Io, uomo di chiesa, difendo la tv che parla di eutanasia.Lettera di Don Alberto Lesmo, parroco di Milano, a Corrado Augias

Gentile Augias, la settimana scorsa lei ha pubblicato la lettera del parroco di Antrosano don Aldo Antonelli.  Aveva scritto al cardinale Bagnasco manifestando dubbi sulla linea della Chiesa, senza avere risposta. Io avevo mandato al quotidiano cattolico l’Avvenire una breve lettera mai pubblicata. Scrivo dunque a lei.

Protestavo perché quel quotidiano ha pubblicato per giorni lettere piene di insulti, astio, rimostranze, cattiverie nei confronti di Fazio e Saviano e del loro bellissimo programma "Vieni via con me". Sinceramente non riuscivo  a capire l’accanimento con il quale gli si chiedeva una controreplica alla vedova di Welby e al signor Englaro. La mia idea è che il giornale dei vescovi potrebbe dedicarsi a domandare agli autori di altre trasmissioni come mai  non rispettino le persone, perché mercifichino il corpo delle donne, perché vadano in onda programmi profondamente,   oscenamente, diseducativi. Il mio sospetto è che sia più facile attaccare chi ha idee piuttosto che chi     non ne ha. Ricordo ancora con orrore le parole del signor Berlusconi per il quale Eluana, dopo 17 annidi coma,   era una donna che poteva anche partorire. Come se non sapessimo – forse se ne sono accorti anche all`Avvenire   – quali idee il presidente del Consiglio abbia sulle donne. Ero, sono, molto sconcertato.     

Don Alberto Lesmo – parroco Milano   
 
Le lettere di sacerdoti perplessi che continuo a ricevere  sembrerebbero agitare problemi di coscienza, ovvero temi religiosi confinati all’interno di una chiesa, di una fede. Se così fosse ci sarebbero poche ragioni per pubblicarle, certamente sarebbe inopportuno  ogni commento da chi, come me, a quella  chiesa non appartiene. Questo limite vale in altri Paesi, ma non in Italia dove le pressioni per far debordare  la fede nella vita civile, nei codici, nel Parlamento, nelle urne elettorali sono continue, forti, spesso vincenti.  La deputata Binetti (Opus Dei), terrorizzata dal fatto  che il gesto di Monicelli possa assumere valore esemplare, ha descritto il grande regista come un uomo disperato, abbandonato da tutti e ha definito il suo "un gesto tremendo di solitudine non di libertà". Giudizi basati sul nulla, ispirati dal fanatismo, ma anche il   tentativo di trasportare alla Camera la sua visione integralista della vita e della sua fine in modo da ipotecare  ogni eventuale discussione. Mi scrive Vittorio Melandri: «Persone invasate credono di sapere di che cosa vivano e muoiano gli altri, giudicano, e ritengono giusto imporre a tutti le conseguenze del loro giudizio, spesso ci riescono. Non contente, gridano allo scandalo se qualcuno fa in modo di sottrarvisi». Faccio mio il sospetto di don Alberto: sembra che la tattica sia attaccare chi ha idee, passando invece sotto silenzio le molte oscenità quotidiane (soprattutto quelle della politica). Corrado Augias