Il testamento biologico, la debolezza della sinistra, il dialogo con i cattolici fuori dal Vaticano. In Italia una parte della società civile è più avanti della politica. Basta che sia in centro. É l’unica condizione che Stefano Rodotà ha posto per la scelta del ristorante. In queste settimane ha un’agenda molto piena. Quando fissiamo l’appuntamento mi dice subito che dopo il pranzo deve scappare, per un’altra delle tante presentazioni del suo libro Perché laico (Laterza), uscito poche settimane fa.
Ci siamo appena seduti, ma già Rodotà è un fiume in piena. Malgrado i suoi 75 anni, quando espone le ragioni che l’hanno portato a scrivere questo libro parla con la passione e con il fervore di un giovane. Disagio, dialogo, dignità sono le parole chiave su cui torna varie volte mentre spiega le sue idee sul rapporto tra stato e chiesa, tra democrazia e religione."Il libro l’ho scritto perché ho sentito un fortissimo disagio", dice all’inizio. Il referendum sulla fecondazione assistita nel 2005, le polemiche su Pacs e Dico durante il governo Prodi, poi il caso Welby: certo negli ultimi anni non sono mancati motivi per far sentire a disagio i laici in Italia. "Ma l’estate scorsa alcuni amici sembravano scettici mentre seri- vevo il libro. Quando uscirà sarà già datato, mi dicevano, l’argomento non interesserà più a nessuno".
Rodotà sorride amaramente. E successo il contrario. Perché laico è uscito in libreria proprio mentre esplodeva lo scontro sul destino di Eluana Englaro. Sono stati giorni in cui il disagio di Rodotà si è trasformato in rabbia, rabbia di fronte a un "salto di qualità molto forte". Appena un anno prima, racconta, si era trovato negli studi televisivi di Otto e mezzo a discutere con il cardinale Barragan del confine fra la vita e la morte, "ed era stata una discussione di assoluta civiltà, anzi avevo apprezzato le sottigliezze curiali del cardinale". Ma lo stesso cardinale dopo la morte di Eluana ha tuonato contro gli "assassini". Rodotà, come tanti laici, è rimasto esterrefatto. "Il linguaggio è sempre rivelatore.
Da un discorso tutto sommato rispettosissimo delle posizioni altrui, il cardinale è passato a quell’aggressività verbale. Mi ha fatto pensare: non c’è solo la rivelazione di qualcosa che era tenuto nascosto e poi emerge. C’è invece un cambiamento forte". È quel cambiamento che alimenta la rabbia di Rodotà. Una rabbia, però, sempre pacatissima, che non ha bisogno di insulti o di invettive. Non gli va giù che i molti cattolici e vari berlusconiani dipingano Beppino Englaro come un assassino o, nel migliore dei casi, come un fanatico. Né che si parli di un presunto "partito della morte" o che si dica "Eluana è morta di sentenza" (come ha affermato il ministro della giustizia Angelino Alfano).
Per Rodotà, Beppino Englaro è un cittadino modello, un cittadino che non ha voluto prendere scorciatoie, ma che si è fidato della legge. Che non ha puntato a una soluzione silenziosa, alla "via italiana e ipocrita" di portarsi la figlia a casa per farla morire con il sostegno di medici compiacenti. "Questo è un paese che non ha il senso della legalità", spiega Rodotà, e ricorda che Englaro, dopo la decisione della cassazione nell’ottobre 2007 – che consentì l’interruzione dell’alimentazione e dell’idratazione per la figlia – disse semplicemente: "Viviamo in uno stato di diritto". "Questo, in Italia non lo dice mai nessuno", esclama Rodotà, "un po’ perché nessuno ci crede. Un po’ perché nessuno ritiene che la cosa lo riguardi in prima persona. Proprio il fatto che Englaro abbia agito in modo esemplare, scegliendo la via della legalità, lo rende inviso, intollerabile".
Emergenze permanenti
Ma Rodotà non se la prende più di tanto con la gerarchia cattolica. "Non sono mai incline a dire che l’avversario è cattivo. L’avversario fa il suo mestiere. Quello che ci dobbiamo chiedere è se noi facciamo il nostro mestiere" Certo non accetta che sia la chiesa a voler stabilire con chi dialogare, a chi dare la patente di "laico sano" per distinguerlo da presunti "laicisti" impenitenti esclusi da ogni dialogo. Rodotà accenna un sorriso divertito. "Non lo so", risponde quando gli chiedo se pensa di essere un "laico sano", ma sottolinea che "una parte, la chiesa, vuole stabilire quali siano i suoi interlocutori. Mentre dall’altra parte nessuno fa un discorso sui ‘cattolici sani"‘. E non ci sta neanche a farsi dare del relativista. Perché Rodotà, professore di diritto costituzionale, una forte base etica ce l’ha, appunto, nella costituzione repubblicana: "I valori costituzionali’; sostiene, ‘hanno autorità perché discussi e votati da un’assemblea costituente eletta democraticamente. Tutte le altre ‘carte dei valori’, cattoliche o meno, sono legittime e, anzi, benvenute. Però nei momenti cruciali, quello a cui bisogna far riferimento è il valore costituzionale". Invece Rodotà è convinto che l’attuale governo si stia muovendo nella direzione opposta, che stia prendendo la strada della "restaurazione, cercando di ridurre la libertà, con un testo pessimo e largamente incostituzionale". E per di più con una cultura tecnico-giuridica caratterizzata da sciatteria e ignoranza. Rodotà cita perfino George W. Bush come esempio positivo: "Lui dopo il caso di Terry Schiavo non se la prese con i giudici, non invocò nuove leggi, ma disse semplicemente: Adesso facciamo tutti il testamento biologico"‘ Invece il governo Berlusconi reagisce calpestando la dignità delle persone, facendo della legge "un’arena contundente". Si legifera sull’onda dell’emozione e, peggio, si legifera in modo emergenziale: questo è diventato un modus operandi normale con il governo Berlusconi. La legge che si sta delineando non lascia più spazio alla volontà del singolo, trasformando quella volontà in un "orientamento" da far interpretare a un medico.
