I MIRACOLI DELLA PROVETTA. MA DEI RISCHI CHI PARLA? (Avvenire)

<b>10 Novembre 2003</b> – È recente l'allarme lanciato dal genetista inglese Robert Winston, uno dei membri dell'equipe che nel 1978 «fabbricò» Louise Brown, la prima bambina inglese in provetta. L'11 settembre scorso, dunque, a un convegno scientifico a Manchester, il professor Winston ha dichiarato che certe tecniche della fecondazione artificiale «dovrebbero essere più approfonditamente studiate», in quanto «potrebbero causare problemi di salute a lungo termine nei bambini concepiti con Ivf» (la fecondazione in vitro). Winston ha aggiunto che molte preoccupazioni «sono state finora messe da parte a causa della natura commerciale della Ivf» (cioè del fatto che in alcuni Paesi queste tecniche vengono svolte privatamente e lautamente pagate dalle coppie sterili). E ancora: «Ci sono molti dati che suggeriscono che alcune procedure, in certe circostanze, potrebbero essere abbastanza dannose». Addirittura lord Winston si lascia andare a parlare di una sorta di «esperimento di massa» attorno ai figli della provetta: ma è un'espressione talmente drammatica da far pensare che il professore si sia lasciato prendere dalla vis polemica.
Non volendo fare dell'allarmismo, ma avere invece dei dati concreti, siamo andati in uno dei centri europei più aggiornati quanto a conoscenze sulle conseguenze della procreazione assistita. L'Inserm di Parigi, Istituto nazionale della salute e della ricerca medica, emanazione del ministero della Sanità francese, è un'autorità indiscussa, in un Paese in cui Ivf e altri trattamenti sono a carico del servizio sanitario, quindi numeri e risultati sono trasparenti. Il dottor Jacques de Mouzon, esperto in prematurità neonatale, è uno di quei medici che valutano ciò che accade alla fine di tanti sforzi e manipolazioni. Ha in mano tutti i dati degli ospedali francesi.
<b>Dottore, quali sono attualmente i rischi conosciuti legati a Ivf, Icsi e alle altre pratiche della fecondazione assistita? </b>
«Fondamentalmente, con la Ivf ci sono due rischi ben conosciuti, la prematurità e il peso insufficiente alla nascita. Non sono rischi legati alla Ivf in sé, ma alle gravidanze multiple. Infatti, per avere maggiori chanche di un risultato positivo, si preferisce impiantare due o tre embrioni – agli inizi se ne impiantavano addirittura cinque o sei -. I gemelli, però, e ancora di più i trigemini, vanno incontro facilmente a complicazioni che possono essere anche gravi. Il consiglio dei neonatologi, oggi, è di non impiantare mai più di due, e possibilmente un solo embrione. Tuttavia, nei Paesi come l'Italia in cui la maggior parte di queste operazioni avvengono a pagamento, e ogni tentativo è costoso e stressante, le stesse coppie preferiscono avere almeno due possibilità e magari tre, piuttosto che una sola. Questo espone, però, se non si procede a un aborto selettivo, a delle gravidanze plurime».
<b>Sono informati questi genitori dei rischi cui vanno incontro con l'impianto di più embrioni? </b>
«In Francia sì. In Italia non so».
<b>In conseguenza della fecondazione artificiale, c'è stato in Europa un aumento dei parti gemellari e plurimi? </b>
«Sì, e notevole. Dal primo inizio di questi trattamenti – mi riferisco alle stimolazioni ovariche negli anni Settanta – l'incidenza dei gemelli in Francia per esempio è aumentata del 30 per cento rispetto ai dati anteriori».
<b>Quanti bambini, dei circa 4.500 che vengono al mondo ogni anno in Francia da fecondazione assistita, nati da Ivf, Icsi o altro, nascono prematuri? </b>
«Complessivamente, il 25 per cento, anche se c'è una forte differenza di percentuale tra parti singoli e parti plurimi».
