Fine vita, legge non necessaria

Giorno/Resto/Nazione
Franco Pannuti

La legge sul testamento biologico è una legge non necessaria. Ciò che la legge italiana prevede, unitamente al codice etico dei medici, ai criteri seguiti da Ippocrate in poi e al Vangelo, è più che sufficiente a garantire un fine vita dignitoso. Sull’eutanasia e sui Dat (Dichiarazioni anticipate di trattamento) anche noi come Ant abbiamo avuto modo di esprimerci, anche in ragione dei risultati ottenuti: ogni giorno assistiamo gratuitamente a domicilio più di 3.300 sofferenti oncologici in fase terminale, oltre 80mila dall’inizio della nostra attività. La nostra posizione è chiara: siamo contrari a tutto, no all’eutanasia, no all’accanimento terapeutico, no all’abbandono e no ai Dat. Pensiamo alle lunghe liste d’attesa e ai cosiddetti Drg (Diagnosis related groups). A proposito di questi ultimi, è bene chiarire di cosa si tratta: ogni paziente ricoverato ha un destino burocraticogià segnato. Un malato colpito da un certo tipo di tumore, per rientrare nei canoni economico-burocratici decisi a livello regionale, deve essere assistito entro un periodo di tempo predeterminato, poi si dovrà programmare la sua dimissione.

Si tratta di valori temporali medi che si riferiscono al gruppo di appartenenza. In sostanza gli amministratori o, se preferite i politici, già da tempo cercano di applicare con il massimo rigore possibile questi criteri economico-assistenziali, chiedendo ai medici ospedalieri il controllo e il rispetto di tali parametri. E’ dunque evidente che, all’insaputa dei sofferenti, si sta passando da una medicina tradizionale che si ispira alla scienza e coscienza del medico a una medicina economico-burocratica. Per fortuna abbiamo una magistratura in questo caso amica dei pazienti: la Cassazione c ha sancito ciò che era ovvio dai tempi di Ippocrate, ovvero che l’osservanza di questa regolamentazione non salva il medico dalle responsabilità penali che possono derivare dalla sua decisione burocraticamente giustificata. Insomma è il medico a essere responsabile dei pazienti e non gli amministratori. E sono d’accordo con i sindacati quando affermano che “andrebbero sanzionate le strutture ospedaliere e non i medici”.