Qui sta, secondo Rodotà, l’amara ironia: "Proprio quelli che tuonavano ‘Eluana è morta di sentenza’ riempiranno i tribunali di cause sulle valutazioni dei medici". E alla fine tutto rimarrà come prima. "Un politico di cui mi vergogno perfino di fare il nome mi ha detto: ‘Tanto, le famiglie andranno da un medico pronto ad accettare le loro volontà’. Insomma, ci troveremo come sempre di fronte alle ipocrisie italiane". La cosa più sconfortante, secondo Rodotà, è però l’atteggiamento dello schieramento politico a lui più vicino, il centrosinistra. La domanda "se noi facciamo il nostro mestiere" in questo caso ha una risposta chiara: no. Per anni il centrosinistra, e il Partito democratico in particolare, ha rinunciato a fare il suo mestiere di forza laica. Alla tanto invocata (ma solo in Italia!) "deriva zapaterista" il professore contrappone una "deriva italiana", che si manifesta in un partito incapace di avere posizioni forti sui diritti, "quasi che la chiesa cattolica abbia il monopolio sulle questioni etiche".
Dal Pci a Binetti
Nemmeno il Partito comunista italiano voleva scontrarsi con il Vaticano. Per questo nel 1947 votò l’articolo 7 della costituzione che diede valore costituzionale ai Patti lateranensi tra stato e chiesa cattolica. E anche negli anni settanta, in un primo momento il Pci cercò di evitare il referendum sul divorzio. Ovviamente Rodotà, che dal 1979 al 1994 è stato deputato indipendente nelle liste del Pci, non vuole passare come "il vecchio che dice sempre: ‘Prima le cose andavano meglio"‘. Ma il confronto tra Paola Binetti, deputata teodem del Pd, e i tanti parlamentari cattolici candidati dal Pci negli anni settanta e ottanta a suo avviso non regge. Quei parlamentari furono espressione di "un mondo cattolico ricco e che andava al di là delle gerarchie ecclesiastiche". Molti democristiani, come il costituzionalista Leopoldo Elia o Guido Bodrato (che oggi è parlamentare europeo), sapevano dire di no al Vaticano e alla Conferenza episcopale. Invece oggi troviamo persone elette nelle liste del Pd "che non sono altro che portavoce dei Ruini, dei Bagnasco, dei Betori". Questo succede perché il partito ha subìto una fortissima involuzione, si è ridotto a un’oligarchia: "Che fanno le oligarchie? Parlano con le altre oligarchie: sul versante politico con Berlusconi, sul versante cattolico con la Cei".
E ignorano il resto del mondo cattolico, forse silenzioso ma sempre presente e attivo: proprio quel mondo cattolico che secondo Rodotà potrebbe essere protagonista di un dialogo degno di questo nome. Il mensile gesuita Aggiornamenti sociali, per esempio, ha mostrato grandi aperture al mondo laico sia sul caso Welby sia sulla questione delle unioni tra omosessuali. "Leggete almeno Aggiornamenti sociali, per favore", chiede Rodotà ai politici del Pd, "che spesso ignorano anche l’esistenza di questa rivista". Ma anche per il Pd il caso Englaro ha significato la rottura di una continuità, e forse da li è nata "la consapevolezza che sui temi etici una parte della società italiana è più avanti della politica. E questa società, come ai tempi del divorzio, non è rappresentata dai vertici del partito". Oggi Massimo D’Alema, Pierluigi Bersani e anche Dario Franceschini cominciano a prendere posizione, "ma ancora nella scorsa legislatura nel Pd non c’era nessuna attenzione per il testamento biologico", sepolto sul nascere a causa delle divisioni interne del partito. Rodotà non se la sente di essere ottimista. "Staremo a vedere", dice. Intanto dialoga, da laico convinto con il mondo dei credenti: molti inviti per presentare il suo libro sono venuti proprio dalle associazioni cattoliche.
Michael Braun è un giornalista tedesco che vive a Roma. È il corrispondente della Tageszeitung di Berlino e della radio pubblica.