Ischemia cerebrale. Vuol dire che il sangue non è affluito al cervello, che è rimasto senza ossigeno per troppo tempo. Danni permanenti per il paziente, quasi certi se si tratta di un bimbo che quest`accidente l`ha subito mentre stava nascendo. Problemi motori, di linguaggio, più o meno gravi. E poi certo, ci sono le fatalità, le disgrazie imprevedibili, e già qualcuno va sostenendo che insomma, come si fa a essere sicuri che sia stata tutta colpa dei medici. Come si fa a essere sicuri? Non si può. E però prima del parto gli esami erano a posto, e invece durante il parto il piccino, per l`appunto, ha sofferto due ischemie cerebrali e arresti cardiaci, e poi dopo il parto la mamma ha dovuto subire l`asportazione dell`utero. E in mezzo a tutto questo c`erano due stronzi in camice bianco che si prendevano a pugni perché uno voleva fare una cosa el`al tro un`altra. E se le davano proprio lì, in sala operatoria, in quel momento. E uno deve fare i conti con tutte le sue convinzioni sinceramente progressiste, e guai a dimenticarle, guai a farsi prendere da reazioni inconsulte, e figurati se è in discussione la fede nello stato di diritto, tu che sei un laico e illuminista e relativista e tutte queste cose che adesso c`è chi te le rinfaccia manco fossero i peggio insulti, e dunque alla larga da pene di morte e garrote e punizioni corporali. Mai. E però che spavento quando ti scopri a pensare che quei due li lasceresti volentieri in una stanza, legati, con padre e madre del bimbo armati di bastoni. Così, tanto per far loro capire che cosa significa essere offesi nel corpo e nell`anima senza potersi difendere, senz`avere voce in capitolo. Ma queste sono bestialità, di quelle che s`immaginano nell`immediatezza dello smarrimento, poi per fortuna non si fanno. Non si fanno? No.
SPERANZE E SENSI Di COLPA: Sarà perché ci sei passato anche tu. La tua nipotina come quel bimbo di Messina, e speriamo che a lui vada meglio. Parto mal condotto. Ischemie. Mancanza di adeguato afflusso di sangue al cervello. Sai che cosa significa, che cosa ha significato e significherà per chi ti è così vicino. I primi mesi a sperare, «c`è una macchia scura nel cervello ma bisogna aspettare, vediamo come evolve». E aspetti, non c`è null`altro da fare, e poi t`illudi, e preghi anche se non hai fede. E piangi. E guardi la piccola e la sua mamma e il suo papà, e se possibile l`ami ancora di più. E cerchi di confinare la rabbia in un angolo del cuore, e il furore non sfogato è come un verme maledetto che se ne va in giro e ti divora il ventre. E ascolti incredulo il racconto di chi ha raccolto le spiegazioni dell`ospedale – come si fa a essere sicuri che sia stata tutta colpa dei medici – ché loro, quelli dell`ospedale, sono prima di tutto preoccupati di quanto gli costerà, «e al limite possiamo trovare un accordo». E i sensi di colpa della mamma, e tu a ripeterle che no, non deve, non c`entra. Ma è inutile. Non c`è modo. Il tempo passa, la situazione si precisa. Settimane, mesi, anni. I colloqui con i medici si susseguono, le diagnosi impietose, la speranza di un miracolo che non arriva. «Non potrà camminare». «Non potrà parlare». «Non potrà vedere». «Non potrà pensare come noi siamo abituati a fare». E la accarezzi sempre di più. E la mamma, la sua mamma, che s`infuria soltanto a immaginare quelli che sussurrano «ma forse sarebbe stato meglio…». E tifa orrore quando, sia pur informa interrogativa, ti chiedi se non abbiano almeno un po` di ragione. No, "meglio" un accidente. Lei è la mia nipotina. Lei è la sua, la loro bambina. E ancor prima di tutto lei non è di nessuno, è una persona, non una bambola. Riceve e riceverà amore, e ne dona e donerà. Esprime ed esprimerà gioia e dolore e fame e sete e stanchezza e allegria, soltanto in modo diverso, nel suo modo. Così è. E guardi ancora la sua mamma e il suo papà, e ci sono situazioni in cui comprendi il significato di due parole, «persone eccezionali». Ma ci son momenti in cui quella rabbia, che sempre scorre sottopelle – più a me che ai suoi meravigliosi genitori, per la verità – ci sono momenti in cui quella rabbia riaffiora. Per dire, le difficoltà motorie sono gravi, la piccola nemmeno riesce a controllare i muscoli necessari ad alimentarsi, e l`operazione diventa necessaria: mangerà attraverso una sorta di "spinotto" da inserire all`altezza dello stomaco, e però i problemi gastrici che l`hanno sempre perseguitata non scompaiono. E la carrozzina su cui giocoforza passa le sue giornate le ha procura una dolorosa e innaturale deformazione della spina dorsale, ragion per cui dovrà essere operata di nuovo. E sono soltanto due di decine di esempi e innumerevoli ricoveri. E quando non sta bene, la piccola che ormai così piccola non è più, quando non sta bene è così difficile capire dov`è il dolore e da che cosa è provocato, visto che in sostanza si esprime solo attraverso quei suoi meravigliosi e grandi occhi. E poi però la chiami, lei riconosce la voce e ti regala un gran sorriso. Ed è una gioia.
VITA CRISTALLIZZATA: Poi ci sono gli ostacoli burocratici, l`asilo che non l`accetta «perché è troppo grave», ma la sua mamma lo sa che lei sente la presenza delle altre persone, e le voci le danno gioia, ma alla preside non interessa, e insomma bisogna andare dall`assessore e far presente e far chiamare e poi si vedrà. Per non parlare della consapevolezza, quotidianamente rafforzata, di come le nostre città siano scandalosamente impreparate a garantire la libertà di movimento a chi non è autosufficiente. E d`altro canto la vita di famiglia che pare cristallizzata, l`impossibilità di fare qualunque programma, i rapporti che incespicano di fronte a necessità indifferibili, «e però dobbiamo pensare anche a noi», «ma come si fa? prima c`è lei». Ma questa è già un`altra faccenda. La mia nipotina, adesso, ha undici anni. Non la vedo spessissimo, ma abbastanza regolarmente. A volte la sua mamma mi telefona e mela passa. Io la saluto. Lei non risponde, cioè, non risponde con la voce, ma avverto che mi sta ascoltando. So che è lì, e che mi sorride. E su quei due medici? Nulla da dire.
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