Incubo italiano

f.t.

 Sebbene i cittadini italiani non siano affatto ostili alla scienza (lo dimostrano i successi di pubblico dei festival scientifici che animano la Penisola, da Genova a Bergamo, da Roma a Torino, e anche i dati dell’ultimo Report di Eurobarometer), da 20 anni in Italia il mondo della ricerca soffre di una forma molto grave di ingerenza politica. La situazione è oramai talmente critica. che due illustri scienziati come Elena Cattaneo e Gilberto Corbellini mettendo per un attimo tra parentesi la loro attività quotidiana – Cattaneo dirige il Centro ricerche sulle cellule staminali all’Università di Milano, e Corbellini, studioso di bioetica ed epistemologia, è storico della Medicina alla Sapienza di Roma – hanno preso carta e penna per lanciare l’allarme sulla rivista Embo Reports. “Riteniamo”, scrivono nel saggio dal titolo La scienza condizionata dalla politica. Un incubo italiano, che questo stato delle cose “meriti attenzione internazionale, se non altro per servire da avvertimento per altri Paesi”.

I virus di contaminazione della ricerca, avvertono, sono i più disparati e si muovono lucidamente in tutti gli ambiti che possono condizionarla. “Politici, intellettuali influenti e lobbisti che per motivi diversi si oppongono alla ricerca e all’innovazione hanno adottato una strategia che tende a manipolare e censurare i fatti. Invece di confrontarsi direttamente con le prove scientifiche, preferiscono mantenere un alto livello di controllo politico sulla ricerca. Ne deriva che la validità della prova scientifica è diventata opzionale e il suo utilizzo arbitrario nei dibattiti pubblici e politici”. Questa "epidemia della politica", così la definiscono Cattaneo e Corbellini, “è diventata la regola con Silvio Berlusconi nel 1994, sebbene non sia appropriato dire che l’attuale presidente del Consiglio è il principale colpevole”.
Sono diversi gli esempi che “illustrano la debolezza della comunità scientifica italiana e come i politici siano riluttanti a capire e a rispettare il peso delle ricerche e delle prove scientifiche”. Tra questi c’è lo scempio determinato dalla legge 40/2004, e c’è il caso Di Bella del 1997 “che espose la comunità medica italiana al disprezzo internazionale, sottolineando la mancanza di informazioni accurate e concrete nel dibattito pubblico”.

Numerosi poi sono gli esempi che evidenziano come l’influenza e l’ingerenza della politica stiano mettendo in pericolo la competitività della ricerca italiana nello scenario internazionale. Si va dal tentativo del 2003 dell’allora ministro Letizia Moratti di eliminare l’insegnamento dell’evoluzionismo dalla scuola elementare per fare spazio a quello antiscientifico di matrice cristiana del creazionismo, al fatto che in Italia “le cariche degli istituti pubblici di ricerca e i direttori sanitari degli ospedali dove si fa ricerca sono decisi dal governo (con pochissime eccezioni), e dove i soldi sono spesso erogati secondo il sistema top-down (sistema selettivo che implica, una certa dipendenza dal vertice, ndr) per decreto governativo a specifici istituti, senza un bando pubblico, né con il peer review (procedura che si basa sul giudizio di scienziati di pari livello, ndr). E c’è poi l’azione giudiziaria di Elena Cattaneo che insieme con le colleghe Elisabetta Cerbai (farmacologa) e Silvia Garagna (biologa) ha presentato ricorso al Tar e poi al Consiglio di Stato contro la decisione dell’allora ministro della Salute Sacconi, nel 2009, di escludere dal bando di finanziamento per gli studi sulle cellule staminali tutti i progetti che si occupano di embrionali (vedi left N. 44/2009).

Per deviare da questa umiliante china gli scienziati devono fare la loro parte, ammoniscono in conclusione Cattaneo e Corbellini, pretendendo, ripristinando e mantenendo solidi principi di trasparenza e competitività in merito alla destinazione dei fondi pubblici. “Questo significa che alcuni ricercatori (quelli che godono dei benefici effimeri guadagnati con la deferenza verso i politici e sfruttando il conflitto d’interessi) dovrebbero essere additati come esempi negativi alla comunità scientifica, in quanto il loro comportamento danneggia non solo la scienza ma anche la pratica scientifica quale modello di etica pubblica. Noi ci auguriamo che esperti internazionali nelle scienze sociologiche e scientifiche si rendano conto che in Italia la censura della scienza, la manipolazione della verità e la mancanza di peer review per una giusta valutazione meritano la loro attenzione e intervengano nell’interesse della scienza italiana. Potrebbero chiarire un interessante paradosso: tali comportamenti sono spesso giustificati nel nome di supposti principi democratici”. E democratici non sono, come dimostrano, ad esempio, le sonore bocciature della legge 40 operate dalla Corte costituzionale.

 

Il commento di Amedeo Santosuosso*
Il 25 luglio 1978 nasce a Cambridge, in Inghilterra, Louise Brown: il primo essere umano nato dalla fecondazione di ovociti umani in vitro. La fecondazione fuori dal corpo della donna apre inedite possibilità sia sul piano della riproduzione umana (tanto da portare al riconoscimento del premio Nobel 2010 per la Medicina a Robert Edwards, che per primo l’ha praticata con successo) sia sul piano della ricerca scientifica. Il 10 febbraio 2004 il Parlamento italiano approva la legge 40, che è intitolata "Norme in materia di procreazione medicalmente assistita". La legge per una parte (la prima) realmente regola la procreazione medicalmente assistita (Pma) ma nella seconda parte contiene una compiuta, oltremodo restrittiva, disciplina dell’attività di ricerca scientifica in campo biologico. Insomma, la legge 40 è, a pieno titolo, una legge che regola la ricerca scientifica in uno dei settori più delicati e promettenti, quello della biologia.

Negli anni successivi al 2004, complice anche un referendum (boicottato espressamente dai sostenitori della legge che hanno invitato gli elettori a non votare, piuttosto che votare contro) che pure aveva visto una maggioranza di contrari alla legge, vi è stata una prima fase in cui i giudici ordinari e la Corte costituzionale hanno come sospeso l’ordinario lavorio interpretativo alla luce dei principi costituzionali italiani e delle Carte sovranazionali. Solo di recente, l’opera d’interpretazione dei giudici ordinari e della Corte costituzionale ha cominciato a ristabilire alcuni diritti fondamentali, che la legge aveva travolto. Altri interventi sono attesi in materia di fecondazione con gamete di donatore, e potranno consentire all’Italia di rientrare in un quadro normativo nelle grandi linee comune agli altri Paesi a noi omogenei. Rimane però del tutto inesplorato il campo dei gravi limiti posti all’attività di ricerca scientifica. Di ciò sarà necessario occuparsi con la massima attenzione.

*presidente European center for law, science and new technologies, Università di Pavia. Intervento al convegno ‘Fecondazione assistita e ricerca. Quel che resta della legge 40’, organizzato il 17 dicembre 2010 a Roma dall’associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica.

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