Nella serata avanzata di ieri si avvia l`iter del fine vita in commissione Affari sociali della Camera con l`intervento del relatore, Domenico Di Virgilio. Infatti la commissione è stata impegnata per quasi tutta la seduta sulle cure palliative e la terapia del dolore, approvate alle 20.30, perché il Pd non ha voluto passare prima al fine vita. Non è mancata la polemica. Il presidente della commissione, Giuseppe Palumbo ha accusato l`opposizione di fare ostruzionismo sulle cure palliative, per ritardare il fine vita, ribadendo comunque l`impegno e a chiudere in serata il primo provvedimento.
La maggioranza, si è giustificata la capogruppo del Pd, Livia Turco, sta «obbligando il Parlamento ad approvare una legge senza fondi, e noi questo non lo vogliamo». «La Turco sbaglia- ha ribattuto il sottosegretario Eugenia Roccella – perché i fondi ci sono, visto che abbiamo stanziato 100 milioni per le reti di cure palliative dal Fondo sanitario». Non sono pochi, ha aggiunto sottolineando che «la legge è finanziata attraverso un meccanismo amministrativo e non legislativo». Di Virgilio nella sua relazione sul fine vita, esaminando sinteticamente gli altri 11 progetti presentati, ha fatto «specifico riferimento» al testo approvato dal Senato, al cui fondamento c`è l`«alleanza terapeutica», traduzione di una concezione della libertà «aperta all`empiria», che «interpreta un`idea della laicità comune a credenti e non credenti».
Infatti il diritto di autodeterminazione sancito dalla Costituzione per «non divenire costrizione tirannica», contro gli interessi della persona stessa, deve sempre lasciare uno spiraglio alla revisione di quanto deciso in precedenza, perché non si può non considerare che le Dat in condizione di incapacità di intendere e di volere, privano il malato della possibilità di contestualizzare e attualizzare la sua scelta ai cambiamenti scientifici. Perciò l`ex sottosegretario alla Salute, ha definito equilibrato e saggio il parere del Comitato Nazionale per la Bioetica, nel quale, con un compromesso tra laici e cattolici, le dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat) non sono vincolanti per il medico. Questo non significa che il medico debba riacquistare il passato «paternalismo assoluto» anche perché c`è la norma sul consenso informato. «E quindi necessario elaborare una legge che contempli il rispetto dell`esercizio della libertà del soggetto, come garantita dalla nostra Costituzione – ha aggiunto il relatore – con la tutela della dignità di ogni uomo nonché del valore dell`inviolabilità della vita». Ha citato il parere del Cnb del 2005 che, riprendendo la Convenzione di Oviedo e le norme di deontologia medica, afferma che con le Dat non si intende in alcun modo riconoscere al paziente il diritto all`eutanasia. Di conseguenza alimentazione e idratazione artificiale, in quanto forme di sostegno vitale, sono «atti eticamente e deontologicamente dovuti», e non possono essere oggetto di Dat. La cui funzione giuridica è quella di garantire al malato esclusivamente l`esercizio della libertà di decidere «circa quei trattamenti sanitari che, se fosse capace, avrebbe il diritto morale e giuridico di scegliere».
Di Virgilio mettendo a fuoco i vari tipi di «malato terminale», ha ricordato che «inguaribile è anche un malato di neoplasia avanzata che può vivere, però, alcuni mesi, o un paziente in coma prolungato. A scanso di equivoci il medico, in queste situazioni, deve dire sempre No all`eutanasia, No all`abbandono terapeutico, No all`accanimento terapeutico», specificando che quest`ultimo «si riferisce esclusivamente ad una terapia medica o chirurgica sproporzionata». In mattinata il capogruppo del Pdl, Fabrizio Cicchitto, ha assicurato che la maggioranza difende il testo uscito dal Senato, ma è aperta «al confronto parlamentare».