La via giudiziaria al matrimonio gay passa anche per le alte corti

Marco Palombi

certi dirittiRoma. La battaglia, come sempre in Italia, si combatte nelle aule di giustizia, il miglior surrogato a nostra disposizione della libera formazione della volontà popolare. Non si parla dei caso Mílls, ma della campagna di “affermazione civile” lanciata dall’associazione radicale “Certi diritti”

per il riconoscimento dei matrimoni gay, in sostanza la via giudiziaria alle nozze omosex che è insieme, simbolicamente, una mozione di sfiducia per la politica e una bomba a orologeria piazzata sotto le comode poltrone delle Camere.

Testimone – silente ma non assente, verrebbe da dire – il capo dello stato Giorgio Napolitano, che lunedì 18 maggio ha ricevuto al Quirinale una delegazione del movimento radicale. Niente di trascendentale, ma è curioso che “Certi diritti”, esclusa per volere di colleghi gay più “potabili” dall’incontro con Gianfranco Fini (peraltro limitato alla sola questione dell’omofobia), si sia ritrovata pochi giorni dopo davanti alla prima carica dello stato: nel corso del colloquio, si legge in una nota, s’è parlato tra l’altro di “estensione del matrimonio alle coppie dello stesso sesso” e “istituzione di forme di unioni civili aperte anche ad esse”. Il presidente della Repubblica, quindi, è uno dei pochi cittadini italiani a sapere che nei tribunali italiani si prepara – comunque la si pensi al riguardo – un nuovo “caso Englaro”: un lungo percorso legale, cioè, che alla fine lascia il legislatore in mutande.

 La via giudiziaria al matrimonio gay comincia quasi per caso circa tre anni fa. Una coppia omosessuale di Latina, sposatasi regolarmente in Olanda nel 200, chiede al comune di residenza la registrazione dell’atto anche in Italia. Il municipio dice di no, spalleggiato dal ministero dell’Interno che avanza, curiosamente, “problemi di ordine pubblico”: l’unica scappatoia, in sostanza, individuata dal Viminale per bloccare la trascrizione di un atto legale stipulato in un paese europeo. La coppia fa ricorso in tribunale: no in primo grado, no in appello e ora la faccenda è nelle oberate mani della Cassazione. Gli avvocati dei due, però, nella seconda bocciatura intravvedono comunque un’apertura giuridica. Nasce così la campagna di affermazione civile: ci si va a registrare o a chiedere le pubblicazioni per le nozze, sì riceve un no, si fa ricorso supportati dai legali di “Rete Lenford” e da “Certi diritti”. Dall’Alpi al Lilibeo, ad oggi, ne hanno piazzati una trentina e quello di Venezia, poche settimane fa, ha preso una piega particolare: i giudici hanno mandato il fascicolo alla Corte costituzionale invitandola a dire, in sostanza, se siano o meno discriminatori – e quindi contrari alla Carta -quegli articoli del codice civile che vietano il matrimonio alle coppie dello stesso sesso.

Le cose cambiano, scrivono i giudici di Venezia, “nuovi bisogni, legati all’evoluzione della cultura e della civiltà, chiedono tutela, imponendo un’attenta meditazione sulla persistente compatibilità dell’interpretazione tradizionale con i principi costituzionali”. Una legge del 1982 d’altronde, aggiungono, non consentì di sposarsi anche a chi cambiava sesso? A stare al dettato costituzionale, infatti, nulla osta al riconoscimento del matrimonio omosessuale: il combinato disposto tra l’articolo 2, che garantisce “i diritti fondamentali dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali”, e l’articolo 29 che, contrariamente a quanto si dice in giro, non parla affatto di matrimonio tra uomo e donna, ma di “coniugi”, sembrerebbe portare proprio a questa conclusione. Nessuno si fa particolari illusioni, comunque: la Consulta, nella mitologia radicale, non è che la cupola della mafia partitocratica. Solo che il palazzo dì via dei Quirinale non è l’ultima fermata del treno. Esaurita ogni possibilità in Italia, resta la Corte europea dei diritti dell’uomo, la cui giurisprudenza lascia più d’una speranza ai ricorrenti: l’anno scorso ha dato ragione a due lesbiche francesi che contestavano il divieto di adozione e alla fecondazione assistita per le coppie omosessuali.