di legge Calabrò sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento si decide in queste ore, mentre left giunge in edicola. Tornato alla Camera il 27 aprile dopo l’avvio della discussione generale avvenuta nelle sedute del 7 e del 9 marzo, il ddl sul testamento biologico – o meglio, “contro” il testamento biologico secondo la definizione delle numerose associazioni laiche che si battono per una revisione profonda del testo, dalla Consulta di Bioetica onlus, al Comitato laico nazionale all’Associazione Coscioni solo per citarne alcune – potrebbe essere votato nella giornata di oggi, venerdì 29, oppure venire rimpacchettato per slittare ulteriormente nel calendario dimaggio.
Ago della bilancia è l’Udc che mentre andiamo in stampa preme per una rapida conclusione dei lavori, schierandosi quindi con la maggioranza. Pensando all’anima cattolica del partito di Casini, questo non può certo definirsi un colpo di scena all’altezza dei tanti che hanno costellato un iter parlamentare lungo due anni – tanto è passato dalla veloce approvazione in Senato del 26 marzo 2009 – segnato da profonde polemiche politiche che hanno rischiato di spaccare coalizioni e partiti di ogni schieramento. Sullo sfondo del chiacchiericcio parlamentare, a sgolarsi inutilmente scienziati ed esperti (più volte interpellati dal nostro settimanale) per ricordare al legislatore che il il punto cardine dei ddl non ha alcuna aderenza con la realtà, poiché il sondino nasogastrico per alimentare e idratare un malato è un trattamento medico – contrariamente a quanto sostiene il provvedimento fortemente voluto dal governo Berlusconi – e dunque facendo parte della terapia può essere rifiutato dal paziente, come prevede l’articolo 32 della Costituzione.
Accanto alla comunità scientifica, in questi giorni, abbiamo visto scendere in piazza Montecitorio organizzazioni come quelle già citate e semplici cittadini per difendere i diritti lesi dal testo Calabrò, in primis quello all’autodeterminazione, e per rivendicare il rispetto delle libertà personali e della possibilità di scegliere sul proprio fine-vita, laddove la legge stabilisce invece, secondo i dettami delle gerarchie ecclesiastiche e in puro stile da Stato teocratico, che la vita è indisponibile. L’imposizione ex lege di questo "dogma" rimanda inevitabilmente a un tema più ampio che riguarda lo stato di salute della bioetica in Italia. Un’impietosa diagnosi – che però al tempo stesso è una boccata di ossigeno rispetto ai discorsi contorti e antiscientifici dei sostenitori del ddl Calabrò – è contenuta nella raccolta di saggi dal titolo Il laboratorio della bioetica. Le scelte morali tra scienza e società (Ediesse) curata da Fabrizio Rufo, docente di bioetica dell’Università Sapienza di Roma, da pochi giorni in libreria. Tematizzando i principali aspetti riguardanti l’attuale rapporto tra scienza e società, il volume raccoglie i contributi di alcuni tra i più autorevoli studiosi delle diverse discipline interessate alla riflessione bioetica (filosofi, giuristi, biologi, medici) tra cui Stefano Rodotà, Giuseppe Renato Cristina, Maurizio Mori, Carlo Alberto Redi e Carlo Augusto Viano. Le questioni affrontate vanno dalla fecondazione assistita, al cambiamento dei concetti di vita e di morte, ai test genetici, all’ingegneria genetica, alle cellule staminali.
Sempre più spesso le acquisizioni della ricerca biologica escono dall’ambito ristretto degli specialisti e investono la vita di tutti, ma “se l’etica cattolica è così presente e pervasiva nella nostra società è a causa della debolezza della politica” osserva Rufo. “Questo libro – aggiunge – è uno strumento per cercare di capire il passaggio epocale che stiamo vivendo, anche per il progresso della scienza e l’avanzare delle questioni e le scelte morali che devono essere affrontate da scienza e società”. Ancora più duro è Michele Prospero, docente di Scienza della politica e Filosofia del diritto, il quale nel presentare il libro sintetizza in maniera cristallina il contesto in cui si muove il ddl Calabrò: “L’etica religiosa è una fabbrica della coercizione, che si avvale dell’imposizione da parte della politica, che a volte dà origine ad atteggiamenti provocatorie discutibili”.
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