<b>Cosa comporta la prematurità? </b>
«La prematurità si divide in due grandi categorie: quella grave, se il bambino nasce prima della trentaduesima settimana di gravidanza, e quella lieve, dopo tale termine. Nella prematurità grave la possibilità di handicap è elevata. A 25 settimane di gestazione è di oltre il 30%, a 32 settimane è dell'8%»
<b>Quanti, dei neonati provenienti da pratiche di fecondazione artificiale, rientra nella prematurità grave, anteriore alle 32 settimane? </b>
«Il 6%, mentre il rischio di prematurità grave nelle gravidanze fisiologiche è solo dell'1 per cento».
<b>Quindi queste gravidanze statisticamente vanno incontro a un rischio sei volte maggiore di prematurità grave, che a sua volta espone a rischi di gravi handicap motori o cerebrali? </b>
«Sì. Attenzione però: non necessariamente il prematuro grave sviluppa poi l'handicap, tuttavia è esposto a questo rischio» (nella misura proporzionale all'età gestazionale raggiunta, come spiegato poc'anzi, ndr).
<b>Altri dubbi, oltre alla prematurità e al basso peso, connessi alle gravidanze multiple? </b>
«Ci sono dei dubbi non risolti, che riguardano le caratteristiche genetiche della coppia genitoriale, soprattutto per quanto riguarda l'Icsi. Con l'Icsi in sostanza si prende dal padre uno spermatozoo, a volte anche immaturo, e lo si inietta nell'ovocita, sopprimendo di fatto la selezione naturale che dovrebbe scegliere lo spermatozoo più vitale. Pare ci sia una percentuale leggermente superiore di malformazioni rispetto al dato fisiologico. Ma la domanda è: non costringiamo, con questa tecnica, a essere padri uomini che hanno difetti genetici tali per cui la natura stessa provvede a renderli sterili? Sono solo interrogativi. In Olanda uno studio ha avanzato l'ipotesi di una maggiore frequenza del retinoblastoma, un tumore dell'occhio, fra i bambini nati da Ivf. Ma un solo studio non basta a dare la certezza».
<b>Questo dubbio di passare sopra, scavalcare la selezione naturale, non è fondato? Lo stesso professor Winston scrive in un suo saggio che un embrione su quattro non è adatto alla riproduzione. Come vengono scelti gli embrioni da impiantare? </b>
«I ginecologi ne osservano la taglia, guardano che non abbiano frammentazioni. La forzatura, se c'è, non è con l'Ivf, ma piuttosto con l'Icsi. Qui, sì, c'è la scelta cieca di uno spermatozoo, costretto senza alcuna selezione a una fecondazione forzata dell'ovocita»
<b>I numeri che lei ha dato non sono drammatici, però dicono anche che molti dei figli voluti disperatamente, ad ogni costo, sono poi nati malati. Con degli handicap, per molti magari lievi, per alcuni severi. Non se ne sente mai parlare. Tanto rumore per le poche felici mamme nonne, ma mai sentito una madre che racconti la sua dolorosa odissea, mai qualcuno che avverta dei rischi delle provette. Non c'è un silenzio strano? </b>
«Credo che ciò di cui lei parla sia un fenomeno italiano, di un Paese in cui non c'è una legge ma un mercato sregolato e forti difficoltà a raccogliere dati statistici, cosa che mi risulta stanno tentando ora alcuni colleghi».
<b>E l'allarme di Winston? Cosa ne pensa? </b>
«Se Winston si riferisce alla stimolazione ovarica e ai rischi di prematurità, sono cose note. Circa il congelamento embrionale, non mi risultano problemi. Non so cos'altro abbia in mente il professore. Il 94 per cento dei bambini nati da fecondazione artificiale sono nati sani, e al mondo sono ormai più di un milione e duecentomila. Da un punto di vista medico, è un successo. Il che non vuole dire affatto che non ci si debba porre delle domande, anzi, ci sono molte cose su cui occorre confrontarsi. Tanto più su un tema come questo bisogna farsi sempre domande, e non smettere mai».

<i>di Marina Corradi</i>